Logo blog

Logo blog
Visualizzazione post con etichetta interviste. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta interviste. Mostra tutti i post

mercoledì 30 settembre 2015

"MI HANNO DETTO SEDERE QUI" di Francesca Cuzzocrea



La mia intervista alla nostra Fran Cesca, autrice di un libro che racconta, con delicatezza, l'Alzheimer.

Il comò è azzurro polvere.
Ha l’azzurro del cielo terso, in cui liberare i ricordi come palloncini che, una volta non trattenuti tramite il filo, voleranno senza far ritorno.

Ha l’azzurro del mare estivo, in cui immergersi sempre più nel profondo, per ritrovare, nei fondali, uno scrigno colmo di foto in bianco e nero e poi a colori, testimoni di una vita vissuta nella semplicità dell’amore autentico.

Ha la polvere sottile, che ogni giorno ricopre i volti e gli oggetti, rendendoli meno nitidi. Ci si passa sopra un dito, lo si imbratta, e qualcosa si scorge più nettamente. Allora, si strofina con cura, fino a pulire e rendere lucente quanto sembrava solo distante, informe, celato.

Ma poi essa ricade, ed è sempre più difficile riuscire a combatterla, finché non diventa polvere di stelle e tutto brilla, come nel mondo delle fate. Allora si è liberi di ricordare e essere ricordati.

Oggi è con noi, avendoci concesso un’intervista, Francesca Cuzzocrea, autrice del romanzo “Mi hanno fatto sedere qui”, edito da Lettere Animate nel 2015, che racconta con rara delicatezza la storia di una donna malata di Alzheimer, in un’altalena fra passato e presente.
Clicca sul link per continuare a leggere.

FRANCESCA CUZZOCREA


venerdì 15 maggio 2015

Intervista a Anna Visciani, a cura di Emma Fenu

Non aggiungerò troppe parole a quelle che seguiranno, espresse da Anna Visciani, autrice del libro “Se Arianna”, edito da Giunti nel 2014, il quale racconta la vera storia “diversamente normale” di una ragazzina cerebrolesa e della sua famiglia, composta da due genitori, entrambi neurologi, da una sorella adolescente e da un fratellino, tutti eletti al ruolo di voci narranti.

Vi saranno altre occasioni per soffermarmi su un testo che pervade l’intimo del lettore con la sua forza e delicatezza e che insegna a cercare le ali, anche se sono nascoste, anche se sono incollate, anche se sono troppo fragili. Oltre ogni “se”, infatti, si nasconde speranza e consapevolezza, lotta con il destino e amore per la vita.


Benvenuta Anna. Entriamo nel vivo del dibattito che più volte abbiamo accennato in privata sede. Cosa è la sofferenza? Perché la si teme, la si evita? Da cosa si scappa?

Grazie Emma per l’accoglienza.

Soffrire viene dal latino “sufferre” che vuol dire sopportare.

La “sofferenza” in senso lato è quindi una condizione dell’esistenza con cui prima o poi tutti ci dobbiamo confrontare.

Siccome quando si soffre non si è felici, si cerca di soffrire il meno possibile.

Ma quando la sofferenza arriva, nasconderla o addirittura negarla è più dannoso che riconoscerla e affrontarla.

Spesso facciamo finta che la sofferenza non esista e finché possiamo evitiamo ogni contatto con chi sta male, con chi è in difficoltà, con chi chiede aiuto. Questa forma di egoismo e di autodifesa ci si ritorce però contro quando siamo costretti a fare i conti con la realtà, perché voler ignorare come si fa a sopravvivere a un profondo dolore o a una grande delusione ci lascia inevitabilmente senza strumenti per rialzarci quando a nostra volta siamo abbattuti da eventi drammatici.

Io credo che la solidarietà e la condivisione della sofferenza altrui ci aiutino a crescere e ci rendano più forti.

Un tema particolarmente delicato toccato nel libro, e mirabilmente trattato da Dostoevskij nei “Fratelli Karamazov”, è quello della “sofferenza inutile”, in riferimento alla sofferenza dei bambini, definita inutile in quanto non ha significato né di espiazione né di maturazione.

Come descriveresti la tua famiglia, in tutti i suoi componenti, che, come ho menzionato in apertura, sono voci narranti nel libro?

