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mercoledì 24 dicembre 2014

I TRE VOLTI DELLA LUNA, di Emma Fenu.



Era ormai buio quando la donna smise di parlare. Rimasero lì a guardare insieme la luna che sorgeva.
«Molte delle cose che mi hai detto sono in contraddizione fra loro» disse lui.
Lei si alzò. «Addio» disse. […]«Chi sei?» le domandò lui.
Ma la donna si stava allontanando. Camminava sulle onde del mare, in direzione della luna che sorgeva”. 
Paulo Coelho


Adoro stare con il naso in su e gli occhi rivolti verso l’alto, ad interpellarmi su domande dalle infinite risposte e a trovare nei simboli il percorso per giungere, o almeno sfiorare per un tempo infinitesimale, le radici dell’essenza. Dopo i percorsi museali, vi invito, stavolta, ad attendere l’oscurità e ad ammirare la magica bellezza della luna. I miei sono articoli che fanno rischiare un torcicollo!

La Luna è l’archetipo del femminile per eccellenza, associata alla Donna fin dagli albori del tempo umano. Entrambe, infatti, hanno un ciclo di pari durata. La stessa etimologia della parola mestruazione rende ancora più palese tale atavico legame: essa deriva dal latino mensis, il quale, a sua volta, è in rapporto di discendenza con il termine greco Mene, ossia l’altro nome di Selene, che, scopriremo, a breve, essere uno dei volti del muliebre satellite. Ma non sono solo 28 giorni a legare Luna e Donna, sono millenni intessuti di miti, in cui ci si interroga sulla morte e sulla rinascita, sull’eclissarsi e sul ripalesarsi, graduale, sullo sfondo del cielo, sulla capacità insita e viscerale di donare la vita e sul potere occulto di rapirla.

È morire a una forma e rinascere a un’altra. È accettare, accettare, sé stesse e il destino”. 
Cesare Pavese

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta. Che uno dice: è finita. No, finita mai, per una donna. Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. […]Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te. Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima”. 
Jack Folla


Nella mitologia greco-romana, per la variabilità del suo aspetto, l’astro notturno è stato accomunato a tre distinte divinità, che ne personificano la triplice manifestazione: Luna piena, Luna crescente e Luna nuova. Ed ecco apparire la luminosa e potente Selene, il cui appellativo deriva da sélas, ossia splendore. Essa rappresenta la Grande Madre che nutre, protegge ed accoglie. Subentra, poi, l’enigmatica Artemide, la falce di Luna, che è simbolo di rinascita e di resurrezione. Secondo il racconto trasmesso dal mito, la dea venne alla luce per prima e assistette la madre, Latona, nel parto del fratello, Apollo: in virtù di ciò era invocata come protettrice delle donne incinta. Tuttavia, Artemide era una fanciulla indomita, regina dei boschi e dedita alla caccia, intenta a preservare la propria verginità. E, infine, si lascia spazio ad Ecate, la Luna nera, poiché in congiunzione con il Sole, quindi eclissata: è la figura più ambigua e magnetica, che rappresenta la morte apparente, pronta a ricevere i semi di una nuova vita. Ad essa si rivolgono, infatti, le streghe, i cui arcani poteri trascendono, talvolta, il comune flusso degli eventi.


"La luna e la donna hanno molte facce da mostrare”. 
Proverbio cinese

Dagli abissi, senza tempo e spazio, del Mito, alla Storia, e allo snodarsi dei cicli nello scorrere delle epoche, il passo è, paradossalmente, breve. Le tre personificazioni divine, infatti, coincidono con le tre fasi della vita di una donna, scandite dalla presenza o meno del sangue che ne svela la fecondità del ventre: la pubertà, la maternità e la menopausa.

Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno”. 
Mark Twain

Tuttavia, questa tripartizione non si limita al secreto delle viscere, ma si estende, prepotentemente, alla realtà sociale per determinare, in tempi passati (ma forse non troppo dimenticati), i ruoli che alla femminilità competono, quelli di virgo, mater e vidua, ossia vergine, madre e vedova. Quest’ultima è una figura pericolosa, se non sottomessa all’autorità di un altro maschio che eserciti su di lei fermo controllo, svolgendo le veci del marito defunto. La luna nera è emblema dell’anziana, ma anche immagine della strega, della ribelle donna di cultura, dell’indecifrabile poetessa e, soprattutto, è epifania della tanto temuta parte irrazionale che è in tutti noi, a prescindere, dalla sequenza dei cromosomi.


Dalle notti trascorse sotto il manto stellato della dea Iside, vi riporto nelle sale museali. Pochi passi, molti meno di quanti si possa presumere. Attraverso un approccio iconografico con le opere d’arte, infatti, potete cogliere, nelle muliebri figure ritratte, palesi assimilazioni con i tre volti della luna, in primis Eva, Maria e Maddalena: rispettivamente la vergine nell’Eden, l’erede della Dea Madre e, infine, colei che è l’enigma mai risolto, la donna che annuncia la risurrezione di Cristo per prima, senza che un maschio la conduca per mano. Le teofanie della Luna nera sono plurime, una moltitudine di ammalianti creature colte nella loro bipolarità e nel tentativo di soluzione delle antitesi, in cui il ricordo e il presagio di verità dai confini oscuri si palesa come un vortice, nel risultato frutto dell’uso magistrale di pennelli e scalpelli. Lasciamo, ora, l’onore di essere protagoniste indiscusse alle sirene, gli esseri teriomorfi più affascinanti, di cui, a lungo, si è scritto.

Alle Sirene giungerai da prima,
Che affascinan chiunque i lidi loro
Con la sua prora veleggiando tocca”. 
Omero, Odissea


Le prime raffigurazioni le ritraggono come metà donne e metà uccelli, osmosi sublime di terra e cielo, ma, verso il II secolo d.C., assumono fattezze tratte dai pesci, mostrandosi perfino “scille”, ossia a due code, al fine di ostentare la propria sessualità, e, soprattutto, di riprodurre i profili dell’Omega, l’ultima lettera dell’alfabeto greco, la quale simboleggia la fine che contiene, però, stretta in sé, l’Alfa, ossia un inizio, una rinascita insita, come quella propria alla Luna. Durante il Medioevo, infatti, le sirene perdono i propri connotati prettamente solari, come l’oro dei capelli, e diventano entità lunari, capaci di immergersi nel buio degli abissi per risorgere, poi, alla luce della vita, assecondando l’eterno ritmo di un tempo ciclico, che accompagna il perimetro sferico della Luna piena.

La Luna, per colui che pensa in termini di eternità, è il fulgente ”memento mori” che Dio ripete ogni giorno alla “gran madre antica“. 
Giovanni Papini



Emma Fenu

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