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mercoledì 14 gennaio 2015

"Viaggi di uno psicologa in crisi" di Graziela Bergamini


"Quindi, dagli undici anni, replicai lo stesso standard di fuga dai ragazzi e, dopo, dagli uomini. Quelli che non mi attraevano erano amici. Quelli che invece mi attraevano erano pericolosi. In loro presenza, non ero me stessa. 
Una bambina con la testa in formazione trae molte conclusioni sbagliate sulla vita e le sovraccarica fino allo sfinimento. Alcune delle migliaia di conclusioni senza senso furono: 
Conclusione numero 1: Non potevo essere naturale, femminile, perché significare essere debole, umiliarmi. 
Conclusione numero 2: Gli uomini sono pericolosi, superiori, distanti, potenti.
Conclusione numero 3: Io sono una donna, sono piccola, sono differente da tutta la famiglia, quindi non appartengo a nessun gruppo – c´è qualcosa di sbagliato in me.
Tutte queste conclusioni assurde per un adulto ma logiche per una bambina si fortificarono con il passare del tempo, prendendo forma e riconfermando la propria falsa validità.
La mia percezione, per quanto la realtà fosse differente, si adeguava per incastrarsi in questa visione prestabilita. Furono anni di conflitti interni perché, alla fine dei conti,una parte di me voleva una relazione, voleva essere femminile, lasciarsi andare, senza sentirsi umiliata. E oltretutto, io mi innamoravo con una certa facilità; avevo sempre qualcuno di speciale che occupava il mio cuore."

da Viaggi di uno psicologa in crisi, di Graziela Bergamini

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