Logo blog

Logo blog
Visualizzazione post con etichetta iconografia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta iconografia. Mostra tutti i post

martedì 16 giugno 2015

Quadro: Franz Eybl - Giovane donna che legge, di Lisa Molaro



Quadro: Franz Eybl - Giovane donna che legge

Stasera abbandoniamo le tinte forti dei rossi e degli ambrati e ci lasciamo rapire dai riflessi e dai colori delicati di questo quadro!
Mi piace molto la luce che si intrappola sui suoi capelli appena lavati, che profumano di marsiglia, la mano appoggiata al petto come trattenendo l'emozione provocata dalla poesia in cui si è immersa...sua madre la chiama ma lei non può sentirla, prima si raffredderà la cena e poi quasi si spegnerà il lume della candela appoggiata al collo della bottiglia verde sul tavolo vicino..forse, se avrà terminato il libro, andrà a dormire ad un'ora decente e i capelli si saranno asciugati!

lunedì 25 maggio 2015

"LA DOMATRICE " di Agatha Christie in Giordania

Iconografia e Letteratura Comparata, i nostri campi di studio.
Io e Anna siamo state colleghe, durante il triennio del Dottorato di Ricerca.
Ma non solo colleghe e complici di ore trascorse in biblioteca: se pur divise da fiumi di popoli, idiomi, mari, vallate e montagne, e non più studentesse, siamo amiche.
Amavamo incontrarci nelle serate d’estate non troppo afose, sederci al tavolino di un bar del centro storico, da cui si domina la vista del mare e se ne respira la brezza: un aroma di sale, alghe, legno e infinito, talvolta delicato come un soffio, talvolta pungente e deciso, come un bacio schioccato di sorpresa.
Abbiamo molto in comune: l’amore palpitante per i medesimi libri; la passione per lo stile vintage e per il fascino sublime delle donne di epoche immortalate da film in bianco e nero; l’uso di rossetti dai colori sgargianti che, talvolta, ci tingevano il candore dei denti, disvelando una traccia scarlatta, una volta dischiusa la bocca in un sorriso. 

Emma Fenu

venerdì 13 marzo 2015

La figura della donna nell’Antico Testamento, di Emma Fenu.


Nella tradizione veterotestamentaria sulla donna grava, triste eredità di Eva, la concezione di mezzo privilegiato di affermazione del male, di instrumentum diaboli, per colpa del quale l’umanità intera è precipitata negli abissi del peccato ed attende di essere riscattata dall’arrivo del Messia, in un tempo ancora non compiuto, anelato dal popolo di Israele e presagito dai profeti.


William Dyce, Giacobbe incontra Rachele al pozzo

L’Antico Testamento è ricco di figure femminili che incarnano la capacità di circuire l’uomo e fanno trapelare la paura della perdita della giusta via, indicata da Dio al popolo prediletto: dalla moglie di Putifarre, alle concubine del re Salomone a Dalila. Le sentenze dei Proverbi dipingono, nella vivacissima scena descritta nel settimo capitolo, un modello classico di seduzione femminile del quale urge mai fidarsi:

Ecco farglisi incontro una donna
in abito da prostituta e astuta di cuore,
turbolenta e proterva,
che non teneva piede in casa:
ora in strada, ora per le piazze. […]
Lei lo sedusse con le sue molte lusinghe,
lo trascinò con la dolcezza delle sue labbra.
Egli le andò dietro subito,
come un bue va al macello,
come uno stolto è condotto ai ceppi che lo castigheranno,
come un uccello si affretta al laccio,
senza sapere che è teso contro la sua vita,
finché una freccia gli trapassi il fegato.
Or dunque, figlioli, ascoltatemi,
state attenti alle parole della mia bocca.
Il tuo cuore non si lasci trascinare nelle vie di una tale donna;
non ti sviare per i suoi sentieri;
perché molti ne ha fatti cadere feriti a morte,
e grande è il numero di quelli che ha uccisi.
La sua casa è la via del soggiorno dei morti,
la strada che scende in grembo alla morte”.
Proverbi 7, 10-27


L’anonimo redattore del Libro di Qoèlet paragona la donna al laccio del cacciatore, ossia ad una trappola che può imprigionare l’uomo per tutta la vita; nel Libro del Siracide la questione si amplia ancora di più e l’autore ammonisce i maschi affinché non rivolgano neppure un fugace sguardo alle donne, perché esse, capaci di accendere il fuoco ardente della concupiscenza, causano la caduta del giusto.


Gustav Klimt, Giuditta I

Descrivendo Dio come un’entità maschile, e invocandolo con gli appellativi, prettamente virili, di Re, Maestro, Capo degli eserciti, Giudice, Padre e Sposo d’Israele, la società giudaica aveva elaborato un mito sociale fondato sulla supremazia del maschio. La donna era esclusa dai precetti positivi della Legge (quelli che esordiscono con la formula “tu devi”) che fondavano lo statuto religioso dell’israelita, ma, in compenso, era destinataria di numerosi precetti negativi. I suoi obblighi erano soprattutto vincolati alla condizione d’impurità, che la rendeva appartenente un gruppo separato non solo nel Tempio, ma anche nelle abitazioni private. Tale impurità era legata principalmente al tabù del sangue, in quanto riguardava i periodi del ciclo mestruale e del puerperio. Ma, in realtà, le donne erano sempre “contaminate”, poiché l’atto sessuale, che metteva in condizione di impurità anche il maschio, per le donne si inseriva nei periodi “puri”, dato che non era lecito avere rapporti intimi durante il ciclo. Eppure, l’Antico Testamento, non solo attraversato da forti correnti misogine, è costellato di figure femminili straordinarie: donne bellissime e coraggiose, profetesse, regine e matriarche: nei momenti di crisi, che investirono la storia del popolo d’Israele, uomini e donne tornarono a condividere l’uguaglianza dell’Eden. La subordinata condizione in cui la donna era relegata non escludeva, pertanto, che essa fosse oggetto d’amore o di rispetto: specialmente se aveva figli maschi e sapeva imporsi abilmente, godeva di autorità e prestigio considerevoli.

Una donna perfetta chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Essa gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita”.
Proverbi 31, 10-12

Alla luce di un confronto storico-etnologico, bisogna considerare che la donna è stata più onorata presso gli Ebrei che presso altri popoli dell’antichità: non le era sempre imposto di coprire il viso con il velo e le era consentito di essere parte attiva nelle feste pubbliche.

Nell’ebraismo, inoltre, la femminilità e la sessualità non conobbero mai il marchio dell’infamia, ma, al contrario, la “necessità” del matrimonio, con la conseguente condanna radicale del celibato o della vita monastica, viene spiegata fin dal racconto della creazione: se l’adam è stato creato maschio e femmina, la perfezione si realizza nell’incontro della moglie e del marito. Inoltre l’unione dell’uomo e della donna ha sempre avuto, nella tradizione ebraica, un’altra finalità fondamentale: attraverso di essa è messa alla prova l’alleanza, cioè il legame instauratosi, dopo la creazione, tra Dio e l’essere umano. Di conseguenza, il rapporto coniugale divenne, all’interno del discorso profetico, la metafora principale del rapporto tra l’umano e il trascendente. Anche il Cantico dei Cantici, secondo una delle varie interpretazioni, ricorre alla espressione figurata della relazione amorosa per descrivere il rapporto d’Israele con la Divinità.

Emma Fenu

venerdì 26 dicembre 2014

IL CORPO NUDO DELLE DONNE NELL’ARTE FRA MEDIOEVO E RINASCIMENTO, di Emma Fenu.




Passano i secoli. Variano le ideologie, le forme di governo, i riferimenti culturali, le strategie di comunicazione. Si evolve il concetto di donna e il ruolo che le è proprio nella vita, nel mondo e nella Storia.

Ma l’interesse per le immagini di nudi muliebri, opere di innumerevoli pittori prima e fotografi poi, resta: mutano solo le proporzioni e le pose delle membra, i tratti del viso, la rotondità o la spigolosità delle forme.

Da sempre i corpi femminili sono non solo carne e sangue, ma strumento privilegiato per veicolare precisi messaggi, ammirati per le fattezze ma anche “territorio” in cui uomini hanno combattuto guerre e stipulato paci, dallo ius primae noctis fino agli stupri di guerra.

Seguitemi, ancora una volta, lungo i corridoi labirintici di musei nei quali vi conduco, invitandovi ad osservare i dipinti di bellezze desnude, realizzati nel corso del Medioevo e del Rinascimento.

Non si trattava solo di meri esercizi pittorici e di mero gusto estetico.


La Donna era un oggetto, non un soggetto: un oggetto idealizzato, pregiato, sofisticato e sfuggente, oppure minaccioso, eccitante, pericoloso e demoniaco. Ma, comunque, per definizione, un oggetto che, perché temuto, doveva essere sradicato da tutto ciò che non apparteneva alla sfera dell’irrazionale.

Le “figlie di Eva” sembravano trascinare con sé una condanna segreta: la maledizione di essere incomplete e, pertanto, di dover essere relegate ad una vita dedicata alla famiglia, alla maternità, alla consolazione e all’amore, quest’ultimo solo se nobilitato nel sacrificio e non nell’eros.

I valori maschili, patriarcali erano, al contrario, dominanti, perché connessi alla razionalità del Logos, da cui storicamente è derivato il potere.

L’essenza di tale prototipo del femminile, non percepibile nella sua interezza, si parcellizza in epifanie circoscritte, come un raggio di luce che attraversa un cristallo prismatico. Le immagini figurative ne sono divenute la rappresentazioni collettiva.


In età medievale, a seguito della diffusione della cultura derivata dal Cristianesimo, il corpo venne intenso come sacro tempio dell’anima, che doveva essere, ad ogni costo, preservato da impulsi carnali, forieri di grave peccato al cospetto di Dio.

Eppure gli impulsi continuavano ad esserci. Bisognava cercare un colpevole. Meglio UNA colpevole: la Donna, che sovente, nel periodo, personificava l’allegoria della Lussuria e, perfino, Satana, attraverso il ricorso ad una nudità cruda e morbosa che indugiava nella raffigurazione dettagliata degli attributi sessuali.

Nella donna, in colei che dischiuse il vaso di Pandora e offrì il frutto proibito, tutti i mali del mondo, in primis la morte, trovavano risposta e collocazione.

Soffermiamoci sui dipinti che ritraggono la progenitrice: Eva, prima della colpa, non conosce il pudore ed espone ingenuamente la nudità dei suoi seni acerbi da adolescente e la sua pancia, in cui non vi era stata contaminazione alcuna. Tuttavia, sovente, nella mano destra già impugna, se pur ancora inconsapevole delle irreversibili conseguenze, il pomo da cui la nostra Storia di esseri contingenti prese avvio, strappandoci, con morso, all’abbraccio dell’assoluto.


Poi, tutto sarebbe cambiato. Tutto.

Il Signore chiede ad Adamo: “Chi ti ha fatto conoscere che eri nudo? Non hai forse mangiato dell’albero che ti avevo proibito di mangiare?”. E Adamo risponde: “È stata la donna che mi hai dato per compagna che mi ha presentato del frutto dell’albero ed io ne ho mangiato“.

Genesi, 3, 11-12


Dopo la cacciata dall’Eden, la nostra progenitrice, ormai dannata, è dipinta dai tratti compendiari di Masaccio mentre, ben conscia della vergogna delle proprie carni colpevoli, si presta a celare pube e mammelle, mentre Adamo si limita a portarsi una mano al volto.


La donna, pertanto, era ritenuta complice del demonio, in quanto bruciante di incontrollabile passione e desiderosa solo di sedurre l’uomo per traviarlo, ancora una volta, ancora mille altre volte. Sarà la Madonna, una madre Vergine nata senza l’onta infamante del peccato originale, infatti, a schiacciare la testa del serpente, prima tentatore e, in seguito, complice di Eva.

Tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento, i canoni della bellezza femminile cambiarono radicalmente. Si passò da figure muliebri pallide, diafane, dai seni appena accennati, a dame in carne, con fianchi larghi, candide curve generose, e visi dalle labbra e dalle gote pittate di vermiglio.

La maggior parte dei committenti e degli artisti del tempo non erano certo immuni al fascino delle fattezze delle donne e sfruttarono i soggetti sacri come un pretesto per eccitare la sensualità.

La nudità, in ambito cristiano, divenne, così, sempre più ambivalente: sia emblema della santità, della purezza e della mortificazione del proprio corpo, sull’esempio di Cristo sulla croce; sia simbolo di lussuria e lascivia.


Solo nel XVI secolo esordì il nudo con valenza impudentemente erotica, anche se accettato solo in quanto riconducibile ad una precisa allegoria o alla riproduzione figurativa di episodi mitologici.

Tuttavia, le figure femminili non furono più neoplatoniche espressioni del divino, quali la celeberrima Venere di Botticelli, un’asessuata creatura celeste, dalle linee geometriche perfette, che sdegna l’agitarsi tumultuoso delle umani e basse passioni, o le prestanti figure, sovrumane e distanti, dai tratti di matrice classica, che si devono al genio di Michelangelo.

Ed ecco, quindi, l’apparire di donne vere, come la Venere di Urbino, opera di Tiziano: una fanciulla immersa in un’atmosfera densa di colori caldi, con uno sguardo languido e un’espressione di beata sonnolenza, che pare formulare un dolce invito all’astante.

Non dimentichiamoci che è necessario imparare il linguaggio dei simboli iconografici di una data epoca, per dare parola alle opere d’arte.

Se veniamo invitati in casa di meri conoscenti, il marito potrebbe mostrarci le foto della sua consorte, magari un primo piano o uno scatto che la ritrae durante una vacanza. Ma se esibisse un’immagine in cui la donna disvela un seno, riterremo il comportamento insolito.


Nel Rinascimento, invece, il gesto femmineo appena citato non aveva una valenza erotica paragonabile a quella attribuitagli nei nostri giorni.

Circa 28 anni prima dell’opera di Tiziano, precisamente nel 1506, Giorgione ci fornì uno dei primi esempi di ritratto di una fanciulla che, con grazia, discosta la camicetta e mostra un seno scoperto. Non si tratta dell’effige di una meretrice né di una cortigiana, bensì di quella di una promessa sposa, probabilmente di alto lignaggio, che esprime, in tal modo, le sue doti di virtù e castità e la sua intenzione di addivenire ai propri doveri di madre.

Esporre una sola mammella era, pertanto, un esplicito riferimento alle Amazzoni, che secondo il mito, si univano sessualmente agli uomini solo per generare figli, non per assecondare sconvenienti voglie e basse pulsioni erotiche. Niente di pericolosamente sensuale, dunque, in tali immagini più volte reiterate, ma un sottomesso adeguarsi al proprio ruolo sociale di moglie.

Chi scorge una differenza tra spirito e corpo non possiede né l’uno né l’altro”.
Oscar Wilde

Emma Fenu

mercoledì 24 dicembre 2014

I TRE VOLTI DELLA LUNA, di Emma Fenu.



Era ormai buio quando la donna smise di parlare. Rimasero lì a guardare insieme la luna che sorgeva.
«Molte delle cose che mi hai detto sono in contraddizione fra loro» disse lui.
Lei si alzò. «Addio» disse. […]«Chi sei?» le domandò lui.
Ma la donna si stava allontanando. Camminava sulle onde del mare, in direzione della luna che sorgeva”. 
Paulo Coelho


Adoro stare con il naso in su e gli occhi rivolti verso l’alto, ad interpellarmi su domande dalle infinite risposte e a trovare nei simboli il percorso per giungere, o almeno sfiorare per un tempo infinitesimale, le radici dell’essenza. Dopo i percorsi museali, vi invito, stavolta, ad attendere l’oscurità e ad ammirare la magica bellezza della luna. I miei sono articoli che fanno rischiare un torcicollo!

La Luna è l’archetipo del femminile per eccellenza, associata alla Donna fin dagli albori del tempo umano. Entrambe, infatti, hanno un ciclo di pari durata. La stessa etimologia della parola mestruazione rende ancora più palese tale atavico legame: essa deriva dal latino mensis, il quale, a sua volta, è in rapporto di discendenza con il termine greco Mene, ossia l’altro nome di Selene, che, scopriremo, a breve, essere uno dei volti del muliebre satellite. Ma non sono solo 28 giorni a legare Luna e Donna, sono millenni intessuti di miti, in cui ci si interroga sulla morte e sulla rinascita, sull’eclissarsi e sul ripalesarsi, graduale, sullo sfondo del cielo, sulla capacità insita e viscerale di donare la vita e sul potere occulto di rapirla.

È morire a una forma e rinascere a un’altra. È accettare, accettare, sé stesse e il destino”. 
Cesare Pavese

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta. Che uno dice: è finita. No, finita mai, per una donna. Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. […]Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te. Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima”. 
Jack Folla


Nella mitologia greco-romana, per la variabilità del suo aspetto, l’astro notturno è stato accomunato a tre distinte divinità, che ne personificano la triplice manifestazione: Luna piena, Luna crescente e Luna nuova. Ed ecco apparire la luminosa e potente Selene, il cui appellativo deriva da sélas, ossia splendore. Essa rappresenta la Grande Madre che nutre, protegge ed accoglie. Subentra, poi, l’enigmatica Artemide, la falce di Luna, che è simbolo di rinascita e di resurrezione. Secondo il racconto trasmesso dal mito, la dea venne alla luce per prima e assistette la madre, Latona, nel parto del fratello, Apollo: in virtù di ciò era invocata come protettrice delle donne incinta. Tuttavia, Artemide era una fanciulla indomita, regina dei boschi e dedita alla caccia, intenta a preservare la propria verginità. E, infine, si lascia spazio ad Ecate, la Luna nera, poiché in congiunzione con il Sole, quindi eclissata: è la figura più ambigua e magnetica, che rappresenta la morte apparente, pronta a ricevere i semi di una nuova vita. Ad essa si rivolgono, infatti, le streghe, i cui arcani poteri trascendono, talvolta, il comune flusso degli eventi.


"La luna e la donna hanno molte facce da mostrare”. 
Proverbio cinese

Dagli abissi, senza tempo e spazio, del Mito, alla Storia, e allo snodarsi dei cicli nello scorrere delle epoche, il passo è, paradossalmente, breve. Le tre personificazioni divine, infatti, coincidono con le tre fasi della vita di una donna, scandite dalla presenza o meno del sangue che ne svela la fecondità del ventre: la pubertà, la maternità e la menopausa.

Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno”. 
Mark Twain

Tuttavia, questa tripartizione non si limita al secreto delle viscere, ma si estende, prepotentemente, alla realtà sociale per determinare, in tempi passati (ma forse non troppo dimenticati), i ruoli che alla femminilità competono, quelli di virgo, mater e vidua, ossia vergine, madre e vedova. Quest’ultima è una figura pericolosa, se non sottomessa all’autorità di un altro maschio che eserciti su di lei fermo controllo, svolgendo le veci del marito defunto. La luna nera è emblema dell’anziana, ma anche immagine della strega, della ribelle donna di cultura, dell’indecifrabile poetessa e, soprattutto, è epifania della tanto temuta parte irrazionale che è in tutti noi, a prescindere, dalla sequenza dei cromosomi.


Dalle notti trascorse sotto il manto stellato della dea Iside, vi riporto nelle sale museali. Pochi passi, molti meno di quanti si possa presumere. Attraverso un approccio iconografico con le opere d’arte, infatti, potete cogliere, nelle muliebri figure ritratte, palesi assimilazioni con i tre volti della luna, in primis Eva, Maria e Maddalena: rispettivamente la vergine nell’Eden, l’erede della Dea Madre e, infine, colei che è l’enigma mai risolto, la donna che annuncia la risurrezione di Cristo per prima, senza che un maschio la conduca per mano. Le teofanie della Luna nera sono plurime, una moltitudine di ammalianti creature colte nella loro bipolarità e nel tentativo di soluzione delle antitesi, in cui il ricordo e il presagio di verità dai confini oscuri si palesa come un vortice, nel risultato frutto dell’uso magistrale di pennelli e scalpelli. Lasciamo, ora, l’onore di essere protagoniste indiscusse alle sirene, gli esseri teriomorfi più affascinanti, di cui, a lungo, si è scritto.

Alle Sirene giungerai da prima,
Che affascinan chiunque i lidi loro
Con la sua prora veleggiando tocca”. 
Omero, Odissea


Le prime raffigurazioni le ritraggono come metà donne e metà uccelli, osmosi sublime di terra e cielo, ma, verso il II secolo d.C., assumono fattezze tratte dai pesci, mostrandosi perfino “scille”, ossia a due code, al fine di ostentare la propria sessualità, e, soprattutto, di riprodurre i profili dell’Omega, l’ultima lettera dell’alfabeto greco, la quale simboleggia la fine che contiene, però, stretta in sé, l’Alfa, ossia un inizio, una rinascita insita, come quella propria alla Luna. Durante il Medioevo, infatti, le sirene perdono i propri connotati prettamente solari, come l’oro dei capelli, e diventano entità lunari, capaci di immergersi nel buio degli abissi per risorgere, poi, alla luce della vita, assecondando l’eterno ritmo di un tempo ciclico, che accompagna il perimetro sferico della Luna piena.

La Luna, per colui che pensa in termini di eternità, è il fulgente ”memento mori” che Dio ripete ogni giorno alla “gran madre antica“. 
Giovanni Papini



Emma Fenu

CHI SIAMO


"Non son stata io, io in persona a levarmi questa mattina? Mi pare di ricordarmi che mi son trovata un po' diversa. Ma se non sono la stessa dovrò domandarmi: Chi sono dunque?". 

Lewis Caroll, Alice nel Paese delle Meraviglie




Salve, sono Emma.
Chi sono io? Una sintesi di note contrastanti.

In me si fondono, in una bizzarra alchimia, note contrastanti, grazie alle quali sono capace di reinventarmi sempre: sono sognatrice e ironica, idealista e consapevole, empatica e complessa, pragmatica e creativa. 
Nata e cresciuta respirando il profumo del mare di Alghero, ora vivo, felicemente, a Copenhagen. Ogni quattro o cinque anni, la mia vita subisce una vera rivoluzione: mi trasferisco in un nuovo paese. Ho vissuto, in precedenza, in Medio Oriente, in luoghi di estremo interesse culturale e storico, che mi hanno permesso di sentirmi "cittadina del mondo".
Sono laureata in Lettere e Filosofia e ho conseguito un Dottorato in Storia delle Arti. 
Scrivo per lavoro e per passione; insegno Lingua Italiana agli stranieri; tengo un Corso di Scrittura creativa; recensisco libri e intervisto scrittori; curo l'editing di saggi e romanzi; mi occupo di Storia delle Donne, di Letteratura e di Iconografia; collaboro per un Magazine online che si occupa di Cultura e Lifestyle. 



Ecco i miei blog ed alcuni siti per cui collaboro:
http://www.passionelettura.it/ 

Il mio sito web: