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mercoledì 31 dicembre 2014

"Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza". Recensione di Rosaria Andrisani.


Le lumache sapevano di essere lente e silenziose, molto lente e molto silenziose, e sapevano anche che quella lentezza e quel silenzio le rendevano vulnerabili, molto più vulnerabili di altri animali capaci di muoversi rapidamente e di lanciare grida d’allarme. Per evitare che la lentezza e il silenzio le impaurissero preferivano non parlarne, e accettavano di essere come erano con lenta e silenziosa rassegnazione.
Fra loro però c’era una lumaca che, pur accettando una vita lenta, molto lenta, e tanti sussurri, voleva conoscere i motivi della lentezza.



Lo scrittore cileno Luis Sepulveda scrive la storia di una lumaca che coglie l’importanza del procedere lentamente e dell’apprezzare il vero valore delle cose. In una realtà che ritiene la velocità come une delle qualità essenziali per andare al passo con i tempi, l’autore ci mette di fronte a un’altra strada: cogliere la vera essenza della natura umana, pensare tranquillamente prima di fare. Ancora una volta il protagonista del libro di Sepùlveda rientra nel regno animale, come in altre sue precedenti opere molto amate dai lettori per la profondità del loro messaggio.

Questa volta è una lumaca che, in un mondo dominato dall’ansia e dalla freneticità, ci fa rivalutare la dimensione della nostra vita. Il tempo è prezioso; non bisogna preoccuparsi di spenderne tanto se serve per agire nel modo migliore.
La giovane lumaca, dunque, desiderosa di scoprire cose nuove, non si accontenta di rimanere nel prato dove vive, nel Paese del Dente di Leone, con le altre sue compagne lumache; caratterizzata da un fascino trascinante e da una forte tenacia, decide di iniziare un cammino per scoprire, specialmente, le ragioni di questa lentezza che, da sempre, caratterizza la sua specie animale. Si pone diverse domande e cerca di capire se stessa. La lumaca incontra un gufo un po’triste e una saggia tartaruga; si accorge che il suo prato è in pericolo. Torna indietro dalle sue amiche per intraprendere insieme a loro un viaggio verso la salvezza; scopre l’importanza del coraggio e della memoria per vivere bene il presente e per affrontare il futuro con responsabilità.

Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza è una favola molto bella per bambini e adulti che, con una sapiente semplicità, insegna l’importanza della ponderazione, della collaborazione, dell’altruismo e della riflessione e regala una morale spiegata con parole che, dolcemente, arrivano al nostro cuore.

Rosaria Andrisani

lunedì 29 dicembre 2014

Intervista a Luisa Colombo, di Laura Bassuti.

Incontro con Luisa Colombo, giallista e autrice de I Legami Spezzati, per parlare di libri, web e progetti futuri.


Luisa, come e perché hai deciso di scrivere?
Scrivere è sempre stata la mia passione, posso dire di essere nata con la penna in mano. Ho sempre amato leggere e ho iniziato a scrivere durante l'adolescenza. Ma solo dopo essermi affrancata dall'attività professionale ho potuto dedicarmi alla scrittura e ho autopubblicato il mio primo romanzoNuotando verso la Luna.
Con il secondo I Legami Spezzati ho tentato la via tradizionale e dopo mesi di attesa un editore ha creduto in me e l'ha pubblicato.


Come è nata la storia di Maia Parodi?
Avevo scritto un racconto in un corso di scrittura creativa ambientato in una multinazionale e da lì è nata l'idea di costruire un giallo. La figura della protagonista invece è maturata col tempo, la sua personalità un po' complessa è emersa durante la stesura. Mi sono innamorata di lei e del suo modo di affrontare la vita. Forse in parte mi assomiglia, almeno nella sua tenacia a sfidare gli eventi.


Che tipi di lavoro ha preceduto la stesura del libro?
Un lungo lavoro di ricerca sia in campo farmaceutico su come nasce una formula e tutto il suo iter fino alla commercializzazione, sia sul versante delle indagini.
Per costruire la scena del crimine mi sono avvalsa della collaborazione della dirigente della Polizia Scientifica della Questura di Milano e di un patologo per la stesura del referto autoptico. Senza il loro contributo non avrei mai potuto addentrarmi in questi universi a me sconosciuti.


Pensi alla possibilità di creare una serie gialla con Maia come protagonista?
In un primo momento avevo pensato di continuare con la medesima protagonista scrivendo un serial, ma poi ho cambiato idea, forse anche perché ho in mente altri progetti.


Quali sono le tue letture e gli autori per te più importanti, fondamentali?
Adoro i thriller, ma ho letto di tutto, compresi i classici da quali non si può prescindere. Autori preferiti? Herman Hess, Thomas Mann, Kundera, Pessoa, Nei classici Leopardi, Foscolo, Montale, Pavese e tanti altri che mi hanno formata a fatto crescere.


Cosa pensi del web e delle possibilità che offre a uno scrittore?
Il web può essere uno strumento di comunicazione molto utile che io stessa sto utilizzando per promuovere il mio romanzo. Credo sia importante per farsi conoscere, soprattutto quando si è esordienti come me.


Cosa ci puoi anticipare dei tuoi futuri progetti?
Ho in cantiere un thriller psicologico con protagonista una psicologa che collabora con la omicidi. Penso a un romanzo complesso che sfiori un po' il paranormale,ma non voglio anticipare troppo. In ogni caso continuerò a coltivare la mia passione.


Bio
Nata a Milano il 29 luglio del 1957, mi definisco una persona appagata dalla vita, sono felicemente sposata e ritengo di aver raggiunto un buon equilibrio. Amo la musica, i viaggi, il teatro, il cinema, il fitness e soprattutto sono innamorata dei libri. Ho lavorato per 30 anni nell’editoria, al Touring Club Italiano. Mi sono laureata in Scienze Politiche all’Universita’ degli Studi di Pavia con il massimo dei voti. Ho conseguito il diploma di master shiatsu e il primo livello di reiki. La scrittura e’ sempre stata la mia passione che ho coltivato nel tempo libero. Ho pubblicato il mio romanzo: Nuotando verso la luna, edito da Youcanprint nel giugno del 2011. I legami spezzati è il mio secondo romanzo.

Laura Bassuti

Educazione alla lettura, di Rosaria Andrisani.

Sono una mamma e consiglio ad altre mamme di leggere storie ai propri figli, sin dai loro primi mesi di vita. All'inizio non capiranno, ovviamente, ma cominceranno ad abituarsi all'ascolto dei suoni, delle parole. Poi, pian piano, cominceranno a comprendere i termini, li impareranno, li ripeteranno; assoceranno le parole alle immagini e le riconosceranno nei libri illustrati. E i bambini saranno sempre più affascinati dalle storie che le mamme premurose racconteranno loro. Quando i bambini saranno pronti a leggere, lo faranno con passione e curiosità di scoprire sempre cose nuove.
L'educazione all'ascolto e alla lettura deve cominciare sin da piccoli, per il bene della mente e dell'animo. 

Rosaria Andrisani

'Lettera ad un bambino mai nato''. Interrogarsi sulla Vita sotto il cielo di Copenhagen, di Emma Fenu


''Lettera ad un bambino mai nato''. Interrogarsi sulla Vita sotto il cielo di Copenhagen Lettera ad un bambino mai nato, Oriana Fallaci, aborto, vita, bambino libreriamo.it

Si discorreva amabilmente di letture, sotto il cielo di Copenhagen, sdraiati sull’erba, appena umida, del parco di Bakken. 
I piedi scalzi, le braccia intrecciate sotto la testa, gli occhi verso l’azzurro intenso del cielo attraversato da nuvole piccole e rade, simili a batuffoli di cipria candida, distrattamente dimenticati sul comò da trucco di una dama.
Ora che l’estate dona un clima dolce come un abbraccio e la brezza ricorda il respiro sulla pelle, nell’attimo che precede un bacio, è bello essere consapevoli di essersi ritrovati, in terra straniera, con amici con cui non ci pare di aver condiviso meri mesi delle nostre vite, ma ci si sente come vecchi compagni di panini alla nutella, cassette di musica da riavvolgere con la bic, leggins chiamati fuseaux.

Ho raccontato che uno dei primi libri che ho letto, fra la seconda e la terza elementare, è stato “Lettera ad un bambino mai nato”, di Oriana Fallaci.
Stupore generale: è un testo forte e drammatico per un lettore di ogni età, come può essere metabolizzato da una bambina?
Ricordo tutto con estrema precisione. Il libro apparteneva a mia madre, ed era stipato nella libreria, privo di sovracopertina, nudo nella sua carta telata color marrone. Evidentemente mia madre lo aveva amato e riletto, fino a lederne l’aspetto esteriore. Era collocato nella zona proibita, quella a cui non dovevo accedere, posto ben in alto, accanto a romanzi, saggi e tomi di medicina.
I ripiani deputati ad ospitare quanto era ritenuto idoneo alla mia educazione letteraria erano posti in basso, e si distinguevano a colpo d’occhio, per i formati più grandi e i colori più accesi dei libri. Ma le sedie non servono solo per accomodarsi ed intraprendere una lettura, ma anche per, eludendo occhi vigili, scalare le montagne del sapere
Così il libro, sottile e leggero, redatto anni prima che io venissi alla luce, arrivò nelle mie mani. Esercitò su di me un’attrazione magnetica. E’ uno dei pochi di cui ricordo interi brani a memoria. 
Si tratta di un monologo sulla vita e sul suo significato, sul darla o meno, ereditando il potere arcano della Dea Madre o delle Parche, con le conseguenze che questo atto responsabile comporta, interrogandosi sulla valenza del nascere come scelta coraggiosa, non come diritto, né come dovere. 

L'amo con passione la vita, mi spiego? Sono troppo convinta che la vita sia bella anche quando è brutta, che nascere sia il miracolo dei miracoli, vivere: il regalo dei regali. Anche se si tratta d'un regalo molto complicato, molto faticoso, a volte doloroso”.

Il libro fu scritto nel mezzo di un clima politico molto intenso, in cui ci si interrogava, dibatteva e batteva in merito all’aborto, legalizzato in Italia nel 1978. 
Ma io, a sette anni, non sapevo affatto cosa fosse un’interruzione volontaria di gravidanza, e su questo tema, in tale sede, non intendo approfondire. 
Con i capelli pettinati in trecce castane, sempre un po' scomposte, e le mani sporche di pennarelli, immaginavo, dal titolo, che si raccontasse di un bambino ancora in fila per ricevere il dono della vita, come si fa a scuola per la merenda, con le mani vuote in attesa che essa venga consegnata da chi svetta, di almeno 60 cm, sulla massa in grembiule blu. 
Ero convinta di leggere in merito ad un possibile fratellino, tutto per me, che sono figlia unica. 
Scoprii, invece, che prima di essere partoriti dalle viscere della mamma, conosciamo giàl’intimo del suo cuore, le sue gioie, le sue incertezze e le sue paure, e parliamo con lei in un linguaggio segreto, fatto di misteriose vibrazioni. Siamo due delfini, entrambi in quel liquido amniotico, così legati, eppure così distanti, ma capaci di comunicare tramite ultrasuoni. Due in uno.

Mai due estranei legati allo stesso destino furono più estranei di noi. Mai due sconosciuti uniti nello stesso corpo furono più sconosciuti, più lontani di noi”.

E appresi, ancora, che non siamo “vivi” solo a partire dal momento in cui mani estranee ci afferrano e, dopo averci deterso del sangue, ci avvolgono in una soffice copertina e ci consegnano, rossi e rugosi, fra le braccia di chi ci amerà per sempre. Abbiamo già percorso un viaggio e ci trasciniamo una valigia colma di emozioni e conoscenze arcaiche: siamo “vita” nel momento in cui qualcuno ci pensa tali e ci pone domande a cui, solo allora, potremo attingere risposte intrise di assoluto. Solo allora, in quel limbo fra essere e non essere ancora…o non essere mai.

Perché avrei dovuto, mi chiedi, perché avresti dovuto? Ma perché la vita esiste, bambino! Mi passa il freddo a dire che la vita esiste, mi passa il sonno, mi sento io la vita. Guarda s'accende una luce. Si odono voci. Qualcuno corre, grida, si dispera. Ma altrove nascono mille, centomila bambini, e mamme di futuri bambini: la vita non ha bisogno né di te né di me. Tu sei morto. Forse muoio anch'io. Ma non conta. Perché la vita non muore”.

Queste parole, che suggellano l’epilogo del libro della Fallaci, oggi mi commuovono, quasi fino alle lacrime, forse mi lacerano. 
Ma, oggi, io sono una Donna, e so cosa vuol dire dare la vita, non solo urlanti e madide di sudore, grazie alle spinte del parto, ma in tutte le molteplici accezioni, e so cosa è il gelo dell’assenza di chi avresti voluto fosse presenza tangibile e invece, disperatamente, non hai potuto strappare alla voragine del nulla.
Ma, all’epoca, pensai che fosse meraviglioso. 
La vita non muore, è una cascata in piena, un seme che si dischiude nel nero della terra, un universo infinito di stelle che ci trascende. Mi sentivo in bilico su una vetta talmente alta che percepivo le vertigini. Siamo fatti di infinito, “gocce di vita scappate dal nulla”, ma, senza nemmeno una delle quali, l’oceano non sarebbe lo stesso.

Nessun uomo è un'Isola,
intero in se stesso. [..]
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te”.
John Donne

Emma Fenu

"Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci. Recensione di Domizia Moramarco.


Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci: la grande responsabilità regalata alla donna di scegliere, consapevolmente, di dare la vita.


Sentire una vita cominciare a palpitare nelle più intime cavità profonde del proprio ventre e riconoscere che la decisione di darla al mondo possa essere o un torto o un regalo … chiedersi se sia giusto cominciare a spiegare a un essere che non ha ancora consapevolezza di esistere che il mondo è fatto di brutture e di malinconie … Sono queste le domande che si pone Oriana Fallaci all’inizio della missiva toccante e allo stesso tempo provocatoria di Lettera a un bambino mai nato, dalle pagine caratterizzate da uno stile altalenante che raggiunge ora momenti di crudo realismo, ora di alto lirismo.
Le critiche sono rivolte a sé stessa in prima persona, a una donna che vede sconvolgere la propria esistenza fatta di una libertà da conquistare con le unghie sul lavoro, nella vita privata e nel mondo degli ideali scevri dalle costrizioni morali di un Paese, l’Italia degli anni ’70 alle prese con le prime ribellioni femministe, dalla tradizione bigotta e conformista.

Il tono con cui la lettera inizia è riflessivo ed esistenzialistico. Oriana Fallaci si dice

Non mi interessa metterti al mondo per me stessa e basta. Tanto più che non ho affatto bisogno di te.

Alla futura madre preme infatti capire se scegliere di mettere al mondo una vita possa giovare al nascituro. “ … e se nascere non ti piacesse” si chiede nella prima pagina “E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando – Chi ti ha chiesto di mettermi al mondo, perché mi ci hai messo, perché?”

La scelta della vita intesa come la preferenza al niente, “perché il nulla è peggiore del nulla” si impone con forza sin dall’inizio e le riflessioni strettamente personali si allargano presto a una dimensione che va al di là dell’intimità del singolo. La protagonista, di cui non si conoscono nome, volto o età, non si limita infatti a parlare della sua condizione di donna single che decide di allevare un figlio senza l’appoggio di un uomo accanto, sposta invece sin da subito l’attenzione su questioni più esistenziali, prima fra tutte, la differenza fra i sessi.
In una società in cui il genere maschile per secoli ha imposto la sua volontà, nascere donna può rivelarsi un’avventura affascinante


che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna […] avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che urla d’essere ascoltata. Essere mamma non è un mestiere. Non è nemmeno un dovere. E’ solo un diritto fra tanti diritti.

A differenza della donna, l’uomo è infatti più agevolato dalla società nel poter imporre le sue idee, meno soggetto al giudizio e agli insulti. Tuttavia Oriana Fallaci riconosce che nascere uomo è pur sempre una fatica in una realtà in cui i sentimenti devono essere nascosti e la forza deve essere sempre ostentata. Se il bambino che nascerà dovesse essere un uomo, l’autrice si augura sia dolce coi deboli, feroce coi prepotenti, generoso con chi ti vuole bene, spietato con chi ti comanda.

Così come l’esserino che giace e si fa spazio in lei schiude i suoi petali alla vita settimana dopo settimana, così l’autrice si rinchiude nel suo io più interiore per fare chiarezza su profonde verità. Con lucida razionalità realizza che l’amore è un concetto a cui non si può attribuire un significato chiaro, che la libertà è un’ingannevole illusione, la famiglia una menzogna, la sopravvivenza una violenza, il domani un imbroglio senza fine.

Il lungo e drammatico monologo si fa realistica confessione di una donna spaventata e sconvolta di fronte alla scoperta di essere madre, il lettore non si aspetti perciò di leggere pagine condite da zucchero e miele, si prepari piuttosto a immergersi in un mondo fatto di incubi, angosce e amare considerazioni, come solo l’esistenza umana può essere, con tutte le sue ambiguità e che nonostante tutto, nell’amaro epilogo, dopo il tormentato processo interiore in cui viene giudicata ora colpevole ora innocente, si disvela in tutta la sua prorompente verità: l’amore per la vita.

Le cento pagine che compongono Lettera a una bambino mai nato sono dunque il grido di una donna che legge, scava e rivanga dentro sé stessa, alla ricerca di una risposta sentita di fronte alla scoperta della maternità, un’esperienza che viene guardata in faccia nella sua crudeltà, in maniera sincera, lontana da ogni sdolcinatezza a cui siamo abituati a pensare quando associamo l’idea di madre a un figlio. Le pagine di cronaca pullulano di eventi drammatici, di tragedie consumate fra le quattro mura di una famiglia definita modello agli occhi di tutti. Forse viene da chiedersi se tutti, prima di decidere di mettere al mondo un figlio, si interroghino coscienziosamente su quello che li aspetta e se davvero coloro che stanno accanto a donne all’apparenza così forti e indipendenti, siano in grado di percepire lo stato di disagio esistenziale che le assale quando cominciano a misurarsi con un ruolo così importante e spesso devastante, qual è quello della maternità.

Un libro da leggere solo se davvero si pensa che la maternità sia un diritto a cui tutte le donne non vogliono e non possono sottrarsi non perché una qualsivoglia Legge superiore lo imponga, ma perché si decide di realizzarlo volontariamente e con assoluta consapevolezza, nella speranza che la società possa fungere da supporto a una decisione così importante.
Per concludere, mi sorge il dubbio che dato che la questione della maternità nel nostro Paese, nonostante si siano fatti passi avanti, non sia ancora del tutto dispiegata nella sua coerenza ed efficienza, Lettera a un bambino mai nato possa suscitare ancora sdegno e polemiche da parte di una comunità che resta vittima di atavici preconcetti sulla questione. Spero vivamente che i lettori che decideranno di intraprendere questo viaggio “libresco” si imbarchino nell’impresa ben equipaggiati di un’ampia apertura mentale.

Domizia Moramarco

"Sybil" di Flora Rheta Schreiber, recensione di Giovanna Avignoni.


A proposito di " mamme cattive ", voglio segnalare "Sybil" di Flora Rheta Schreiber. È un libro dove i colori non esistono perché il buio è assenza di colori, ma anche presenza del nero, del vuoto della voragine. Sedici maschere sul viso di Sybil, costruite inconsciamente, fin dalla nascita per proteggersi dalla mancanza totale dei colori della sua infanzia e poi della sua adolescenza. Il buio creato dalle torture inflitte da una "madre schizofrenica", determinante la lacerazione interna e la frantumazione dell'io. Un percorso doloroso verso una vita colorata. Una non Sybil è anche pittrice. Un romanzo da leggere per capire ancora di più l'importanza della figura genitoriale in ognuno di noi, figure che ci portiamo dentro per tutta la vita, nel bene e nel male.

Giovanna Avignoni

"La posta delle Donne" di Emma Fenu


Ecco una rubrica dedicata al mondo femminile, in cui vengono trattati argomenti svariati: dall'amore, all'amicizia, al lavoro, alla maternità, fino alla letteratura e all'arte. Volete confrontarvi, sfogarvi, esprimervi? Scrivetemi, sarete i benvenuti.

http://nordiclifestyle.weebly.com/la-posta-delle-donne

Cara Emma,
io sono una curiosa di natura, fin da piccola.
Così, dopo aver letto alcuni tuoi articoli, ti ho inviato la richiesta di amicizia su facebook, non per farmi gli affari tuoi, ma perché mi affascina conoscere la vita quotidiana di chi leggo.
So che sei una donna passionale ed ironica e, oltre alla letteratura e all'arte, ti piace lavorare a maglia, arredare e vestirti in stile vintage, farti fotografare e viaggiare.
Sei anche molto attenta alle problematiche femminili, per questo il titolo della tua rubrica di posta non mi stupisce affatto.
Però un dubbio mi è rimasto. Di cosa ti occuperai, esattamente? Di problemi di cuore? In tal caso io sarò un’assidua corrispondente!
Sarasempreinnamorata

Carissima Sara,
scelgo la tua, come prima lettera a cui rispondere, perché, oltre ad essere condotta in modo simpatico e schietto, mi offre l’opportunità di raccontarmi, se pur in parte.
I mille volti di Emma li scoprirete strada facendo, lungo i sentieri, più o meno pervi, di tale avventura. 
Ho voluto diventare vostra interlocutrice non per elargire verità assolute, che non possiedo, ma per confrontarmi con chiunque, uomo o donna che sia, in merito a tematiche che sono oggetto di mio interesse da anni, sia in qualità di ricercatrice, ma, soprattutto, di persona.
Compiere studi di genere, ossia relativi al mondo femminile, nel mio caso inerenti a Arte e Letteratura, fa sorgere domande che esulano dal circoscritto campo d’indagine, per abbracciare storie e percorsi che conducono fino ai nostri giorni, nel tentativo, caparbio, di sfatare pregiudizi millenari, di dare voce a chi è stata condannata al silenzio e di indignarsi davanti all'ingiustizia che è figlia del maschilismo.
Ma non solo di tali temi potrete scrivermi.
Aspetto che mi si narri di amore (sì, cara Sara, come tralasciare il motore del mondo!), di amicizia, di lavoro, di sogni, di cronaca e attualità. Vi invito a farlo come preferite, con le lacrime o con il sorriso.
Alla prossima lettera,
Emma


"Hotel Praga" di Pierluigi Tamborini, recensione di Giovanna Avignoni.


Finito!!! Ho finito "Hotel Praga" di Pierluigi Tamborini. Cosa dire. Mi piacerebbe essere "dall'altro lato della strada" per poter incontrare mio padre e dirgli quanto l'ho amato. Mi piacerebbe incontrare gli angeli e parlare con loro. Vorrei oltrepassare il muro della 519 per entrare nell'universo accanto. Chissà quante porte ci sono per l'universo accanto ma solo in pochi riescono a vederle. Oppure sì, le vediamo anche noi tutti, nei nostri sogni, quando guardiamo l'isola che non c'è, seguendo la seconda stella a destra. Il sogno e la realtà ci sono cuciti addosso. Bello il tuo romanzo Pierluigi, scritto bene, ironico e romantico al tempo stesso. Malinconico e delicato. Originale a dir poco. Originale fino alla fine, persino nell'indice. Ho provato ad immaginarti mentre lo leggevo e, ogni volta, mi si presentava la figura di un uomo speciale. Che tu sia un angelo? Mi tolgo il cappello, Pierluigi, anzi "la bandana". Il tuo romanzo, nel romanzo, nel romanzo. .. mi è piaciuto "non poco" (per dirla alla Pierluigi, ma anche alla Giovanna).

Giovanna Avignoni

"Nata dalla Luna", di Domizia Moramarco.

La luce della luna
questa notte
si confonde con i tuoi occhi.
E’ per quell’accecante bagliore
in cui riluce
il tuo arrivo
improvviso come donna
nel mondo.
I lineamenti soavi
si sono arrotondati
e lo sguardo da incerto
si è fatto cosciente.
I fianchi morbidi
ruotano decisi
intorno agli angoli della vita
schivando gli spigoli
con maestosa destrezza.
Padrona dei tuoi movimenti
incedi per le vie del mondo
con passo sicuro,
fiera adesso della tua bellezza.

Domizia Moramarco

"I libri viaggiano nel tempo e nello spazio" di Emma Fenu




I traslochi fanno parte del mio DNA. Non mi sono cimentata nel preparare valige e scatoloni solo per mutare nazione e continente, ma anche per spostarmi di pochi isolati.
Mio malgrado, solo nella città di Copenhagen, ho cambiato appartamento tre volte nell’arco di nemmeno sei mesi, fino a trovare l’abbraccio accogliente di una dimora definitiva. Definitiva per un paio di anni, s’intende.
Questa disposizione all’essere itineranti, se pur entro raggi d’azione limitati, è quasi una tradizione di famiglia, di quelle che si tramandano di padre in figlio e di madre in figlia, come l’amore per i libri, il senso dell’amicizia e la ricetta del “pane frattau”.
E io, frutto di una generazione dalle radici strappate e sanguinanti, questa tradizione l’ho reiventata, trasformandola in desiderio di avventura e bramosia di scoperta, oltre i confini dell’amata patria natale.

Mio nonno, classe 1906, passeggiava, una mattina, con un amico, approssimativamente cinque o sei anni prima delle mia nascita, per le vie del centro di una cittadina nella quale aveva deciso, non troppo tempo prima, di trasferirsi. La stessa cittadina dove, poi, io sono nata e cresciuta, quando ancora, sul lungomare, erano collocati i cannoni, puntati in direzione di fantasmi di imbarcazioni nemiche, cimeli su cui si arrampicavano i bambini, ignari della guerra e del sangue, se non di quello che tinge le ginocchia sbucciate.
Essendo determinato a regalare a mia madre un libro, mio nonno chiese consiglio all’amico, compagno di chiacchiere e ricordi. Fu così che, da quel momento, La Storia, romanzo scritto da Elsa Morante, consegnato in dono ad una ragazza nemmeno ventenne, varcò le soglie di ben quattro case, inscatolato con altri tomi o compresso in una valigia, alla rinfusa, prima di arrivare, leggermente liso, fra le mie mani, davanti ai miei occhi e dentro il mio animo di adolescente.

Non entrerò in merito, in questa sede, alle animate discussioni di carattere politico ed ideologico che sono scaturite immediatamente dopo la pubblicazione del libro, ambientato a Roma, durante l’epoca bellica e post bellica, che interessò la metà del secolo scorso.
Elsa Morante, infatti, concepisce la Storia come “uno scandalo che dura da diecimila anni”, non maestra di vita, non iter di progresso ed evoluzione dell’uomo, non redenta dall’intervento della Provvidenza di manzoniana memoria, ma bieco susseguirsi di prevaricazioni ed ingiustizie a danno dei più deboli.
Mi soffermerò invece, sulla visione della Storia universale come silloge osmotica di piccole storie quotidiane; della Seconda Guerra Mondiale come un cataclisma che si abbatte su ogni famiglia e su ogni essere vivente, sia esso uomo, donna, bambino o cane. E non potrò mai dimenticare, su uno sfondo struggente di desolazione e morte, lo sguardo intriso di gioioso stupore del piccolo protagonista, Useppe, che partecipa alla Vita come un figlio partorito dal grembo primordiale della Natura, della quale conosce la indicibile bellezza tramite il filtro antico e barbaro dell’istinto.

I bambini sono senza passato ed è questo tutto il mistero dell'innocenza magica del loro sorriso”.
Milan Kundera

Emma Fenu



IL TUO LIBRO di Mirella Frascolla.



IL TUO LIBRO

Mi hai cercata oggi e non capivo perche'.
Sotto un grigio lampione
mi stai aspettando.
Ci guardiamo intensamente
pochi lunghi istanti
senza domande ne' risposte.
Il verde intenso dei tuoi occhi
mi distrae i pensieri
mentre porgi il tuo libro
nella mia mano impreparata.
Poi ti vedo allontanarti piano
e voltarmi le spalle a testa bassa.
Sei gia' sparito nella folla della sera
e io non ho che un pezzo di te
tra le mani.
So cosa contiene, conosco il tuo
racconto in ogni frammento,
pensiero, suono, rumore, respiro,
affanno, risata, lacrima.
So che non parla di me ma
scopro che parla a me.
Lo apro piano e nella prima pagina bianca leggo la tua scrittura
sconosciuta:" Grazie per essere dentro queste parole, senza di te
non esisterebbero e questo
mio sogno un altro desiderio
irrealizzato". Sento scorrere
una lacrima dal gusto amaro
per averti perso senza lottare,
senza averti fatto capire,
nel tanto tempo trascorso insieme,
quanto ti amavo.

Mirella Frascolla

domenica 28 dicembre 2014

Elsa Morante, a cura di Rosaria Andrisani.


Elsa Morante è una scrittrice che non ha bisogno di presentazioni; unica nel suo genere, donna intelligente, tenace, colta e coraggiosa ha saputo sempre cogliere e rendere ai suoi lettori il significato della vita, espressa da un punto di vista attento ai particolari importanti e al tutto che di essi si arricchisce. L'opera più nota e celebre della Morante è La Storia, romanzo storico del 1974 ambientato a Roma che narra la realtà della seconda guerra mondiale e dell'immediato dopoguerra. La realtà amara delle borgate romane fa da sfondo alla situazione di tragedia, miseria, disperazione che la gente viveva in quegli anni. Elsa Morante grazie alla sua bravura e a una particolare sensibilità, al suo coraggio nel denunciare la verità, ci ha regalato un romanzo senza tempo, che ci fa comprendere quanto la guerra sia disastrosa e quanto la sofferenza umana sia, purtroppo, un male senza fine.

Rosaria Andrisani

"Guarire il proprio corpo partendo dalla psiche: i libri di Laura Bertelè", a cura di Emanuela Zanardini


“Non tutti i mali vengono per nuocere”: si potrebbe riassumere con questo celebre detto il messaggio profondo trasmesso dai libri di Laura Bertelè, medico specialista in terapia fisica e riabilitazione ed iscritta all’albo degli psicologi. Dalla sua trentennale esperienza sul campo, a contatto con le influenze che la vita di ciascuno possono avere sulle loro malattie, ne sono nati i testi Ascolta e guarisci il tuo corpo. Scopri il tuo percorso di auto guarigione e Il linguaggio emozionale del corpo. Viaggio verso la guarigione.

Il primo libro si fonda sulla consapevolezza che “l’uomo non è solo corpo, nella sua meravigliosa complessità è un tutt’uno: è corpo, mente, psiche, emozioni”, perché “non si guarisce, anche da un semplice mal di schiena, se non si cambia quello che nella nostra vita non è in sintonia con il nostro io spirituale”. Sono sempre di più le persone che accusano disturbi di natura psicosomatica, e capita sovente che dopo anni di cure con farmaci si guarisca invece quando a cambiare è qualcosa nella nostra vita e/o nella nostra psiche. Ascolta e guarisci il tuo corpo è la descrizione di un metodo frutto di anni di studi e di esperienza che ci spiega come la sofferenza fisica di una persona spesso non sia che il campanello d’allarme di un malessere più profondo.

Il linguaggio emozionale del corpo. Viaggio verso la guarigione, si compone invece di tre parti ricche di testimonianze della stessa autrice, oltre che dei pazienti. “Un vero e proprio attraversamento della malattia che ha inizio dall’ascolto del proprio corpo – si legge sulla copertina – . Se dolore e malattia sono segni della sofferenza del nostro essere, l’aiuto di un medico che sappia ascoltare può diventare fondamentale per decodificare i nostri “reali” disagi e ritrovare la sintonia fra corpo, cuore e mente”.

Laura Bertelè è riconosciuta a livello internazionale come ideatrice del metodo che porta il suo nome, basato sui principi della fisioterapista francese Françoise Mézières di cui lei stessa è stata allieva e collaboratrice. Oggi è Presidente – presso la Fondazione Apostolo di Merate (Lecco) – del Centro di rieducazione posturale e neuromotorio Gino Rigamonti, dove lavora applicando il proprio metodo integrato con altre tecniche. Tiene inoltre corsi di formazione per medici, psicologi, terapisti della riabilitazione e psicomotricisti.

Emanuela Zanardini

ISABELLA SANTACROCE e la sua TRILOGIA. Recensione di Mary Skellington Greenwood.




Qualche giorno fa, sono tornata con la mente a qualche anno indietro, quando mi sono imbattuta in una trilogia scritta dall’autrice italiana Isabella Santacroce.

Ahimè, non è una scrittrice alla portata di tutti: non perché non sia facilmente leggibile poiché tutto, se ci pensate bene, lo è.
In fondo, leggere significa assemblare lettere che danno vita a parole che danno vita a un discorso.
Tuttavia, credo che la sua scrittura sia di difficile interpretazione, o digeribilità.
E’ una di quelle autrici che non pensi oggettivamente “è brava” o “non è brava”.
Lei, LA AMI o LA ODI.
E io, nonostante alle volte la trovo di una pesantezza unica (non nei temi, quanto nel COME li affronta), LA AMO.

Oggi, mi ritrovo a pensare a questa trilogia composta da “VM18″, “LULU’ DELACROIX” e “AMORINO”.
Tre libri diversissimi tra loro, che possono essere letti senza un ordine ben preciso o senza ordine di uscita, ma che mantengono tra loro un filo logico.
E certe metafore e figure che ritornano, sempre.
Ma andiamo con ordine.

Con VM18 del 2007, Isabella Santacroce inaugura la trilogia dantesca cosiddetta “Desdemona Undicesima”.
Il primo romanzo della trilogia, che dei tre romanzi rappresenta l’Inferno, libro che segna un’ulteriore svolta nello stile narrativo della Santacroce.
Nel 2010 esce per Rizzoli la seconda parte della trilogia (il Paradiso) Lulù Delacroix, romanzo-fiaba che sfiora le 500 pagine.
Nel 2012 Bompiani pubblica il suo nuovo romanzo Amorino, il terzo e ultimo della trilogia “Desdemona Undicesima” (il Purtagorio).
(cit. Wikipedia)

VM18

TRAMA

Siamo all’interno di un collegio femminile dove l’animo esteta, instabile e rasente la pazzia di Desdemona affiancata e appoggiata dalle sue due vallette, altrettanto perverse, Cassandra e Animone, da vita ad un cruento gioco del destino.
Un insieme di crimini, orge e perversi giochi di inclinazione demoniaca.
C’è un giuramento, un manifesto al quale tutte e tre le ragazze sono fedeli ed è il Manifesto delle Ninfette ed è attraverso questa lista che le tre spietate ragazze commettono atti osceni verso chiunque non sia idoneo o degno di umanità.
Secondo loro ovviamente.

Che dire, dei tre libri è sicuramente quello più pesante e angosciante, non a caso rappresenterebbe l’inferno dantesco.
Le immagini che arrivano sono invadenti e molto forti a tratti anche troppo esasperate.
Mirate sicuramente al fastidio.
Si, questo libro provoca fastidio.
A tratti anche esplicitamente blasfemo, mirato probabilmente ad urtare certi tipi di sensibilità.
Si legge benissimo, se non fosse che alcune immagini cruente che passano per la mente accompagnate dall’angoscia della scrittura, portano a chiudere il libro per un po’.
Quasi come a voler fare una pausa.
Una pausa da tutta questa crudeltà.

Il libro presenta 491 pagine e può essere acquistato a 17,50€, con copertina morbida.

LULU’ DELACROIX



TRAMA

Lulù Delacroix è una bimba calva abitante la città di Perfect City, dove tutte le bambine sono belle e bionde.
E’ nata in una famiglia che all’inizio l’amava moltissimo, finché era piccola, ma una volta accorti che non cresceva uguale alle altre bambine, tutti provano un senso di repulsione e paura per questa bambina, che in realtà è dolcissima e pronta a tutto.
E’ spesso oggetto delle torture delle sue due sorelle gemelle, perfette e biondissime, bellissime, ma allo stesso tempo crudeli, che fanno di Lulù una vera e propria bambola da torturare e prendere in giro, dando così verità alla tesi sostenuta che i bambini, quando vogliono, sanno essere molto cattivi. Specialmente da piccoli.
E’ una bambina che vive praticamente segregata in casa poiché la famiglia si vergogna di mostrarla (e non possono tra l’altro mostrarla al mondo!), quindi la piccola cresce parlando da sola, con amici immaginari di cui una è niente popò di meno che Emily Dickinson con cui instaura una corrispondenza mediatica.
E’ verso la metà del racconto che cominciano le avventure della bambina, che con l’aiuto dei personaggi più divertenti e strani, come il ragno Tenore o la bambola di pezza Mimi, senza un’occhio e senza un braccio, con la quale lei parla dopo averla raccolta ad una festa e avendola in qualche modo “salvata” da un destino crudele, dovrà raggiungere il regno del Mistero dove sconfiggerà il pregiudizio.


Lulù Delacroix rappresenta il paradiso dantesco.
Questo libro, è quello dei tre che mi è piaciuto di più.
Mi rappresenta, non tanto nel fantastico mondo che affronta e nei personaggi di cui la piccola si circonda, quanto più per il tema trattato.
Il pregiudizio.
Chi di noi non è mai stato vittima del pregiudizio?
Io stessa, ragazza rotonda dai capelli verdi, le orecchie piene di pearcing e tatuata sono spesso collocabile nella categoria degli scansafatiche o dei drogati, mentre in realtà lavoro, scrivo e sto anche per conseguire una laurea.
In tutto ciò, credo che il tema trattato all’interno di queste pagine sia molto attuale, e le immagini riconducibili benissimo ad un Alice nel paese delle meraviglie di Carrol, me l’ha fatto gustare ancora di più.
Ho letto recensioni contrastanti su questo libro: alcuni lo apprezzano, altri lo trovano deleterio.
Ma i gusti son gusti, insomma.

Il libro presenta 467 pagine e può essere acquistato a 18€, con copertina morbida.


AMORINO



TRAMA


Minster Lovell, austero e nebbioso paese della campagna inglese, 1911.
Le sorelle gemelle (strano!) Albertina e Annetta Stevenson ereditano un cottage vittoriano dalla morte dei genitori, avvenuta per cause sconosciute. Entrambe vestono allo stesso modo, tanto che è quasi praticamente impossibile riconoscerle. Entrambe bellissime, ma dal temperamento schivo, tendente all’isolarsi dal resto del mondo. Sarà il parroco del villaggio, Padre Amos, ad attirarle nella quotidianità e nella società del paese, affidando loro la direzione del coro della chiesa, Amorino, poiché una organista e una insegnante di canto.
Ma nella notte, quando tutto sembra assopirsi e rasentare la calma, si odono lamenti lontani, quasi urla.
Chi sono queste due gemelle? E perché questi lamenti sono cominciati proprio con il loro arrivo?




Amorino rappresenta il purgatorio dantesco.
Lascio a voi, ovviamente, la risposta, nel caso vogliate leggere questo libro.
Dei tre è quello che mi è piaciuto meno, forse perché dopo tutta questa premessa sulla trilogia del secolo, mi aspettavo che il finale fosse diverso, o forse non era incline con le mie corde nel periodo in cui l’ho letto.
Fatto sta, che dei tre libri è quello che mi è piaciuto di più per lo stile.
Un libro scritto a punti di vista, come una sorta di diario giornaliero in cui sette anime, sette pensieri danno adito a angolazioni differenti della storia: Annetta e Albertina, che condividono un terrore grandissimo; Padre Amos, pedofilo; Bernardina Green, ragazza che cresce brutalmente per mezzo della violenza; Margaret Green, donna dall’incrollabile fede che pensa di Padre Amos che sia una creatura celestiale e sarà proprio lei a spingere nelle braccia del pedofilo la giovane figlia, ovviamente ignara della perversa inclinazione del parroco; Dott. Thompson, medico del villaggio che riversa le sue frustrazioni sul sesso; e infine, lei, Isabella, misteriosa scrittrice arrivata in paese per smascherare quelli che sono i dubbi che ci accompagnano per tutta la storia.
Ecco una delle cose che ho adorato: lei, la scrittrice, che diventa personaggio e spalla per la risoluzione dei misteri.
E non da protagonista, badate bene.
Il finale non da una vera e propria conclusione alla storia, ecco perché non mi ha del tutto soddisfatta.
Il libro presenta 330 pagine e può essere acquistato per 17,50€, con copertina morbida.


Chi dice che Isabella Santacroce, non sa scrivere, è rimasto all’era dei Manzoni e dei D’Annunzio (niente da dire eh, per carità! Loro sono sui libri di storia, io a scrivere articoli su un blog!), ma tra il dire “non sa scrivere” e il “non è di mio gradimento”, c’è un abisso immane.
Ecco perché una possibilità a questa scrittrice, ormai oltrepassata la soglia dei quaranta, una possibilità è bene darla.
Perché nel nostro secolo, se vogliamo parlare di letteratura, non possiamo affidarci ai Volo e Moccia del caso, no?

E voi?
Avete letto qualcosa di questa autrice?
Se avete letto la trilogia, cosa ne pensate di questa Divina Commedia in stile Santacroce?


Mary Skellington Greenwood
tratto da http://snidgetphoenix.wordpress.com/2014/06/12/isabella-santacroce-e-la-sua-trilogia/

sabato 27 dicembre 2014

"La scrittura femminile" di Rosaria Andrisani.


La scrittura è una forma d'arte che esprime la nostra personalità. La scrittura femminile è, secondo me, sensibilità e fragilità, ma, al tempo stesso, forza e carattere. Perché è proprio dietro la nostra fragilità che si cela il nostro coraggio. Una donna che esprime i suoi sentimenti non è una donna debole, ma sicura di ciò che fa, pronta ad affrontare la vita a testa alta e, con la penna, a manifestare il suo animo in mille sfaccettature. E così nasce una storia, un racconto, che è frutto di una crescita intellettuale, di stimoli e della percezione del reale, del proprio modo di vedere l'altro, del rapporto con il mondo e noi stesse. Ciò che è genuino nasce in noi e si trasforma in parole per gli altri; così chi legge si arricchisce di sensazioni e, magari, dice: "Questo libro sembra fatto per me?

Rosaria Andrisani

venerdì 26 dicembre 2014

"IL TEMPO E’ UN CORPO" di Martino Sgobba.

Lucrezia ricorda, ricorda, ricorda un uomo che, mordendole la bocca, le aveva baciato il cuore. Con fili di zucchero, le aveva rinchiuso il gemito dietro le labbra. Dopo aver rubato, era andato via per sempre e Lucrezia aveva fermato le lancette dello specchio. Era successo quando il sole, senza averle mai davvero arso gli occhi, cominciava a cedere ombre sul suo corpo. Ora Lucrezia, in segreto, ogni notte, indossa lunghi capelli neri, veli sospinti da nulla, incapaci di qualsiasi turgore e, come una raggrinzita bambina grondante di tempo, si erge a fatica su tacchi sottili. Si solleva per portare gli occhi fino ad una cornice vuota. Il ladro non le aveva donato nemmeno una foto e lei lo aveva disegnato, sfregiando la tela con le unghie, prima arrossate nella brace e poi ingrigite nella cenere. Era fiorita fuori stagione esplodendo di petali e, rimasta sola, aveva preferito appassire definitivamente, senza attendere un ritorno o un nuovo arrivo. Filava, filava, filava i pensieri intorno a un fuso di rancoroso dolore e tesseva un sudario sempre più impermeabile ad ogni barlume. Quando la vecchiaia è soltanto un presente magro, aspro come carta vetro, il tempo e il corpo scorrono ugualmente, senza avere un futuro, e lasciano una striscia di polvere, giocando di anticipo. I tacchi sono ormai fragili: Lucrezia sta per cadere. Ma un altro giorno è trascorso; ora va a dormire; non spegne la luce, perché il suo uomo la possa continuare a guardare dalle ferite della tela.

Martino Sgobba

"Matto da cremare", di Roberta Amorino


Sinossi

Quando mangi una pizza ti chiedi mai che combustibile sia stato usato per cuocerla? Credi che per fare carriera sia necessario studiare sodo? Ritieni che la morte sia un evento negativo? Questo libro sconvolgerà le tue convinzioni, facendoti approdare sulla spiaggia della risata. Cassio Requiem, lo strambo guardiano di un cimitero, decide di dar libero sfogo, in campo mortuario, alle sue ambizioni, cimentandosi dapprima come disegnatore di corredi funerari e poi come pizzaiolo tutto "particolare", fino ad ottenere un lodevolissimo curriculum ecclesiastico ed accademico. Unico neo: non sa nemmeno eseguire una somma algebrica. A ciò non fa di certo caso Ugo, l'affascinante giovane colombiano che lo ama per ciò che è e non per ciò che vorrebbe diventare. Tra divertenti equivoci e situazioni grottesche e surreali, riusciranno, Cassio ed Ugo, a coronare il loro sogno d'amore? Vincerà l'amore o l'ambizione?

Ritratti di donna, di Giovanna Avignoni.





IL CORPO NUDO DELLE DONNE NELL’ARTE FRA MEDIOEVO E RINASCIMENTO, di Emma Fenu.




Passano i secoli. Variano le ideologie, le forme di governo, i riferimenti culturali, le strategie di comunicazione. Si evolve il concetto di donna e il ruolo che le è proprio nella vita, nel mondo e nella Storia.

Ma l’interesse per le immagini di nudi muliebri, opere di innumerevoli pittori prima e fotografi poi, resta: mutano solo le proporzioni e le pose delle membra, i tratti del viso, la rotondità o la spigolosità delle forme.

Da sempre i corpi femminili sono non solo carne e sangue, ma strumento privilegiato per veicolare precisi messaggi, ammirati per le fattezze ma anche “territorio” in cui uomini hanno combattuto guerre e stipulato paci, dallo ius primae noctis fino agli stupri di guerra.

Seguitemi, ancora una volta, lungo i corridoi labirintici di musei nei quali vi conduco, invitandovi ad osservare i dipinti di bellezze desnude, realizzati nel corso del Medioevo e del Rinascimento.

Non si trattava solo di meri esercizi pittorici e di mero gusto estetico.


La Donna era un oggetto, non un soggetto: un oggetto idealizzato, pregiato, sofisticato e sfuggente, oppure minaccioso, eccitante, pericoloso e demoniaco. Ma, comunque, per definizione, un oggetto che, perché temuto, doveva essere sradicato da tutto ciò che non apparteneva alla sfera dell’irrazionale.

Le “figlie di Eva” sembravano trascinare con sé una condanna segreta: la maledizione di essere incomplete e, pertanto, di dover essere relegate ad una vita dedicata alla famiglia, alla maternità, alla consolazione e all’amore, quest’ultimo solo se nobilitato nel sacrificio e non nell’eros.

I valori maschili, patriarcali erano, al contrario, dominanti, perché connessi alla razionalità del Logos, da cui storicamente è derivato il potere.

L’essenza di tale prototipo del femminile, non percepibile nella sua interezza, si parcellizza in epifanie circoscritte, come un raggio di luce che attraversa un cristallo prismatico. Le immagini figurative ne sono divenute la rappresentazioni collettiva.


In età medievale, a seguito della diffusione della cultura derivata dal Cristianesimo, il corpo venne intenso come sacro tempio dell’anima, che doveva essere, ad ogni costo, preservato da impulsi carnali, forieri di grave peccato al cospetto di Dio.

Eppure gli impulsi continuavano ad esserci. Bisognava cercare un colpevole. Meglio UNA colpevole: la Donna, che sovente, nel periodo, personificava l’allegoria della Lussuria e, perfino, Satana, attraverso il ricorso ad una nudità cruda e morbosa che indugiava nella raffigurazione dettagliata degli attributi sessuali.

Nella donna, in colei che dischiuse il vaso di Pandora e offrì il frutto proibito, tutti i mali del mondo, in primis la morte, trovavano risposta e collocazione.

Soffermiamoci sui dipinti che ritraggono la progenitrice: Eva, prima della colpa, non conosce il pudore ed espone ingenuamente la nudità dei suoi seni acerbi da adolescente e la sua pancia, in cui non vi era stata contaminazione alcuna. Tuttavia, sovente, nella mano destra già impugna, se pur ancora inconsapevole delle irreversibili conseguenze, il pomo da cui la nostra Storia di esseri contingenti prese avvio, strappandoci, con morso, all’abbraccio dell’assoluto.


Poi, tutto sarebbe cambiato. Tutto.

Il Signore chiede ad Adamo: “Chi ti ha fatto conoscere che eri nudo? Non hai forse mangiato dell’albero che ti avevo proibito di mangiare?”. E Adamo risponde: “È stata la donna che mi hai dato per compagna che mi ha presentato del frutto dell’albero ed io ne ho mangiato“.

Genesi, 3, 11-12


Dopo la cacciata dall’Eden, la nostra progenitrice, ormai dannata, è dipinta dai tratti compendiari di Masaccio mentre, ben conscia della vergogna delle proprie carni colpevoli, si presta a celare pube e mammelle, mentre Adamo si limita a portarsi una mano al volto.


La donna, pertanto, era ritenuta complice del demonio, in quanto bruciante di incontrollabile passione e desiderosa solo di sedurre l’uomo per traviarlo, ancora una volta, ancora mille altre volte. Sarà la Madonna, una madre Vergine nata senza l’onta infamante del peccato originale, infatti, a schiacciare la testa del serpente, prima tentatore e, in seguito, complice di Eva.

Tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento, i canoni della bellezza femminile cambiarono radicalmente. Si passò da figure muliebri pallide, diafane, dai seni appena accennati, a dame in carne, con fianchi larghi, candide curve generose, e visi dalle labbra e dalle gote pittate di vermiglio.

La maggior parte dei committenti e degli artisti del tempo non erano certo immuni al fascino delle fattezze delle donne e sfruttarono i soggetti sacri come un pretesto per eccitare la sensualità.

La nudità, in ambito cristiano, divenne, così, sempre più ambivalente: sia emblema della santità, della purezza e della mortificazione del proprio corpo, sull’esempio di Cristo sulla croce; sia simbolo di lussuria e lascivia.


Solo nel XVI secolo esordì il nudo con valenza impudentemente erotica, anche se accettato solo in quanto riconducibile ad una precisa allegoria o alla riproduzione figurativa di episodi mitologici.

Tuttavia, le figure femminili non furono più neoplatoniche espressioni del divino, quali la celeberrima Venere di Botticelli, un’asessuata creatura celeste, dalle linee geometriche perfette, che sdegna l’agitarsi tumultuoso delle umani e basse passioni, o le prestanti figure, sovrumane e distanti, dai tratti di matrice classica, che si devono al genio di Michelangelo.

Ed ecco, quindi, l’apparire di donne vere, come la Venere di Urbino, opera di Tiziano: una fanciulla immersa in un’atmosfera densa di colori caldi, con uno sguardo languido e un’espressione di beata sonnolenza, che pare formulare un dolce invito all’astante.

Non dimentichiamoci che è necessario imparare il linguaggio dei simboli iconografici di una data epoca, per dare parola alle opere d’arte.

Se veniamo invitati in casa di meri conoscenti, il marito potrebbe mostrarci le foto della sua consorte, magari un primo piano o uno scatto che la ritrae durante una vacanza. Ma se esibisse un’immagine in cui la donna disvela un seno, riterremo il comportamento insolito.


Nel Rinascimento, invece, il gesto femmineo appena citato non aveva una valenza erotica paragonabile a quella attribuitagli nei nostri giorni.

Circa 28 anni prima dell’opera di Tiziano, precisamente nel 1506, Giorgione ci fornì uno dei primi esempi di ritratto di una fanciulla che, con grazia, discosta la camicetta e mostra un seno scoperto. Non si tratta dell’effige di una meretrice né di una cortigiana, bensì di quella di una promessa sposa, probabilmente di alto lignaggio, che esprime, in tal modo, le sue doti di virtù e castità e la sua intenzione di addivenire ai propri doveri di madre.

Esporre una sola mammella era, pertanto, un esplicito riferimento alle Amazzoni, che secondo il mito, si univano sessualmente agli uomini solo per generare figli, non per assecondare sconvenienti voglie e basse pulsioni erotiche. Niente di pericolosamente sensuale, dunque, in tali immagini più volte reiterate, ma un sottomesso adeguarsi al proprio ruolo sociale di moglie.

Chi scorge una differenza tra spirito e corpo non possiede né l’uno né l’altro”.
Oscar Wilde

Emma Fenu

"STORIELLE E FAVOLE" di Ilenia Leonardini.

Fantasy, Fantascienza, Epica, Dark, sono solo alcuni degli argomenti trattati dalla bravissima scrittrice Ilenia Leonardini, nella sua nuova opera. Il volume non è solo un florilegio in cui mondi e situazioni si incontrano e si scontrano, ma è un’accurata ricerca etica di ciò che ognuno di noi dovrebbe fare per migliorare. Ogni racconto, oltre alla visione edenica e un po’ onirica, porta con sé comunque una morale e questa non è solo una pausa di riflessione per un pubblico giovane ma è un messaggio per ogni uomo; perché i sogni non appartengono solo agli adolescenti ma a tutti, e tutti possiamo, nel nostro piccolo, cambiare le cose, basta solo volerlo …

Francesco Luca Santo

http://www.lulu.com/…/stori…/paperback/product-21948348.html



PREFAZIONE “Hurricane & Sun”.

“Hurricane & Sun” è un libro sorprendente. Un'opera che si gusta con piacere. L'autrice è abile nel creare immagini forti che trascinano il lettore fino alla fine, in un vortice di eventi ed emozioni che lasciano col fiato sospeso e la sensazione di sentirsi parte del racconto. Dei veri protagonisti!
Hagen e Andreas sono i pilastri portanti di una trama fitta di intrighi; dove il dolore e l'azione si bilanciano in un susseguirsi di eventi unici. Un noir nuovo, dagli aspetti gotici new dark. Dove non c'è posto per le domande ma solo per l'azione. Azione fatta di coraggio e di paura. Azione che è rivalsa per qualcosa che è stato strappato troppo presto dalla vita di due bambini che volevano solo vivere una vita qualunque, fatta di gioie e non di continue paure che trascineranno con sé per lungo tempo.
Questo è l'opera di Ilenia Leonardini, un'autrice che non si risparmia nella scrittura ma che abbandona tutta la sua passione sul foglio come una magia che fiorisce ad ogni rigo con una forza linguistica esplosiva ma anche con un messaggio forte e chiaro: l'amore! L'unica cosa che può, veramente, essere la chiave per aprire anche i lucchetti più difficili!

PREFAZIONE “Dark side…of the sun”. 
Ilenia Leonardini torna con “Dark side…of the sun” il sequel dell’ottimo romanzo d’esordio “Hurricane & sun” che ha ottenuto un buon riscontro di vendite e critiche da parte dei lettori. Tornano Hegan e Andreas, i due fratelli vittime di circostanze e vicissitudini al limite del paradosso, che anche stavolta dovranno lottare per rimanere vivi ed ottenere quella serenità che tanto agognano.
Il volume si fonde benissimo al primo capitolo della serie e l’autrice è abilissima nel cucire addosso ai protagonisti, una storia capace di lasciare il lettore senza fiato fino all’ultimo. Ottimo l’utilizzo del linguaggio che ripercorre i tratti new dark gotici apprezzati nella prima scrittura. Un unirsi e dividersi di sensazioni forti ed emozionanti, rendono l’opera godibile e adrenalinica che porta ad un risultato stilistico e letterario molto buono e affascinante, dunque da non perdere per tutti gli amanti del genere.

"Il mio cuore è tuo" di Marianna Mineo.

Sinossi:
Chloe è follemente innamorata del suo compagno Luke, ha una famiglia che l'adora e un lavoro che le piace. 
Le sembra di toccare il cielo con un dito.Ma il giorno del suo compleanno Luke la lascia sostenendo di non essere più innamorato di lei. La vita di Chloe cambia di colpo, succede l'inaspettato e dovrà affrontare tutto da sola, perde anche il lavoro. Promette a se stessa di non innamorarsi mai più, per lei gli uomini non esistono. Chloe conosce Nick. Per lui sarà un vero e proprio colpo di fulmine, per lei no. Sarà difficile conquistarla. Lei ha creato una barriera insormontabile nel suo cuore che non permette a nessuno di oltrepassare.
Paura di amare ancora.
Paura di soffrire ancora.


Recensioni:
Mi è piaciuto molto perché è un romanzo VERO, uno di quelli che ti fanno sospirare, ridere e piangere seguendo il ritmo delle vite dei personaggi. Adorabile Chloe, bella e fragile, e soprattutto Nick che con la sua dolcezza mi ha fatto sorridere e "innamorare". Un grande in bocca al lupo per quest'autrice giovanissima (ha soltanto diciassette anni!). Sosteniamo la narrativa italiana e gli scrittori emergenti: ne vale la pena.


Una bella storia, fresca che parla di amore, di una giovane donna che messa a dura prova dalla vita, decide di dire basta all'amore; brucia ancora troppo la delusione del tradimento. I progetti però spesso sono destinati a essere sconvolti, questo accade alla protagonista, incontra una persona che le farà cambiare idea, che le mostrerà una strada fatta di sentimenti nuovi e diversi. Fare i conti con se stessi non è semplice, tornare sui propri passi lo è ancora di più... Non parlerò ancora e non mi piace levare il piacere ai lettori di scoprire attentamente la trama; posso dire che la storia è bella e fresca, le pagine scorrono l'un dopo l'altra piacevolmente. Complimenti alla scrittrice che alla sua prima esperienza racconta una storia interessante, senza troppi artifici, che giungono al lettore, lasciando una piacevole sensazione. Brava

"Fragilità" di Fiorella Carcereri.

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"Ogni mia paura,

una tua certezza.

Ogni mia certezza,

una tua paura

Sentimenti

che si reggono

sugli estremi.

Emozioni

che trovano

corrispondenza

nei contrari.

Fragili equilibri.

Il tuo. Il mio".

Fiorella Carcereri

"Come in una bolla" di Giovanna Avignoni.


"Da un po' di tempo quell'antico specchio, ereditato dalla bisnonna, le trasmetteva una certa inquietudine, le restituiva un'immagine di sé che stentava a riconoscere. I cambiamenti sul suo corpo da bambina la impaurivano. .. Quel pezzo d'antiquariato al quale era da sempre abituata, però, avrebbe parlato chiaro, come un amico sincero. Chiaro e tondo, senza mezzi termini. E non mentì, infatti, quando con un 'innaturale indifferenza, così come faceva ormai da qualche tempo, Anna vi passò davanti.Terrorizzata scoprì che una bella ciocca dei suoi capelli biondi e lisci mancava all'appello".

Giovanna Avignoni