Come dico il nostro libro è stato scritto a quattro mani (tre destre e una sinistra), per spiegare che è unatestimonianza corale in cui tutti i componenti della nostra famiglia sono stati coinvolti nel raccontare la propria esperienza con Arianna.

Dato che non solo la vita di noi genitori ma anche quella dei fratelli è stata pesantemente condizionata dalla disabilità di Arianna ho voluto far sentire la loro voce.

Di solito infatti, ci si concentra sui problemi dei genitori e si presta poca attenzione alle problematiche dei “siblings”, i fratelli dei disabili, costretti a crescere e a convivere con una realtà scomoda.

La voce del piccolo Daniele è la più esplicita e diretta nel manifestare il suo disagio, ma anche la più spiritosa e divertente, mentre la voce di Alice, ragazza adolescente, è più pacata e ragionevole nel suo confronto con la sorella. Il loro è un rapporto fatto di gelosie, conflitti e sensi di colpa ma anche di responsabilità, affetto e dedizione. Entrambi seguono un percorso di riflessione che li porta alla progressivaconsapevolezza di sé e alla accettazione della situazione con tutti i suoi aspetti esistenziali drammatici e conflittuali.

Le nostre vicende talvolta paradossali o tragicamente comiche sono state trattate spesso con ironia perché la capacità di continuare a sorridere ci ha aiutato in tutti questi anni ad andare avanti, nonostante sia sempre stato molto difficile immaginare un futuro per Arianna e per noi.

Le nonne ci hanno insegnato che la vita non procede attraverso i “se ” e i “ma”. Che valore dai al monosillabo con cui il titolo del tuo romanzo inizia?

Abbiamo volutamente intitolato il nostro libro “Se Arianna” per indicare le potenzialità mancate di nostra figlia e il nostro desiderio irrealizzabile: “se” Arianna camminasse, parlasse, corresse come qualsiasi bambina della sua età.

In una recensione è stato scritto che quel “Se” è il nostro “grido di dolore” contro il destino che l’ha resa così.

Nella copertina la libellula rappresenta simbolicamente Arianna, ragazzina esile e leggera, che non può spiccare il suo volo verso la vita perché ha le ali bloccate dal nastro adesivo. La domanda alla quale noi tutti vorremmo dare una risposta, mentre con le dita grattiamo lo scotch per staccarlo, è: chi lo ha messo e perché?

Cosa è per te la scrittura? Un atto di coraggio, una sfida contro i tabù sociali, un ponte di comunicazione, un messaggio stipato in una bottiglia?

La scrittura per me è sostanzialmente un modo per comunicare. La domanda più frequente che mi è stata fatta è: perché hai deciso di scrivere questo libro? Io rispondo sempre che l’esploratore che si spinge fino al Polo Nord, l’alpinista che raggiunge una vetta, o ancora il navigatore che attraversa l’oceano in solitaria, tutti alla fine della loro impresa sentono il desiderio di far partecipi gli altri delle tante difficoltà incontrate per raggiungere il loro obiettivo.

Noi che viviamo un’ “esperienza estrema”, cioè una vita molto diversa da quella delle famiglie normali, abbiamo pensato che la “nostra impresa” meritasse di essere raccontata: riuscire a vivere una vita il più possibile normale nella sua diversità.

Arrivare a decidere di narrare una storia come la nostra implica non solo coraggio, ma anche un processo di elaborazione che parte da lontano. D’altra parte è indubbio che la scrittura stessa favorisca il progredire di questa elaborazione e permetta a volte di evidenziare e oggettivare pensieri non ancora del tutto consapevoli.

Ci siamo rivolti a qualunque tipo di lettore, senza pretendere di insegnare niente a nessuno: il messaggio che abbiamo voluto trasmettere è indirizzato a tutti. Ognuno saprà fare poi le sue riflessioni sulla vita e trarre dalla nostra esperienza quello che vorrà.


Emma Fenu

domenica 1 febbraio 2015

Autointervista di Tina Caramanico.


Tutto quello che avreste voluto sapere di me e non avete mai osato chiedere (autointervista, oh yea)







1) Chi ti credi di essere? 
Boh. Dopo lunghe discussioni con me stessa, sulla mia pagina fb ho scritto: "personaggio inventato, alias geniale scrittore femmina, ex vagabonda" il che mi rappresenta abbastanza bene.



2) Come ci possiamo fidare di una che scrive poesie, racconti, haiku, romanzi, horror, noir e fantastico? Che vuoi fare esattamente da grande? 
Diventare brava, talmente tanto brava che ai miei lettori non interesserà più sapere se stanno leggendo un horror o un mainstream, un racconto o un romanzo o una poesia. 


3) Come diavolo ti è venuto in mente di metterti a scrivere a cinquant'anni, già con un piede nella fossa? 
Qualcuno alla mezza età si fa il lifting, qualcuno l'amante; io ho adottato una figlia, ne ho fatta un'altra e mi sono messa a scrivere. Scherzi della premenopausa.



4) Quando metti le parolacce nei tuoi racconti, poi non ti vergogni che magari ti leggono i tuoi alunni o le tue figlie? 
Cerco di insegnare alle mie figlie e ai miei alunni che tutte le parole hanno una loro dignità, e tutta la realtà ha diritto di essere rappresentata dall'arte. E comunque sì, mi vergogno e spero che nessuno lo venga a sapere, che scrivo anche delle storie con le parolacce.



5) Chi non sa fare una cosa la insegna; ammesso e non concesso che tu sappia scrivere, allora vuol dire che non sai insegnare?
Che razza di domande fai? Non mettere in giro queste voci sennò il Comitato di Valutazione Bravi Docenti Meritevoli mi toglie i punti e mi mette le orecchie d'asino fino alla pensione (e niente scatti stipendiali nemmeno se mi iscrivo a tutti i corsi d'aggiornamento più fetenti ideati da temibili formatori ministeriali appena usciti dal manicomio criminale di Aversa).



6) Come fai a lavorare, lavare, stirare, cucinare, pulire, stare dietro a due figlie bambine, a un marito trascurato e pure a scrivere? Cos'è che non fai o non fai bene?
Lavare lava la lavatrice, stirare solo le camicie (il resto lo piego), cucinare solo per le festività, pulire quanto basta; il resto cerco di farlo bene. Dormo quasi niente e quasi sempre in piedi.



7) Perché non hai mai messo una dedica sui tuoi libri?
Quando qualche parente, amico o collaboratore si offrirà di badarmi le figlie, tenermi la casa, darmi un annetto sabbatico in modo che io possa scrivere di giorno invece che dalle 2 di notte in poi (al posto di dormire), gli prometto una paginata di ringraziamenti, in tutte le lingue conosciute. Per ora nisba, posso ringraziare (o mandare a quel paese) solo me stessa.



8) Ma se sono tutti ignoranti e rimbambiti, per chi scrivi che non legge nessuno?
Non è vero, qualcuno che legge c'è: perlopiù donne adolescenti (che però tendono a leggere minchiate) o donne ormai quasi anziane, che a scuola sono state costrette a leggere i classici e le poesie e oggi sono, loro malgrado, ancora in grado di capire un periodo con un paio di subordinate. Estinte loro non leggerà più nessuno (a parte le minchiate), ma per allora sarò morta anch'io, e quindi perché preoccuparmi?



9) Che vuoi fare dopo?
Appena avrò raccontato quello che ho da raccontare nelle forme tradizionali (racconto, romanzo, poesia), mi metterò a giocare con le nuove forme di narrazione oggi possibili: romanzi in cui i lettori possono interagire con l'autore e con la storia, narrazioni ibride fatte di parole/musica/immagini, racconti a più mani, e quanto ancora ci potremo inventare. Sperando che la vecchiaia sia clemente con me e non mi faccia rimbambire troppo presto.



10) Non contenta dei danni già fatti, stai scrivendo pure un romanzo: di che parla?
Della vecchiaia appunto, dei bilanci a fine corsa, di Dio e dell'amore indomito delle donne (ma anche degli uomini).



11) Perché scrivi solo cose tristi? Che ci hai il pessimismo cosmico? Soffri di gobba pure te?
Intanto non è assolutamente vero che scrivo solo cose tristi, alcune sono allegrissime e ridanciane, persino. Poi c'è che le cose belle della vita le conosciamo tutti: amore, libertà, conoscenza. Tutti ce ne dobbiamo procurare almeno una dose minima, se no ci ammaliamo e moriamo. Le cose meno belle invece tendiamo tutti a non guardarle, non volerle conoscere, così quando ci toccano (perché prima o poi ci toccano) non sappiamo come maneggiarle e ci facciamo ancora più male dell'indispensabile. Allora mi viene da parlare proprio di questo, di smontarle, queste cose poco belle, come si smontavano i giochi da piccoli: per vedere come funzionano. Questo non ci salva, ma ci rende più consapevoli e sicuri. Almeno credo. 



12) Ma sei un' intellettuale di sinistra o una casalinga di Abbiategrasso? No perché di solito gli scrittori si capisce da che parte stanno, ma tu ti mischi proprio con tutti.
Sono sia un'intellettuale di sinistra sia una casalinga di Abbiategrasso. E continuerò a mischiarmi con tutti perché stare con un solo tipo di persone rende la vita scialba e prevedibile: a me gli esseri umani interessano tutti, anche se alcuni sono obbiettivamente stronzi e non mi piacciono per niente.


13) Beh, ciao.
Eh, ciao.

Tina Caramanico

martedì 27 gennaio 2015

Intervista ad Alessandra Ponticelli, autrice di “Un solo colpevole” (a cura di Rosaria Andrisani)


Ciao, lettori di Passione Lettura! Oggi siamo in compagnia di Alessandra Ponticelli, una persona dai molteplici interessi, che ha dedicato e dedica, tuttora, ai suoi impegni un’autentica e sincera passione.


Ve la presento, con questa mia intervista in cui scoprirete il valore dell’operato, ma soprattutto, la modestia e la profondità d’animo di Alessandra.


1- Ciao Alessandra e benvenuta tra noi! Vuoi presentarti ai nostri lettori?


Ciao! Grazie per avermi accolto. Mi chiamo Alessandra Ponticelli, sono nata in provincia di Arezzo, ma vivo a Firenze da più di trent’anni. Dopo aver insegnato per molti anni lingua e letteratura francese nei licei, oggi mi dedico quasi esclusivamente alla scrittura.


2- Quando è nata la tua passione per la scrittura?


Circa sette anni fa, quando mi sono resa conto che essa rappresentava per me uno strumento catartico, l’unico mezzo che avrebbe potuto aiutarmi a superare il tragico evento che ha segnato la mia vita, cioè la perdita improvvisa del mio unico figlio, portato via a diciotto anni da una gravissima malattia.


3- Hai partecipato a diversi premi letterari, ne hai vinti altrettanti; come definiresti il tuo percorso di scrittrice fino a oggi?


Ti ringrazio per questa bella domanda. Credo di poterlo definire un viaggio. Sì, sicuramente, un viaggio. Un percorso interiore, non sempre facile, che mi ha dato la possibilità di ascoltarmi e di trasformare le emozioni in parole. Come ho già detto altre volte, c’è sempre qualcosa di noi in ciò che scriviamo, perfino quando costruiamo delle storie che nulla hanno a che fare con le nostre esperienze personali.


4- Ci parli del tuo libro, “Un solo colpevole”?


Come si può capire dal titolo, si tratta di un Giallo, nonché del mio primo romanzo. L’idea è nata circa quattro anni fa. Quanto alla trama, essa è assolutamente frutto della mia fantasia, non ispirandosi ad alcun fatto di cronaca realmente accaduto. E’ la storia di una giovane di nome Adele che, dopo molti anni vissuti a Parigi, ritorna in Romagna, a Solaria, il paese natio, alla ricerca di se stessa e della verità sull’uccisione dei genitori avvenuta vent’anni prima. Il ritorno della ragazza risveglia nel paese antiche paure mal sopite e diviene la chiave per mettere in moto la riapertura delle indagini sul duplice delitto. Le minacce di cui Adele sarà vittima indurranno l’abile e tenace maresciallo Caputo a far luce sull’antico omicidio. La collaborazione di un giovane e determinato giornalista lo aiuterà a scavare dentro un baratro di orrori, facendolo arrivare alla scoperta del colpevole.


5- Hai anche scritto uno spettacolo teatrale, “Chiaro come il cielo”; come definiresti questa tua esperienza?


Un’esperienza indimenticabile, soprattutto sul piano emotivo. Lo spettacolo nasce, infatti, dal desiderio di ricordare mio figlio, la sua breve vita, attraverso musica e poesia. Note e versi, su un palcoscenico volutamente spoglio, per ripercorre, idealmente, il suo viaggio terreno. Ringrazio, ancora, l’attore Carlo Delle Piane e la cantante Anna Crispino che, con la loro grande bravura e sensibilità, hanno permesso la realizzazione di questo progetto.


Grazie ad Alessandra Ponticelli per aver trascorso del tempo con noi!


(intervista a cura di Rosaria Andrisani)


mercoledì 21 gennaio 2015

Intervista a Rosa Bizzintino, autrice del libro “Mille bolle”, a cura di Rosaria Andrisani.

Cari lettori di Passione Lettura, oggi conosciamo meglio Rosa Bizzintino, autrice di “Mille bolle”, un libro di favole dalla scrittura scorrevole e chiara, che allieterà i più piccoli, ma piacerà anche ai grandi perché, in fondo, ognuno di noi, a volte, vuole ritornare un po’ bambino. La gallina Cloe, l’anatra Lilly, la capretta Belà, il bambino di nome Mirto e tanti altri personaggi ci accompagneranno in questa magica raccolta di racconti e ci apriranno le porte del regno della fantasia. Ma ora lascio la parola a colei che ha scritto il libro… 

1- Buongiorno Rosa, vuoi presentarti ai nostri lettori?

Buongiorno a tutti, sono Rosa Bizzintino autrice del libro " Mille bolle"; mi presento brevemente cercando di non 
prendermi troppo sul serio perché è nato tutto quasi per gioco anche se, devo precisare, la vocazione e la passione per la scrittura l'ho sempre avuta, fin da adolescente. Nella mia breve carriera, spero possa continuare, di scrittrice, ho pubblicato cinque libri, di cui tre sono libri di poesie e due dedicati ai bambini. Il primo libro per bambini si 
intitola "Le avventure di Elsa" edito da Albatros; poi di seguito tre libri di poesie, insieme ad altri autori, editi da 
Pagine ed infine "Mille bolle" di cui sono anche illustratrice. Alcune mie poesie hanno ottenuto dei riconoscimenti e sono stati inserite in diverse raccolte antologiche. Poi ho avuto il grande piacere di partecipare come autrice alla 
collana antologica "Acqualuna della Luna e altre Storie" promossa dall'Associazione Luna Nera il cui ricavato è 
stato devoluto a favore dell'Ospedale Meyer di Firenze.

2- Per quale motivo hai deciso di scrivere favole?

Ho deciso di scrivere favole perché credo che in me coesistano la bambina che sono stata e la donna attuale; quindi mi riesce abbastanza facile immedesimarmi nelle storie che scrivo, anche se esse sono di fantasia.

3- Il tuo libro "Mille bolle" cosa ha significato per te?

"Mille bolle" è stato molto importante per diversi motivi. Primo fra tutti, perché sono anche l'illustratrice; poi perché credevo e credo nella bontà del racconto breve per interessare i piccoli lettori.

4- Ogni breve favola del tuo libro ha una morale; vuoi spiegarne il concetto?

La morale, nel mio libro, vuole richiamare l'attenzione del lettore su quelli che sono i temi, forse, più attuali del nostro tempo.

5- Definisci il tuo libro con una frase.

Non ho una frase per definire il mio libro; spero che piaccia, incuriosisca e che il lettore si ricordi di me.

Grazie all'autrice Rosa Bizzintino per le sue risposte.
(intervista a cura di Rosaria Andrisani)
http://www.passionelettura.it/interviste-passione-lettura/intervista-rosa-bizzintino-autrice-del-libro-mille-bolle/

lunedì 29 dicembre 2014

Intervista a Luisa Colombo, di Laura Bassuti.

Incontro con Luisa Colombo, giallista e autrice de I Legami Spezzati, per parlare di libri, web e progetti futuri.


Luisa, come e perché hai deciso di scrivere?
Scrivere è sempre stata la mia passione, posso dire di essere nata con la penna in mano. Ho sempre amato leggere e ho iniziato a scrivere durante l'adolescenza. Ma solo dopo essermi affrancata dall'attività professionale ho potuto dedicarmi alla scrittura e ho autopubblicato il mio primo romanzoNuotando verso la Luna.
Con il secondo I Legami Spezzati ho tentato la via tradizionale e dopo mesi di attesa un editore ha creduto in me e l'ha pubblicato.


Come è nata la storia di Maia Parodi?
Avevo scritto un racconto in un corso di scrittura creativa ambientato in una multinazionale e da lì è nata l'idea di costruire un giallo. La figura della protagonista invece è maturata col tempo, la sua personalità un po' complessa è emersa durante la stesura. Mi sono innamorata di lei e del suo modo di affrontare la vita. Forse in parte mi assomiglia, almeno nella sua tenacia a sfidare gli eventi.


Che tipi di lavoro ha preceduto la stesura del libro?
Un lungo lavoro di ricerca sia in campo farmaceutico su come nasce una formula e tutto il suo iter fino alla commercializzazione, sia sul versante delle indagini.
Per costruire la scena del crimine mi sono avvalsa della collaborazione della dirigente della Polizia Scientifica della Questura di Milano e di un patologo per la stesura del referto autoptico. Senza il loro contributo non avrei mai potuto addentrarmi in questi universi a me sconosciuti.


Pensi alla possibilità di creare una serie gialla con Maia come protagonista?
In un primo momento avevo pensato di continuare con la medesima protagonista scrivendo un serial, ma poi ho cambiato idea, forse anche perché ho in mente altri progetti.


Quali sono le tue letture e gli autori per te più importanti, fondamentali?
Adoro i thriller, ma ho letto di tutto, compresi i classici da quali non si può prescindere. Autori preferiti? Herman Hess, Thomas Mann, Kundera, Pessoa, Nei classici Leopardi, Foscolo, Montale, Pavese e tanti altri che mi hanno formata a fatto crescere.


Cosa pensi del web e delle possibilità che offre a uno scrittore?
Il web può essere uno strumento di comunicazione molto utile che io stessa sto utilizzando per promuovere il mio romanzo. Credo sia importante per farsi conoscere, soprattutto quando si è esordienti come me.


Cosa ci puoi anticipare dei tuoi futuri progetti?
Ho in cantiere un thriller psicologico con protagonista una psicologa che collabora con la omicidi. Penso a un romanzo complesso che sfiori un po' il paranormale,ma non voglio anticipare troppo. In ogni caso continuerò a coltivare la mia passione.


Bio
Nata a Milano il 29 luglio del 1957, mi definisco una persona appagata dalla vita, sono felicemente sposata e ritengo di aver raggiunto un buon equilibrio. Amo la musica, i viaggi, il teatro, il cinema, il fitness e soprattutto sono innamorata dei libri. Ho lavorato per 30 anni nell’editoria, al Touring Club Italiano. Mi sono laureata in Scienze Politiche all’Universita’ degli Studi di Pavia con il massimo dei voti. Ho conseguito il diploma di master shiatsu e il primo livello di reiki. La scrittura e’ sempre stata la mia passione che ho coltivato nel tempo libero. Ho pubblicato il mio romanzo: Nuotando verso la luna, edito da Youcanprint nel giugno del 2011. I legami spezzati è il mio secondo romanzo.

Laura Bassuti

giovedì 25 dicembre 2014

"Amore Latitante", di Fiorella Carcereri.



Sinossi:
"Una bambina, con i suoi sogni e le sue domande. Più avanti, nel tempo, una donna con tante cicatrici al posto dei sogni e, di nuovo, molte domande. Tra questi due estremi oscilla la vita di Valeria, tra un'infanzia in cui ben presto la magia e il mistero delle fiabe che ruotano intorno all'amore svaniscono come neve al sole e un'età adulta costellata di amori sbagliati, di sperimentazioni, ad un tempo incoscienti e masochistiche, alla ricerca di un amore a tutti i costi. Arrivano così, immancabilmente, il dolore e il disinganno che inducono la protagonista ad erigere un'impenetrabile muraglia difensiva intorno a sé. Fino a quando, finalmente, qualcuno riuscirà a crearvi una breccia".



“Amore Latitante”, libro di Fiorella Carcereri – recensione di Francesca Lettieri.

Con Amore Latitante (Ed. Arpeggio Libero, aprile 2013), il suo primo romanzo, Fiorella Carcereri ci propone in prosa le riflessioni che già avevamo potuto assaporare in filigrana tra le pagine di Senza Rete, la sua silloge poetica.

Si tratta di un breve diario: una donna di mezza età, Valeria, ci racconta la sua storia, dal versante amoroso, a ritroso, partendo dal momento in cui ogni bambina viene battezzata come donna fino ad arrivare al presente, in una circostanza scelta come snodo cruciale, svolta e resa dei conti, il momento ideale per ripercorrere il suo iter ed analizzarlo.

Con lo stesso occhio critico di una moderna Virginia Woolf alle prese con l’educazione femminile d’età vittoriana da giovane ragazza, la protagonista subisce le contraddizioni dei modi conservatori dei genitori, sgradevole realtà che accomuna tutte le ormai donne di oggi.

Nella sua esegesi poi, si mostra, contrariamente a ciò che lei pensa di se stessa, una ragazza intraprendente e positivamente emancipata.

Il romanzo gira intorno a due buste, metafore dei due grandi amori della storia: la prima viene trovata da Valeria a metà percorso, all’età di ventiquattro anni, la seconda sul termine, a quarantanove anni. Esse subiscono sorti differenti, che non sarà mio incarico svelarvi e che sanciscono la maturazione avvenuta di una donna finalmente libera da dogmi e convenzioni, che ha imparato a conoscere e ri-conoscere l’amore a dispetto dei cattivi figuri con i quali suo malgrado si è trovata a che fare.

La maturazione è segnata da un lirismo crescente della prosa, che si fa ricca di riflessioni, disegnando una donna non più presa ad osservare le strane giravolte maschili, ma più concentrata sulla sua persona.

Troviamo un ulteriore parallelismo chiave nei due viaggi di Valeria, uno di andata e l’altro di ritorno, ma entrambi di fuga. È solo al termine della storia che Valeria finalmente si ferma,interrompendo il viaggio verso nessun-luogo che portava avanti da una vita intera e riuscendo finalmente a cogliere se stessa nella staticità del bosco da cui ci narra le sue vicende.

Una sottile ironia permea le pagine, quella delle donne forti, capaci di non scoraggiarsi e di non abbattersi di fronte alle sorte avversa, quella delle donne che non si arrendono e alla fine riescono ad arrivare ovunque, non solo, arrivano ovunque a testa alta. Senza rancori, senza remore, consapevoli di aver percorso sino a quel momento un sentiero coerente, sincero, giusto, opposto e parallelo rispetto a tutti gli enigmi che la vita ci riserva.



mercoledì 24 dicembre 2014

La pedofilia vista “dall’orco”: intervista all’autrice di “Prima che cali il silenzio”.

La pedofilia vista “dall’orco”: intervista all’autrice di “Prima che cali il silenzio”
Laura Scanu ha tentato un’impresa che pochi altri, oltre a lei, hanno – sicuramente o probabilmente – tentato: quella di scrivere un libro sulla pedofilia dando voce a “lui”, il pedofilo. Nella vita fa la maestra, ha una laurea in Scienze Politiche e Relazioni internazionali all’Università di Perugia e due figlie ed un marito che tifano per lei. Ma quanto all’idea di scrivere una storia – Prima che cali il silenzio (Ed. Laura Capone) – su un tema tanto delicato e sul percorso che vi è nato attorno, l’intervista di Ladyo è quanto è servito per chiarirlo:

Com’è nata in lei l’idea di scrivere un libro su questo tema? Nel 2007 ha scritto un altro libro su donne e mafia: cosa la spinge a trattare e occuparsi di questi temi delicati?

Sono un’insegnante e vivendo ogni giorno in una piccola società, come la classe, non posso non sentirmi coinvolta. Scrivere di pedofilia, dopo averla tante volte incontrata negli occhi dei bambini, è stato un obbligo morale. Ne ho voluto però parlare dando voce al pedofilo non certo per enfatizzare questa figura, ma anzi per conoscerla meglio e poterla combattere in modo più cosciente. Senza giudizio, senza pietà, ma soltanto perché attraverso una conoscenza più completa si può combattere e soprattutto prevenire.

Del libro si è discusso anche all’interno di scuole e carceri: quali reazioni/commenti/pareri ha suscitato la cosa nei partecipanti al dibattito, in entrambi i contesti?

Una volta, in una scuola, un ragazzo piuttosto arrabbiato, si è alzato e mi ha chiesto: “Ma se un pedofilo avesse violentato sua figlia, lei cosa avrebbe fatto? Avrebbe ancora cercato di vedere il suo punto di vista?”. Un’altra volta, a Regina Coeli, un uomo mi ha detto: “Io la soluzione ce l’ho e costa anche poco, due euro, il costo di una pallottola!”.
Domanda legittima la prima, meno la seconda soluzione: non riporto le mie risposte perché lascio aperto a voi il dibattito e perché l’unica cosa è parlarne senza far mai cadere il silenzio.

Cosa pensa della pedofilia, ragionando da mamma qual è?

Ho due figlie ormai grandi, ma ammetto che il problema è sempre stato un’allerta nella mia vita e vorrei lo fosse per ogni mamma, ogni donna e ogni persona che ama i bambini, quasi come un dovere sociale. Lo raccomando a tutti: attenzione sempre vigile e non solo per i nostri figli, ma anche per quelli degli altri. Se guardiamo i nostri piccoli negli occhi,potremmo leggere tante cose: parliamo con loro e dedichiamogli il nostro tempo!

Cosa l’ha colpita di più della personalità dei pedofili?

Non ho mai incontrato un pedofilo, o meglio nessuno di loro si è mai “confessato”; Al contrario ho conosciuto tante persone che mi hanno raccontato le loro esperienze e… credetemi, non è mai stato facile ascoltare il loro dolore e spesso la loro rassegnazione nel non essere compresi proprio dai familiari più vicini.

Crede che la legislazione (ma anche i servizi sociali) attualmente stiano svolgendo tutto quello che può essere fatto per il recupero di “vittime” e “carnefici”? O avrebbe nuove proposte?

Credo che qualcosa si sia fatto, anche ratificando la Convenzione di Lanzarote (sulla protezione dei minori dall’abuso e dallo sfruttamento sessuale, ndr), ma ancora molto va perseguito soprattutto all’interno del “privato” ancora troppo tutelato o spesso, peggio, ignorato.

Un messaggio per i lettori/lettrici di Ladyo?

Nel mio libro ho dato voce a Paola, la moglie del pedofilo, perchè sono convinta che alcune donne non possono non aver visto…e allora le imploro di non cadere nella trappola ricattatrice e di denunciare, denunciare sempre.
Alle vittime di abusi va il mio abbraccio e vorrei dire che nel libro io ho parlato delle vittime dell’Olocausto creando un ponte di dolore tra quello degli ebrei ed il loro: non a caso gli abusati sessualmente usano appellarsi “sopravvissuti”.

L’autrice ha scelto di devolvere all’ass. La Caramella Buona Onlus (www.caramellabuona.org) contro la pedofilia, i propri diritti d’autore per il sostegno delle finalità istituzionali perseguite dalla stessa.

Emanuela Zanardini 

CHI SIAMO


"Non son stata io, io in persona a levarmi questa mattina? Mi pare di ricordarmi che mi son trovata un po' diversa. Ma se non sono la stessa dovrò domandarmi: Chi sono dunque?". 

Lewis Caroll, Alice nel Paese delle Meraviglie




Salve, sono Emma.
Chi sono io? Una sintesi di note contrastanti.

In me si fondono, in una bizzarra alchimia, note contrastanti, grazie alle quali sono capace di reinventarmi sempre: sono sognatrice e ironica, idealista e consapevole, empatica e complessa, pragmatica e creativa. 
Nata e cresciuta respirando il profumo del mare di Alghero, ora vivo, felicemente, a Copenhagen. Ogni quattro o cinque anni, la mia vita subisce una vera rivoluzione: mi trasferisco in un nuovo paese. Ho vissuto, in precedenza, in Medio Oriente, in luoghi di estremo interesse culturale e storico, che mi hanno permesso di sentirmi "cittadina del mondo".
Sono laureata in Lettere e Filosofia e ho conseguito un Dottorato in Storia delle Arti. 
Scrivo per lavoro e per passione; insegno Lingua Italiana agli stranieri; tengo un Corso di Scrittura creativa; recensisco libri e intervisto scrittori; curo l'editing di saggi e romanzi; mi occupo di Storia delle Donne, di Letteratura e di Iconografia; collaboro per un Magazine online che si occupa di Cultura e Lifestyle. 



Ecco i miei blog ed alcuni siti per cui collaboro:
http://www.passionelettura.it/ 

Il mio sito web: