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mercoledì 18 febbraio 2015

"Momenti di solitudine" di Mirella Frascolla.


La solitudine viene presentata sempre
come un elemento negativo nel vivere.
Qualcosa che bisogna sfuggire a tutti i costi,
con tutta la volontà possibile
in quanto la più triste delle esperienze.
Non sempre è così. A volte
è necessaria come la felicità, la gioia,
la serenità, l’allegria e la compagnia.
A stare da soli con se stessi si impara man mano
e col tempo la sua presenza aumenta.
Essa serve a dimenticare la confusione del mondo,
a catturare il noi stessi che spesso perdiamo di vista.
Prendersi tempo per stare soli è indispensabile,
lascia il posto alla riflessione profonda,
è un incontro finalmente intimo con noi stessi.
Si impara a guardarsi, a interrogarsi, a capirsi senza parlare.
Un incontro utile, esclusivo, segreto,
richiede solo un minimo di spazio e ombra.
Ascoltarsi per migliorarsi,
per disfare il groviglio dei pensieri e dei sentimenti che ci abitano,
per riflettere senza essere interrotti,
per raccogliere e ordinare i pezzi che ci compongono
per dar corpo a idee e progetti per il nostro futuro.
Chi la sfugge non fa altro che inseguire invano
qualcosa che non gli appartiene.
Non vi è nulla di negativo in questo:
è un dovere e un piacere che dobbiamo rendere
a cuore e anima.

Mirella Frascolla

"Risorgerò" di Gerardina Rainone

Risorgerò,
non come venere dal mare
ma dai tuoi pensieri spenti,
limpida presenza senza pretese,
fiamma intensa come il dardo
potente immagine del respiro
ancora vivo e sempiterno.
Risorgerò
nella tua mente
come fresca sorgente,
e non potrai impedirlo,
potrai solo capirlo,
se nella notte fumo
e respiro ancora il tuo profumo.

Gerardina Rainone

"Rosso Antico" di Elisa Signori.



SINOSSI.

Anna Valenti è una giovane investigatrice italo-cubana a capo di un'agenzia privata. Ha da poco perso il fidanzato in un attentato diretto a lei, pilotato dai suoi più acerrimi nemici, e per questo si è presa un periodo di pausa tornando alla casa paterna, dove però non le sarà permesso di restare a lungo a "leccarsi le ferite", perché l'irresistibile richiamo di una nuova sfida la costringerà a tornare sul campo. Questa sfida si chiama "Rosso Antico", un anello d'inestimabile valore che le viene affidato dalla ricca e anziana proprietaria affinché lo protegga sotto copertura durante la mostra sui gioielli d'epoca che si terrà nella deliziosa e idilliaca cornice di CeskyKrumlov, un paesino boemo immerso in un'atmosfera da favola. Da Castelfranco Veneto alla Repubblica Ceca, Anna si troverà catapultata nel mondo dorato della critica d'arte e dei suoi cultori, fra arrampicatori sociali e personaggi senza scrupoli avidi di notorietà, disposti a qualunque cosa in nome della fama e della ricchezza. Aiutata dal fido collaboratore Leonard, Anna si batterà per tutelare la sicurezza di un oggetto che rappresenta non solo un grande valore affettivo e monetario, ma anche l'identità del piccolo paese da cui proviene... perché, come insegna la storia dell'anello stesso, una promessa è una promessa.


STRALCIO.

Le sto affidando il mio anello di fidanzamento, vale a dire il mio cuore. Anche allo sguardo più inesperto non sfugge il suo grande valore economico; ma per me il valore affettivo che questo anello rappresenta non ha pari. Guai se dovesse succedere qualcosa di irreparabile: la mia stessa vita ne risentirebbe.»
Vedendomi così poco convinta (ammiro la bellezza delle pietre preziose ma ne ho anche paura perché ho avuto modo di vedere i danni che provocano, nei vari casi che ho seguito) si decide a raccontarmi la sua storia personale, e quindi anche quella di Rosso Antico. Io però, grazie a Leo, la conosco già. Quando Emanuella finisce di raccontare mi soffermo a osservarlo. È un anello molto particolare, che incanta solo a guardarlo. Il cerchio che si infila al dito è di oro bianco, opacizzato dal tempo. La parte superiore invece, quella dove sono incastonati i granati rosso sangue, è allungata e mossa allo stesso tempo, quasi fosse un serpente.


Elisa Signori

martedì 17 febbraio 2015

"Salutiamo il Carnevale" di Rosaria Andrisani


Salutiamo il Carnevale.
All'anno prossimo, maschera sconosciuta, ti ho cercata tra tante e non ti ho trovato... Maschera bella, misteriosa, ti volevo sui miei occhi per un po', per scrutare gli sguardi altrui senza essere vista, con occhi di bambina...
Maschera bizzarra, desideravo scherzare con te e cercare stelle filanti per ridere della vita, per sognare...
Una maschera, mille maschere... ma lo sguardo non mente e tu lo sai.
Una maschera non per nascondermi, ma per specchiarmi e vedermi diversa, un po' matta, anche solo per un istante...
Rosaria Andrisani

"Cuore a parte" di Adry Write






SINOSSI.
Il romanzo narra le vicende di due ventiduenni, Allegra e Stefano, esaminando separatamente la vita di ognuno in una narrazione in terza persona che lascia ampio spazio al discorso indiretto libero e a dialoghi schietti e frizzanti tra i vari personaggi.La storia ha inizio in estate il giorno del compleanno di Allegra, la quale, come ogni singolo anno, si ritrova alla propria festa circondata da amici fidanzati ma priva di un compagno. Pur essendo a propria volta impegnata, il suo ragazzo è evanescente e presto si vede costretta a troncare la deleteria relazione ritrovandosi, sola e sconsolata, ad iniziare l'ultimo anno di università. Stefano, parallelamente, vive da tempo nel medesimo stato di frustrazione e aridità sentimentale. Superato a fatica il trauma della rottura con l'ex ragazza, decide di ''tornare in pista'', risolvendosi, sotto suggerimento del fratello Fabrizio, impenitente donnaiolo, per la pura ricerca del piacere fisico. Essendo tuttavia un giovane d'indole romantica, finisce con l'innamorarsi di una ragazza da poco conosciuta, Alessia, la quale inizialmente non sembra ricambiarlo. A Dicembre le vicende di Stefano e Allegra finalmente si incrociano. La scintilla tra i due non si fa attendere, manifestandosi però sotto forma di un'irresistibile attrazione fisica, che li porterà, nonostante la forte diversità di caratteri ed un atteggiamento reciprocamente guardingo, ad approfondire la conoscenza l'uno dell'altra...

STRALCIO.
Non si stavano semplicemente guardando, c'era di più. Con gli occhi quei due facevano la guerra, facevano l'amore. Era una lotta, una battaglia continua senza esclusione di colpi. Era passione e repressione, frustrazione ed esplosione. A un passo dall'estasi, a un passo dall'abisso. Erano migliaia di scariche elettriche, arcobaleno e tempesta insieme, toccare con mano il fuoco senza bruciarsi, ballare in mezzo a un uragano.
Adry Write

"Se avessi le ali" di Cloe Sei.



Se avessi le ali potrei guardare dall’alto il mio vissuto. Sfumerebbero i dettagli, l’insieme acquisterebbe corposità nella sua interezza e potrei guardare alla mia vita con distacco.
Se avessi le ali potrei guardare dove voglio, potrei zummare sugli angoli della mia realtà a mio piacimento ed alla visione d’insieme potrei far succedere l’attenzione per il particolare.
Se avessi le ali potrei allontanarmi dalla monotonia della quotidianità ed abbandonarmi al volo libero, verso cieli tersi, mari tranquilli e libero pensiero.
Se potessi avere le ali, potrei volare lontano da tutto ciò che non mi appartiene e avvertire pienamente il senso della mia esistenza.
Avere le ali mi consentirebbe di rigenerarmi, ma anche, quando lo volessi, di poter tornare al mio amato nido.
Cloe Sei

lunedì 16 febbraio 2015

"Il fuoco della verità" di Nora Cocian.



Sinossi.
La morte improvvisa dei coniugi Mac Talbot, ricchi armatori scozzesi, getta nel panico la cittadina di Blantyre. Tutti si chiedono chi salirà alla guida delle Mac Talbot Industries. I candidati sono i tre figli: Damian, il suo gemello Roscoe e Gladys, oltre ad alcuni membri del consiglio di amministrazione che aspettano come avvoltoi l’occasione di accaparrarsi la poltrona del comando. Ma non è detto che la morte dei Mac Talbot sia stata un incidente. Il detective Gleason, infatti, ha dei seri dubbi in proposito e decide di aprire un’indagine riservata.
L’evento funesto richiama a casa Roscoe, il quale non fa più parte della famiglia da tanti anni. Si è trasferito in America dopo aver fatto fortuna con i diamanti. Roscoe torna a Blantyre non per piangere i genitori, ma solo per impossessarsi dell’anello di famiglia, l’unica cosa che lo interessi davvero.
Il ritorno a casa è un tuffo nel passato e i vecchi trascorsi e le conoscenze di una volta ritornano a galla. Rose, il suo amore di gioventù, non è quasi per niente cambiata ed esercita su di lui lo stesso fascino di un tempo. Il rapporto con i fratelli invece, è fatto solo di litigi: i tre non sono fatti della stessa pasta. Roscoe non vuole piegarsi alle rigide regole della famiglia, Gladys paga il prezzo di scelte sbagliate e di una vita vissuta all’insegna del controllo, Damian, il più pacato, sembra essere immune al gene ribelle dei Mac Talbot, costretto a nascondere la sua vera inclinazione.
Nella tranquilla Blantyre fa la sua comparsa Chiara, cugina del detective, un’infermiera italiana, dal passato travagliato. Tra Roscoe e Chiara l’inizio non è dei migliori. Lei, tipica bellezza mediterranea, è molto diversa dallo standard delle donne a cui il tenebroso Highlander di solito si accompagna. Fra loro sono subito scintille, prima che la passione divampi.
Anche la vita perfetta di Gladys ha le sue crepe e i suoi risvolti. Con un matrimonio fallito alle spalle, crede che tutti gli uomini siano privi di scrupoli come il suo ex marito.
Damian, imbrigliato nel ruolo di perfetto capofamiglia dopo la morte del padre, ha chiuso a doppia mandata la sua vera natura. Solo grazie alla presenza costante del fidato amico Brian riuscirà a dare spazio ai suoi sentimenti.
La lettura del testamento sconvolgerà i piani di tutti, dando così inizio a una serie di vicende, colpi di scena e amori impensabili che porteranno i nostri eroi all’acquisizione dell’eredità e alla scoperta del mistero Mac Talbot.
 
Nora Cocian

"Rosa Park" di Mariella Montuori



Anni fa, il settimanale Time la nominò una delle cento donne più influenti del ventesimo secolo.

Stiamo parlando di Rosa Parks, la ”madre dei diritti civili”, l’attivista afroamericana impegnata nella lotta contro i soprusi e il razzismo in un’America piena di pregiudizi e di odio nei confronti dei neri, dove, nonostante la schiavitù fosse stata già abolita da quasi un secolo, le discriminazioni razziali erano all’ordine del giorno.

Conosciuta anche come “the woman who didn’t stand up / la donna che non si alzò” Rosa Parks, il primo dicembre 1955 a Montgomery, in Alabama, si rifiutò, con coraggio, di cedere il suo posto ad un passeggero bianco, come imponeva la legge del tempo, che assegnava degli spazi delimitati agli afroamericani. Un gesto che comportò il suo arresto, ma che fu l’inizio di una lotta che destò l’attenzione di tutta l’opinione pubblica.

Fu organizzato un boicottaggio che durò ben 381 giorni sugli autobus a Montgomery. Le coscienze iniziarono a scuotersi ma, soprattutto, il gesto di Rosa Parks fu elemento propulsore per la nascita del movimento per i diritti civili che portò alla dichiarazione di incostituzionalità della segregazione sui mezzi pubblici dell’Alabama. Infatti, nonostante le violenze e le intimidazioni per far cessare il boicottaggio, che stava quasi costringendo al fallimento la compagnia di trasporto, il 13 novembre 1956 la Corte suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale la segregazione sugli autobus.

Fu il primo passo su un sentiero erto, costato sofferenze e sangue per l’affermazione dei propri diritti e per la piena integrazione razziale. Grazie ad un gesto di coraggio e alla disobbedienza di una piccola donna che in seguito dichiarò di essere stanca… ma non per il troppo lavorare; era stanca di arrendersi, di cedere, di chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie. E ben presto, insieme a lei, tutta la popolazione nera di Montgomery trovò la forza di far sentire la propria voce.

Tra gli organizzatori del boicottaggio c’era anche un pastore battista ventiseienne di nome Martin Luther King che, in seguito, in merito al gesto di Rosa Parks, scrisse: «l’espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà» e che Rosa «rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future».

Atti di protesta continuarono sia prima che dopo il processo… e la stessa Parks continuò ad essere impegnata in prima persona nella lotta al razzismo, alla segregazione e alla discriminazione, incitando a resistere e ad affrontare le difficoltà nel nome del principio di non violenza.

Nel 1999, Bill Clinton disse: «Mettendosi a sedere, lei si alzò per difendere i diritti di tutti e la dignità dell'America».

Morta nel 2005, Rosa Parks ci lascia un’eredità preziosa ma difficile da gestire, in un mondo che ha ancora tanto da imparare. Le sue battaglie sono ancora attuali. E’ stata ed è un’icona di grande civiltà che ha lottato fino alla morte con tenacia per l’affermazione dei diritti e della dignità della persona.

Parole come diversità, rispetto, integrazione, coraggio, tolleranza, non violenza, diritti umani, pari opportunità, immigrazione e senso di accoglienza producono un’eco altisonante e assumono connotazioni ben precise parlando di Rosa Parks, che ebbe il coraggio di ribellarsi, sedendosi su un autobus come una bianca e dichiarando: « Doveva esserci un punto d’arresto, e sembra che quello sia stato per me il punto in cui smettere di lasciarmi bistrattare e scoprire quali fossero, se mai ne avevo, i miei diritti». 
Mariella Montuori
tratto da

sabato 14 febbraio 2015

"Nemesi" di Gerardina Rainone


Bella senza paura
come nemesi oscura
riporti il verso dei suoi affanni
ripercorri ancora le quiete vie
dove il respiro si colora e lui,
scandisce ora le stanche rime
diletto e gioco della ragione,
ma lasci spazio all' emozione.
figlia solo dell'amore,
dove non entra il suo dolore.

Gerardina Rainone

"Il Fiume" di Cloe Sei


Scorre lenta la vita
In via Reno
Tra oleandri in fiore
Vezzosi roseti
Edere abbarbicate
E pini, svettanti
Verso il cielo terso.

Dorme la strada
Nel primo mattino
Domenicale
Al verso delle rondini
Allineate sui fili,
Scomposte nei voli.

Scorre
Senza salti apparenti
Senza rapide violente
Ma a piccoli balzi
Che solo a tratti,
Inavvertiti,
Sconvolgono acque serene.

Cloe Sei

"Paolo e Francesca" di Amos Cassioli, di Mirella Frascolla


PAOLO E FRANCESCA di Amos Cassioli (1870). La storia dei due giovani è realmente accaduta nel XIII secolo nel Castello di Gradara. Una vicenda conosciuta grazie alla citazione che il sommo poeta Dante ne fa nell'Inferno.
Quest'opera a mio avviso rappresenta una delle immagini più intense dell'amore nell'arte. I due giovani si amano di nascosto, la loro passione è scoppiata inaspettatamente e risulta purtroppo difficile da vivere come essi vorrebbero. L'artista coglie nell'immagine il gesto d'amore per eccellenza: il bacio. Francesca ha un attegiamento composto e intimidito, Paolo è colui che per tradizione deve farsi avanti. Le labbra si sfiorano, il desiderio e la dolcezza tra i due si percepiscono pienamente. Tra non molto la tragedia li travolgerà ma per il momento essi vivono un momento sospeso nel tempo perchè nel loro caso l'amore è totale abbandono.

Mirella Frascolla

venerdì 13 febbraio 2015

"Strategia d'amore" di Gerardina Rainone

Ricami tramonti
e neve sui monti,
come ambrosia
sono i tuoi racconti,
le tue parole
struggente assolo,
che scolpisce il desiderio
e divampa nel pensiero.
Tu mi incanti ma non solo,
sai ascoltare con calore,
leggi gli occhi sul mio viso
regalandomi un sorriso.

Gerardina Rainone

Una donna che abbraccia il mondo, di Eleonora Epis.


Una donna che abbraccia il mondo, abbraccia tutto l'universo. Lui le appartiene e lei appartiene al tutto.

Eleonora Epis

"Il mercante di anime" di Giordana Ungaro.



Sinossi.
“I miracoli sono davvero opera della misericordia di un Dio? E se non fosse lui a esaudire le nostre preghiere? Lo scopriranno presto Gustav Felix, imprenditore di successo, e sua moglie Nadia, quando le loro vite si intrecceranno a quella di Jesus Rachid, un’inquietante antiquario di mezza età che, oltre a splendidi oggetti d’arte, si diverte a mercanteggiare anche le oscure voluttà dell’animo umano. Assieme a Margareth Strauss, Julian Simonelli, Alex Bosi, e alla piccola Sarah Linder, scopriranno che c’è un terribile prezzo da pagare per chi cerca di comprare la felicità”.

Stralcio.
Prego signora Strauss, basta una goccia del suo sangue nel calamaio,una firma lì sotto e avrà ciò che desidera,” la incalzò lui allargando il sorriso. “è un semplice contratto, legga. Bellezza e giovinezza in cambio della sua anima.”
Margaret sbirciò il foglio, lesse le poche righe scritte a mano in un elegante corsivo che promettevano esattamente ciò che lui aveva appena detto. In calce c’erano la sua firma e un sigillo di ceralaccarossa ad autenticare il tutto; le iniziali R.J. erano incastonate al centro di una stella ebraica. Allungò la mano e afferrò la penna d’oca tra le dita ma era titubante e soprattutto scettica. Possibile che quell’insignificante omuncolo fosse sul serio il Demonio, o un suo emissario? Si sentì ridicola. “Senta, signor Rachid se io non invecchierò e non mi ammalerò come posso morire? Lei come farà ad avere la mia anima?” chiese.
L’uomo si appoggiò allo schienale della sedia e intrecciò le dita sul ventre. Sembrava calmo e rilassato.
“Non si deve preoccupare di questo, sarò io a venire a reclamare ciò che mi spetta a tempo debito.” Margareth scoppiò a ridere e sidiede della stupida, rendendosi conto dell’assurdità di quella situazione. Come aveva potuto pensare, anche solo per un istante, che fosse vero? Ritrovò compostezza e sicurezza di sé, poggiò la penna d’oca sul piano e affrontò quel tizio che credeva di essere chissà chi. “Senta, è stato molto divertente tutto ciò ma non credo che lei possa veramente…” Lui la interruppe, porgendole lo specchio poggiato sulla scrivania.
“Ha ragione” disse. “Tenga e guardi ciò che le offro.” Margareth esitò, poi lo prese e si specchiò. Riflessa non c’era la vecchia signora che ritrovava tristemente ogni mattina, bensì la giovane e bella Maggy di un tempo. Portò una mano al volto toccando incredula le gote rosee e lisce mentre la sua bocca si apriva in una o di stupore. Sgranò gli occhi colmi di lacrime nel rivedere quella bellezza che pensava perduta per sempre. Rimase a osservarsi a lungo, l’immagine fece svanire tutte le remore e non le interessò più sapere che magia fosse o quale fosse il prezzo da pagare. Poggiò lo specchio e si punse un dito con lo spillo finché un’unica goccia di sangue cadde nell’inchiostro nero. Riprese la penna d’oca tra le dita, la intinse e firmò il contratto in duplice copia. All’esterno un ratto urlò."

Giordana Ungaro

giovedì 12 febbraio 2015

"L'altra faccia della luna" di Gerardina Rainone



L'altra faccia dell'amore,
una lacrima sola spuntò sul suo viso
quando capì che era finita
lei che aveva imparato a soffrire
lei che aveva insegnato ad amare
ora conosceva il male,
un riso amaro ma non vano
seduta da sola sul divano,
percosse e botte non la toccavano
ma le urla al cuore le pesavano,
aveva creduto nel cambiamento
fino all'ultima goccia di sentimento.
Non era contenta né felice
e sradicata alla radice,
ma sapeva
che aveva raggiunto il fondo,
ora era padrona di nuovo del mondo.

Gerardina Rainone

mercoledì 11 febbraio 2015

"Quando un uomo" di Mirella Frascolla.



QUANDO UN UOMO
Quando un uomo si innamora
non lo dice apertamente,
fatica ad ascoltare il suo cuore,
cerca sempre di voltargli le spalle,
non sa bene che strada scegliere.
Dapprima è indifferente
alle tempeste dell'amore,
resiste alla debolezza
della mancanza di difese,
sfugge alla tenerezza
per paura di mostrarsi bambino.
Le donne manifestano l'amore
nei fatti, nei giorni, nel tempo.
Da sempre si identifica l'amore con le donne
e le femmine di ogni specie.
Gli uomini hanno timore
nell'iniziare un amore
ma quando ne vengono travolti,
nessuno può fermarli.
La tenacia e la dolcezza
finalmente si fanno strada
allontanando quelle paure
che di solito li immobilizzano.
Sanno essere presenti e attenti
come richiede l'amore.
Mi sono spesso domandata
perchè scrivere le più toccanti parole d'amore
sia privilegio degli uomini.
Nessuno come loro riesce a creare
i pensieri più intensi
e indelebili sull'amore.
Li ammiro per questo dono
ma continuo a pensare che
la conoscenza del vero amore
risieda ancora nei cuori femminili.

martedì 10 febbraio 2015

"Il Dono" di Cloe Sei




Mi piacerebbe
Ricevere un dono.
Aprire la porta
E vedere un sorriso
Affacciarsi tra i fiocchi
E scatole vuote
E scatole grandi
E scatole piccole
Dentro le grandi
E scatole piene
Di gioia,
Di pensieri.


Cloe Sei

"Il sentiero dei profumi" di Cristina Caboni. Recensione di Chiara Minutillo.


Ci sono libri da cui é difficile staccarsi. Libri che non si riescono a terminare, perché anche dopo averne letta ogni singola parola, i loro personaggi continuano ad accompagnarci. Ci sono libri che ci entrano dentro, si prendono prepotentemente e dolcemente allo stesso tempo uno spazietto nel nostro cuore. Libri che ci hanno colpito a tal punto, da impedirci di parlarne finché non li abbiamo assimilati. Ci sono libri a cui continuiamo a pensare, a cui non possiamo fuggire. Ci sono libri di cui non possiamo scordare la storia, gli insegnamenti, i protagonisti. E c'é un libro di cui non si possono scordare i profumi. 
"Il profumo non é qualcosa che si sceglie. Il profumo é il sentiero. Percorrerlo significa trovare la propria anima. [...] Al profumo non si mente. Il profumo é la nostra vera essenza".
C'é un libro che descrive il profumo del sole e dei campi. Ci coinvolge con il profumo di Parigi e di Firenze. Soprattutto, c'é un libro che parla dell'odore dell'abbandono e della disperazione, dell' odore della rabbia, dell'orgoglio e dell'arroganza, del profumo dell'amore, della famiglia, dell'amicizia, della nostalgia, e poi ancora dell'essenza del ricordo, della morte e della nascita. Ci sono i profumi standardizzati e i profumi dell'anima. Esiste un Profumo Perfetto per ciascuno di noi, un profumo il cui compito é raccontare. E allora lui narra i nostri progetti e le nostre ambizioni, i nostri sogni e le nostre paure. Parla di ció che amiamo e di ció che odiamo. Perché il profumo, quello vero, quello che Elena e la sua famiglia conoscono da generazioni, arriva dritto al cuore. Semplicemente perché non esiste profumo che non nasca da un sentimento.
"Lui ruba gioia al mio cuore, la luce alle stelle e non se n'avvede. Si puó morire d'amore? Quale carico di dolore puó patire un animo? Mi interrogo mentre sorrido ove vorrei che il pianto alleviasse le mie pene. La sua fortuna é la mia disgrazia. Mi procurai da sola questo tormenti. M'ingannai sul suo amore. Non ho onore e non m'importa. Se lui mi volesse, gioirei ai suoi piedi. Ma inutile é ormai questa considerazione. Ció che gli serviva é di giá suo".

Chiara Minutillo

lunedì 9 febbraio 2015

" Magia" di Cloe Sei.



Era come se quel ramo di glicine
stesse lì ad attendermi
ogni mattina.
Aveva intorno un'aria di mistero
fatta di luci e di ombre.
I miei occhi infantili
lo cercavano
e spaziavano
nel mondo delle fate.

L'ho cercato ancora
con lo sguardo timoroso
di superare la curva
dove un tempo mi attendeva.
Era lì
e per un attimo
il mio tempo è ritornato.

Cloe Sei

"La Madonna Annunciata" di Antonello da Messina, di Mirella Frascolla.


La MADONNA ANNUNCIATA é un dipinto eseguito nel 1476 circa, a tempera ed olio su tavola da Antonello da Messina. Maria viene rappresentata nel momento in cui riceve la notizia dall'arcangelo Gabriele della sua futura gravidanza e del compito che le viene da quel momento affidato. Il colore blu cobalto del suo velo spicca sul fondo scuro. E' un momento di grande intimità e silenzioso rispetto. Maria è una giovane donna in carne e ossa, probabilmente raffigura una ragazza siciliana del tempo. Ha un'espressione pensosa ma serena per nulla turbata da un avvenimento che le sconvolgerà la vita. La mano destra è in prospettiva e sembra voler comunicare, attraverso quel piccolo gesto, tutta la sua volontà di obbedire. L'altra mano stringe il velo per chiuderlo in segno di pudore. Davanti a lei un leggio dell'epoca e un libro aperto. Una ragazza rinascimentale quindi, una donna reale, dal volto delicato ma deciso. Un altro ritratto di una figura che esprime un suo autonomo modo di agire, nella sua semplicità e nella sua dolcezza sta la forza di questa madre giovanissima che non è diversa dalle donne comuni. Una donna che il pittore vuole far apparire colta e raffinata.

Mirella Frascolla

Una scrittrice si racconta: Clara Cerri.



Ho cominciato a scrivere quando me l'hanno insegnato, non un minuto prima. Ricordo una mia compagna che era arrivata in classe in prima elementare piangendo: "Non so leggere e scrivere!". Ma che stupidaggine!, pensai, Ce lo devono ancora insegnare, no? Siamo qui per questo. Sì, ero pedante. Anche piuttosto antipatica, a volte. Ma mi perdonavano perché facevo ridere e scrivevo storie gialle con una formica detective per protagonista. Mai più scritto un giallo in vita mia, peraltro. Poi a quindici anni decisi di scrivere un romanzo comico con una mummia che si risveglia, e quella fu la mia rovina. Devo fare tante ricerche per poterlo scrivere, mi dissi, e presi la cosa talmente sul serio che mi misi a studiare egiziano antico all'Università. Ho passato trent'anni col naso tra libri, dizionari e fotocopie, e quel romanzo non l'ho più finito di scrivere, purtroppo. Il mondo accademico mi ha fatto scrivere e scrivere per anni, poi ha decretato che quello che scrivevo non era noioso abbastanza, quindi non era serio. Sapete come dicevano gli antichi Egizi? 
"Non essere troppo dolce o sarai inghiottito, non essere troppo amaro o sarai sputato". 
Quindi non mi sono amareggiata. Ho fatto un corso di Scrittura creativa con il Fondo sociale europeo e ho ripreso a scrivere seriamente, riuscendo così a pubblicare il mio primo libro di narrativa, "Dodici posti dove non volevo andare" (edizioni Lettere Animate). Com'è? Come una formica detective o una mummia che fa ridere invece che fare paura: una cosa che non ti aspetti. Una raccolta di racconti o un romanzo a capitoli sparsi, una saga familiare dove si raccontano memorie tristi e comiche mescolate assieme, dove l'amore e l'eros vanno a braccetto con l'ironia e il bello della storia si presenta ubriaco. Non vi dirò mai quello che è vero e quello che è inventato. Ho scelto un nome d'arte apposta, del resto. Se riesco a farvi riconoscere in qualcosa che ho scritto, sarà tutto vero. 

STRALCIO.

Sto tremando. Non so da dove tiro fuori tanta rabbia. Sento che mi esploderà qualcosa nel cervello se non interrompo questa corsa. "Scusami. Tu volevi sapere di Elena e Salvatore, se si amavano ancora. Penso di sì, sai. Non è una cosa che puoi fare solo per dovere, senza nessuno che ti ami e ti sostenga. Per me e Giulio è così", sospiro. "Credo. E poi essere un albero, ma chi se ne frega, era un'idea cretina. In un romanzo c'era una che si sentiva un grande albero e voleva dire che ormai era troppo vecchia per pensare al pisello. Io non sono ancora troppo vecchia".
Rita ride suo malgrado. "Basta, dai. Non mi importa niente di Elena e di Salvatore, erano solo un'incarnazione dei miei desideri. Sembravano così forti solo perché so che il tempo non è eterno". 
Scuoto la testa. Non è quello il punto, maledizione! 
"Rita, se tu dovessi chiedere un miracolo, un miracolo solo, cosa chiederesti? Qual è la cosa che ti farebbe strisciare con la lingua a terra fino a un altare? Perché sarebbe una cosa enorme, capisci? Sarebbe concentrare un'energia tremenda sulla tua vita, che ti potrebbe incenerire! Vorresti che Giuseppe ti amasse come tu lo ami, che ti facesse sentire in diritto di vivere? Ma lui è solo quello che è, il frutto del suo destino. Come mio figlio. Non c'è un altro Giovanni sano e intatto sotto la malattia. Non c'è un altro Giuseppe. Sai qual è il mio rimorso peggiore, quando mi guardo indietro? Non aver amato di più mio figlio quando non mi sembrava nemmeno umano".

Clara Cerri

"Un giorno per innamorarmi", di Marianna Mineo.



SINOSSI
"Mi sono innamorata di te. In un giorno. In un'ora. Dal primo istante in cui ho incrociato il tuo sguardo".

Beatrice lascia Giuseppe, il suo ragazzo. È convinta che i sentimenti d'amore che prova per lui sono ormai evaporati, lasciando il posto alla semplice amicizia. Una sera, per festeggiare questo cambiamento, esce con Yasmine, la sua migliore amica. Ma un incidente improvviso cambia il destino di Bea. In ospedale incontra Gabriele che scombina la sua vita, confondendo la sua mente. Riuscirà Beatrice a comprendere quello che realmente vuole il suo cuore?


ESTRATTO.
Ambulanza, luci blu, sirene. Il nulla ai miei occhi. Poi l’ospedale. Ero sveglia. Io stavo bene. Avevo gli occhi aperti, seduta su quella barella impaziente di avere notizie riguardo le condizioni della mia migliore amica. 
«Come sta la mia amica?» chiesi con un fil di voce.
«Signorina, pensi prima a stare bene lei.» Continuarono a mettere la fascia sul mio polso. Io avevo solo qualche graffio sul volto e una contusione al polso sinistro. 
«Cazzo, io sto bene! Voglio vedere Yasmine, ditemi dov’è» gracchiai. 
«Signorina, è meglio che esca a prendere una boccata d’aria, le comunicheremo presto notizie della sua amica.» Boccata d’aria fu. Seguii il consiglio dell’infermiera e mi ritrovai fuori a prendere un po’ d’aria. Ero talmente tanto sbadata e confusa che sbattei contro il corpo di un uomo con le stampelle. 
«Mi scusi» alzai gli occhi per puntarli sul viso dell’uomo. 
«Oh mi scusi, mi scusi tanto» ripetei in imbarazzo. Occhi verdi che mi squadravano da capo a piedi, capelli color castano scuro, maglioncino nero, jeans e sneakers Nike verdi. Proprio come le mie scarpe. E quelle fottute stampelle che mi misero in imbarazzo. Ero andata addosso a un ragazzo che aveva problemi alle gambe. Che imbecille! 
«Non è nulla. Smettila di scusarti.» 
Quella voce così sensuale mi fece barcollare. Rischiavo di cadere per terra, ma per fortuna le gambe non mi tradirono. 
«Gabriele, piacere» disse sorridendo, allungando - anche se a fatica - una mano verso di me. 
«Beatrice» risposi, contraccambiando la stretta, con la poca forza che mi era rimasta e con la mano “buona”. Perché si era presentato? Chi era? Che cosa voleva? Non stavo bene. Mi girava la testa. In un attimo, svenni tra le sue braccia. Ottimo!

Marianna Mineo

sabato 7 febbraio 2015

Donne all'Opera-La Voce (Parte 2), di Chiara Minutillo





Per andare a fondo nel mondo dell’Opera è necessario conoscerne gli aspetti principali, ciò che la caratterizza. L’ascolto di un’opera in musica non deve necessariamente essere direttamente proporzionale ad una profonda cultura del genere. Tuttavia, l’idea anche oggi molto comune secondo la quale il piacere di ascoltare un’opera sia basato sulla conoscenza, ovvero su un lavoro di preparazione precedente, riemerge più volte nel corso della storia del Melodramma. Giusto per fare un esempio, nel 1841 Carl Maria von Weber presentò il suo Der Freischütz (Il franco cacciatore) in francese a Parigi. Ritenendo che il pubblico non potesse comprenderlo senza un’adeguata preparazione, Richard Wagner scrisse un minuzioso articolo per istruire il pubblico sul contesto, sulla trama e sull’importanza culturale di quell’opera.

In anni recenti, sviluppi ed esperimenti effettuati nel mondo della musica hanno posto l'accento sul fascino esercitato dalle voci liriche. L'incredibile capacitá di emozionare, peró, non é l'unico aspetto che rende la voce il carattere distintivo dell'Opera. In particolare per quanto riguarda le voci femminili, la prestazione è fondamentale. Pensiamo per un attimo alla messa in scena di un’opera: raramente le scenografie sono minimaliste. Questo costringe le interpreti a muoversi in un spazio ancora più piccolo di quanto già sia un palco, che difficilmente ai nostri giorni si estende nella sala, come era invece tipico nei secoli passati. Il ridimensionamento del palco è in parte dovuto all’orchestra, che dai primi del Novecento giace in una cavità davanti o sotto al palco stesso, limitando quindi le misure di quest’ultimo. L’orchestra stessa è il secondo motivo per cui la voce gioca un ruolo fondamentale. Le orchestre sono mediamente composte da cento musicisti, comprendendo ottoni acusticamente aggressivi e molti strumenti sviluppati per produrre una maggiore intensità sonora. Senza l’uso di microfoni o amplificatori, considerati inutili, una vera e propria stampella di cui una vera cantante non ha bisogno, i cantanti devono prevalere su questo schieramento di strumenti che spesso producono una musica particolarmente vigorosa. La voce femminile, compresa quella del soprano drammatico, essendo più acuta tende a disperdersi più facilmente, al contrario di quella più grave di tenori, baritoni e bassi, che invece si estende maggiormente. Le abilità in tal senso di soprano, mezzosoprano e contralti devono essere tali da permettere loro di farsi udire anche dagli spettatori più lontani, come accade, per esempio, al Metropolitan Opera Theatre di New York, dove la poltrona più lontana dal palco dista circa cinquanta metri o, per restare vicino a noi, all’Arena di Verona dove, oltre a esserci gradinate lontane, la struttura non ha altro soffitto se non il cielo, quindi la voce femminile può contare solo sulla propria abilità e, in parte sulla forma particolare dell’Arena stessa, ma non sul riverbero che il soffitto di un teatro contribuisce a produrre. Tanto più se consideriamo la necessità di una cantante di esprimersi spesso in un duetto con una voce maschile o di farsi sentire in un coro. Un terzo aspetto riguarda le trame stesse. Ciò che ha reso famoso il Melodramma sono state le grandi voci che ha saputo portare in scena, ne è dimostrazione la conoscenza che molti di noi hanno di soprano e di tenori piuttosto che di opere e relativi personaggi. Questi tre fattori, uniti alla bellezza della voce lirica, rendono questo tipo di canto unico e inimitabile, capace di stupire ed emozionare ogni generazione da secoli.

Avvicinarsi all’Opera è però un mestiere tutt’altro che facile. Apprezzare le voci è il primo passo per acquisire una sorta di consapevolezza e imparare a lasciarsi emozionare da ciò che un essere umano può fare e trasmettere, ma per quanto possa essere la cosa più importante, non basta. Avvicinarsi all’Opera richiede passione e apertura mentale. Bisogna anche sapere da dove cominciare, quali opere valgono la pena di essere prese in considerazione per prime, perché di più semplice comprensione o perché più coinvolgenti. La Traviata, citata molte volte in precedenza, potrebbe essere uno dei possibili inizi: è in lingua italiana, la storia non è completamente inverosimile anche se tragica, la trama è molto semplice e il cantato permette di capire molto di ciò che viene detto, oltre a portare in scena personaggi interessanti e coinvolgenti. Come ultima cosa, ma non meno importante, è stata interpretata da alcune tra le più grandi voci del Novecento e del nostro secolo. Artiste del calibro di Maria Callas, Joan Sutherland, Renata Scotto e Anna Netrebko hanno prestato le loro meravigliose voci a Violetta, rendendola un’icona dell’Opera italiana nel mondo e uno dei personaggi più evocativi e appassionanti che siano stati creati.

Chiara Minutillo

giovedì 5 febbraio 2015

"La semplicità" di Mirella Frascolla.



LA SEMPLICITA’
Se penso alla realtà che viviamo
e alle sue mille facce
difficilmente intravedo la semplicità,
anima dei tempi passati
orgoglio degli individui
manifestazione di sapienza
armonia cercata.
Le complicazioni ne hanno preso il posto
con il risultato al contrario:
confondono, depistano, affaticano e allontanano.
Perdute le tracce del sentire semplicemente
del dire le parole vere e forti
del rispettare le età nella vita
dell’ascoltare la direzione dei venti
del vivere annusando la terra
del riposare sotto gli alberi
del distinguere i rumori di strada
del costruire solidi muri
del profumo del pane caldo
della biancheria lavata col sapone
del calore di corpi familiari
dei giochi senza orario in cortile
dell’eleganza fatta di discrezione
del sacrificio che porta alla conquista
mi domando se è ancora possibile
tornare a guardare la vita
con lo sguardo dei semplici.

Mirella Frascolla

"Ricominciare a vivere" di Laura Gismondi.






Mi chiamo Laura Gismondi e sono nata in un piccolo paese del sud e con me la mia passione per la scrittura che, ho coltivato in età adulta in momenti dolorosi e significativi.
Nelle mie prose e poesie racconto il mio mal di vivere, la ricerca continua di un equilibrio interiore, il desiderio di amare ed essere amata, la voglia di combattere e la profonda bontà.


Ho pubblicato un libro biografico, Ricominciare a vivere, che racconta le nostre emozioni quotidiane e i nostri desideri repressi.
La protagonista ci dà degli assaggi della sua vita, passo dopo passo, dall’infanzia alla maturità.
La storia di una donna cresciuta in un piccolo paese dell’Italia meridionale, dove le vite s’incrociano tra il mormorio della gente, la mentalità tradizionalista e un’educazione all’insegna del giudizio di chi la circonda.
In età adulta, durante il cammino, si scontra con l’incapacità di saper vivere, l’inconsapevolezza del proprio io e l’analfabetismo di sentimenti, ereditato dalla famiglia e peculiare nella vita matrimoniale dove, gli interessi economici ne sono alla base.
Riscopre il valore dell’amicizia e dell’amore, lasciandosi trasportare da un vortice di emozioni.
Nel culmine della sua maturità farà una scelta, con il suo bambino, che le segnerà per sempre il corso della vita, allontanandosi definitivamente dai suoi affetti familiari.

La protagonista guarda il presente e il passato e segue il suo destino, dove questo lo chiama ovvero verso un nuovo amore in una nuova città.
Il linguaggio è trasparente, immediato, capace di dialogare con il lettore, rendendo i miei pensieri fruibili, un luogo d’incontro, un viaggio letterario, che lascia assaporare al lettore numerose fragranze primaverili e acri sentieri autunnali, segue, poi, in età più matura a disvelare l’ inappagatezza del vivere umano.
Scritti colmi di nostalgie, di pianti, bisbigli, grida di dolore, diventano immagine concreta.
Profondamente evocativa, la protagonista scandisce un mondo espresso quasi per fotogrammi, bianco-nero, tra deliziose metafore caratteristiche per la loro semplicità.

STRALCIO
"Sì stringeva al suo piccolo e con voce tremolante, gli raccontava la sua favola preferita.
Lasciava che le lacrime scendessero liberamente; fece traboccare il dolore, la delusione, la sofferenza. 
Permise che quei sentimenti la travolgessero. 
Non riusciva a vedere una via d'uscita. 
Solo una volta aveva pianto così intensamente, alla scoperta della malattia, ma adesso credeva che, non avrebbe mai smesso....".

Laura Gismondi

"Talenti di donna" di G. Gaetano e M. Allo, recensione di Rosaria Andrisani.



Talenti di donna nasce da un progetto di Gloria Gaetano, che si avvale della collaborazione di Maria Allo. Siamo di fronte a un libro molto particolare, una intelligente e costruttiva discussione sull’universo femminile, in rapporto alla scrittura, alla cultura in generale, all’arte in ogni sua manifestazione, al cammino intellettuale e al ruolo sociale che la donna ha avuto nei secoli, sino a oggi.

Nell’introduzione, Gloria Gaetano afferma che “Le scrittrici, per riuscire ad esprimere tutto il loro mondo, sono costrette ad utilizzare il linguaggio della tradizione, la lingua codificata dal maschio; non vi si riconoscono e cercano allora di adattarla alle proprie esigenze dando attenzione alle singole parole, creando neologismi, caricandola di espressività”. Si parte, dunque, da una certa marginalità, sebbene ingiustificata, che la donna ha avuto, da sempre, nella società e, in particolare, nella cultura, intesa in senso lato, ponendo attenzione alla letteratura femminile; “Per questo, studiare la produzione letteraria femminile significava risalire alle autrici. Il come (lo scarto estetico) e il perché (la ragione etica delle motivazioni e degli obiettivi) delle scritture, non poteva che essere indagato successivamente, quando si fosse capita meglio la prospettiva da cui guardare”.

Lo studio illustrato da Talenti di donna è complesso e ci induce, anzitutto, al confronto tra la scrittura femminile e quella maschile, rendendo evidenti sostanziali differenze; “È questo il grande “scarto” compiuto dalla scrittura femminile: il mondo e i suoi valori, le abitudini, i comportamenti, le mentalità vengono tutte ribaltate”. Ciò si riferisce, naturalmente, a ogni tipo di espressione artistica, culturale dove la donna può avere un ruolo fondamentale, grazie alle sue doti, alla sua indole e al suo talento.

Talento di donne ci presenta il percorso intellettuale e la personalità di note scrittrici tra cui Virginia Woolf, Doris Lessing, Natalia Ginzburg, Dacia Maraini e artiste come Mary Stevenson Cassatt e Camille Claudel; il loro ruolo nella società ci fa capire che la donna ha sempre avuto il coraggio di esprimere le sue idee, di creare un sapere del quale è, consapevolmente, soggetto attivo, esprimendo un punto di vista, spesso taciuto a causa delle circostanze, ma sempre espressione di libertà e creazione, di necessità di comunicazione, di solidarietà, di uguaglianza.

Rosaria Andrisani
tratto da 

mercoledì 4 febbraio 2015

"Il viaggio" di Angela Ceraso.

Dopo il buio del tunnel fui folgorato da una luce infinita, cavalcai il dorso di una farfalla attraversando distese di verde, da lassù vedevo giocare, pregare in lingue diverse, angeli messaggeri che traghettavano il cielo per portare notizie all’Altissimo dell’odio del mondo, delle preghiere, della disperazione, dell’amore mancato, di redenzione.
In un campo di girasoli la farfalla planò lasciandomi scendere, mi giravo con circospezione, vedevo tra quelle file gialle un sentiero di luce.
Cominciai a seguire quel bagliore accompagnato da inni di lode mentre mani dall’alto scorrevano grani di un rosario, ascoltavo le Ave Maria pensando: “dove sono?”
Più tardi ero in un prato pieno di gente di razza diversa: vedevo girotondi, bimbi giocare, animali domestici e non saltare: tutto incredibilmente vero e tranquillo per farmi pensare di essere sulla terra.
Quando alzai lo sguardo scorsi nel blu del cielo angeli attraversare da un lato all’altro l’atmosfera affidando bisbigli all’orecchio di un Uomo seduto su un trono. L’Uomo incontrò i suoi occhi nei miei, restai di pietra, non riuscivo neppure a parlare, potevo solo ascoltare: mi sorrise. 
Un angelo gli portò un libro enorme, Lui lo girò mostrandomi la copertina che riportava sopra il mio nome.
L’Altissimo con la mano destra mi fece avvicinare al suo trono. 
Sfogliava quelle pagine e davanti ai miei occhi tutte le mie mancanze ed i miei talenti vissuti sulla terra, nel frattempo qualcuno intercedeva per quei miei errori bisbigliando al suo orecchio parole su parole, ed io, avevo solo lacrime.
Chiuse il libro, con voce di vento mi disse: “benvenuto, la tua fede ti ha salvato!”
Risollevato corsi per abbracciarlo ma fui svegliato da un defibrillatore steso su un asfalto di pioggia tra medici, ambulanze e carabinieri.
— fiera.
Angela Ceraso

martedì 3 febbraio 2015

"A mezzogiorno del mondo" di Cristina Sferra.



L'idea di scrivere un libro arriva dopo le poesie giovanili e i racconti che ancora adesso amo inventare. Non è una scelta semplice e l'impegno richiesto è moltissimo, ma dopo aver riempito quaderni e ogni altro tipo di supporto di pensieri e parole, arriva un momento nel quale è quasi naturale avere il desiderio di confrontarsi con una storia più lunga di qualche pagina.

Cristina Sferra

 TRAMA
Durante un viaggio itinerante a Cuba, una giovane donna e un giovane uomo si trovano casualmente a condividere la camera di albergo. Mentre i giorni trascorrono, tra i due protagonisti cresce un'attrazione irresistibile che li conduce a un lento e inesorabile avvicinamento. Il racconto si snoda sulle strade dell'isola percorrendo luoghi, incontri e atmosfere. Solo il tempo di un viaggio per indagare le sfaccettature segrete di un sentimento che nasce con uno sguardo tutto femminile sulle mille emozioni di un amore.

lunedì 2 febbraio 2015

MARGHERITA PORETE: MISTICISMO AL FEMMINILE, di Mariagrazia De Castro.


Di Margherita Porete si sa molto poco: di certo si sa solo che era originaria della contea dell’Hainaut, nelle Fiandre e che probabilmente era nata tra il 1250 e i 1260 (l’anno di nascita è sconosciuto e non si può desumere neanche dagli atti giudiziari). Fu arsa viva nel 1310 pubblicamente in Place de Grève a Parigi per aver scritto un libro, Lo specchio delle anime semplici (Miroir des simples âmes). Fu condannata come eretica. Mentre della sua vita le notizie sono scarse e frammentate, molti sono i dettagli del processo, un iter ricco, arbitrario e crudele dall’accusa alla condanna.

All’epoca Margherita Porete era stata definita una beghina, termine dispregiativo per connotare chi apparteneva ad associazioni religiosi formatesi al di fuori della gerarchia della Chiesa cattolica.

Era una beghina colta: aveva tradotto le Sacre Scritture in volgare, e la sua conoscenza spaziava dalla teologia alla filosofia; il tutto connotato da un misticismo profondo, tentativo di consapevolezza dei doni divini, da accogliere con la maggiore disponibilità possibile a viverli in tutte le dimensioni: affettiva, emozionale, intellettuale, psicologica e fisica. Tutti i suoi scritti mostrano una grande familiarità con la Bibbia che viene citata e rielaborata in modo critico.


All’epoca la donna aveva due strade: o sposa o monaca: è la Chiesa e la società maschilista del tempo che lo vuole. Eppure è in atto una trasformazione sociale e culturale in cui si assiste, tra l’altro, all’emergere del movimento beghinale, che germina proprio in quel Medioevo, in quel XIII secolo, spiazzando la Chiesa che non era pronta a queste donne che reclamavano un nuovo posto ecclesiastico non inquadrabile nelle diaconesse, nelle vergini consacrate e nelle vedove non rimaritate. Le donne aspiravano a vivere una spiritualità radicale, una vita alternativa e libera. Questo era inaccettabile, soprattutto per l’Inquisizione.

Per la prima volta Miroir, liber pestiferus, fu bruciato a Valenciennes (probabilmente tra il 1296 e 1306), nell’ambito di un processo diocesano istituito da Guido da Colmieu, vescovo di Cambrais. Margherita fu diffidata dal vescovo dal leggere pubblicamente il suo libro, ma continuò a farlo circolare, probabilmente dopo averlo riscritto.

Nonostante la condanna per eresia, il libro era stato presentato dalla stessa autrice a Giovanni di Chateau-Villain, vescovo di Chalons-sur-Marne, confortata dal fatto di aver ricevuto l’approvazione di tre religiosi tra cui, probabilmente, Giovanni Duns Scoto.

Giovanni di Chateau-Villain, nonostante l’approbatio dei tre chierici, denunciò la questione a Filippo di Marigny, amico del re Filippo il Bello.

Nel 1307 Margherita fu imprigionata e dal carcere si rifiutò di trattare ribadendo le sue affermazioni. Nell’aprile del 1309 il Miroir fu condannato come libro eretico: furono ben ventuno i giudici/teologi che lo incriminarono.


Il suo libro, Lo specchio delle anime semplici, ha attraversato clandestinamente i secoli, trascinandosi appresso la pericolosità che la Chiesa gli aveva cucito addosso. Perché il Miroir faceva paura? Perché non era un libro di confessioni, né di visioni, ma un profondo saggio di istruzione religiosa, un libro in cui l’ intento fortemente didattico si integra alla perfezione con l’esperienza mistica.

Ragione, Amore e Anima sono i personaggi più importanti intorno ai quali danzano personaggi minori che fanno da sfondo, il cui intervento nel dialogo e nella tensione tra Ragione e Amore, rimane marginale.

Quello di Margherita è in forma di dialogo o, forse meglio, di dibattito filosofico scandito attraverso battute dal sapore teatrale. Partecipano in primo luogo alla discussione due personaggi: Ragione ed Anima. Ognuno sostiene la propria tesi in merito a religione, uomo, Dio, spirito, rettitudine, vangelo. Intervengono a dir la loro altre figure personificate, come: Virtù, Cortesia, Timore, Desiderio; ma tra tutte spicca quella di Amore, che vince in saggezza e carità”.
Marco Vannini

Le anime semplici di Margherita sono quelle che dimorano soltanto in volontà e desiderio d’amore, ma sono proprio quelle anime che vivono momenti di mancanza, momenti nei quali il desiderio di qualcosa rende più forti e spinge a cercare fuori ciò che manca dentro.

Nel libro di Margherita Porete trovano spazio anche gli smarriti, quelle donne e quegli uomini che pensano di raggiungere la perfezione spirituale attraverso le opere buone e uno stile di vita rigoroso e pieno di regole e osservanze. Le anime libere, invece, non aspirano a questa ossessiva perfezione: è la condizione di semplicità, senza complessità, che non divide in ciò che si ha e ciò che si vuole raggiungere, non divide in interno ed esterno, ma unisce nell’assenza di desiderio. Gli smarriti devo aspirare a diventare anime libere perseguendo la semplicità.

Per queste sue affermazioni, Margherita andò dritta dritta verso la condanna per eresia e non è un caso che, su questa stessa scia, nel 1311 fu convocato il Concilio di Vienna e nel 1312 il movimento beghinale fu condannato.

Il libro venne letto da Maestro Eckhart, filosofo e mistico tedesco che probabilmente venne a conoscenza del testo nel periodo in cui insegnò a Parigi tra il 1311 e 1314. In un certo senso, gli scritti di Margherita anticipano i temi di Maestro Eckhart (un Dio ineffabile che trascende ogni cosa, le verità non dogmatiche). E non a caso anch’egli fu condannato come eretico.

Oggi assistiamo a una grande rivalutazione del misticismo femminile* e attenzione alla Porete: Miroir viene considerato dagli studiosi un’opera encomiabile, un saggio di autocoscienza e pietà religiosa e mostra, in una prospettiva femminista, il grande contributo delle donne alla filosofia.

Si potrebbe dire che la vicenda di Margherita Porete, e del suo libro Lo Specchio delle Anime semplici, rappresenti uno di quei fantasmi scomodi della storia culturale europea che più si desidera cacciare dalla porta, più è destinato a rientrare dalla finestra”.
Alessandra Luciano, Traduzioni e interpretazioni di un testo di mistica medievale, http://www.academia.edu.

* Una lettura interessante a tal proposito è Il Dio delle donne (Mondadori) di Luisa Muraro, profonda studiosa anche della Porete.

Mariagrazia De Castro 

domenica 1 febbraio 2015

Le raccolte di racconti di Tina Caramanico.





La prima raccolta che ho pubblicato, “Le cose come stanno”, è uscita in edizione digitale con Officine Editoriali. Ecco la quarta di copertina: “Nove racconti brevi (mainstream) il cui tono è a volte drammatico, a volte tragicomico, e il cui tema di fondo è la perdita delle illusioni, la caduta delle costruzioni fantastiche e arbitrarie che utilizziamo per abbellire, semplificare o comprendere la nostra vita, l'incontro con la realtà delle cose che quasi sempre fuggiamo, per paura, per immaturità o scarsa consapevolezza. A volte questi personaggi devono accettare una tragedia, altre volte invece dietro il velo che cade trovano solo l’altra faccia, non necessariamente più brutta, di ciò che credevano di conoscere ma che, invece, non conoscevano affatto.”
Un piccolo estratto, l’incipit del racconto “Il segreto di zia Amalia”:
Ai tempi di zia Amalia c’erano ancora le zitelle. Le donne diventavano zitelle perché nessun uomo le aveva volute, e nessun uomo le aveva volute perché erano troppo secche, e siccome erano zitelle tutti le guardavano male e pensavano che avessero un brutto carattere. Zia Amalia era una zitella.”

La seconda raccolta uscita è “Oltre l’incerto limite”, Runa Editrice. Di questa esiste sia la versione cartacea che quella digitale. Ecco la quarta di copertina: “Una raccolta di 12 racconti che ci porterà dalle origini al futuro oltre i nostri limiti. Cosa hanno in comune una falsa geisha sul Duomo di Milano e un figlio adottivo in crisi? Cosa lega un’adolescente obesa a una gemella stanca di essere eternamente in coppia? Tutti noi sopportiamo o ci costruiamo dei limiti per esistere, dei confini che ci definiscono e ci contengono, ma che possono andarci stretti, come l’abbraccio di una madre ansiosa: confini mentali, etici, culturali, fisici. Confini che hanno a che fare con le nostre origini o col nostro futuro, con la nostra identità e i nostri sogni. A volte i protagonisti di queste storie vanno oltre, per scelta o per caso, per amore o per rabbia. Quel passo li perde o li salva. Li porta in un altrove da cui, se mai torneranno, torneranno trasformati per sempre. Altri personaggi, invece, il coraggio di superare i loro limiti, di fare quel passo non ce l’hanno e restano così, in bilico, immobili eppure già cambiati irreparabilmente da quello che, per un attimo, hanno solo intravisto di là.”
Un breve estratto, l’incipit del racconto “La casa del padre”:
Tomàs era sfinito, sporco. Aveva viaggiato per cinque giorni quasi senza sosta: doveva, a costo della vita, arrivare in tempo e riuscire a parlare con suo padre prima che qualcosa di grave e irreparabile accadesse.
Giunse a Ploumanac’h quando il sole era da poco tramontato e la pietra della casa, così come i sassi sulla strada e la scogliera in lontananza, avevano assunto un colore incerto tra il viola e il grigio. Davanti alla porta c’era una donna sconosciuta, con un grembiule a fiori sopra il vestito scuro, seduta quietamente sul sedile a lato della soglia, in attesa.”

La terza raccolta si intitola “Piccole storie oscure” ed è stata pubblicata da Zerounoundici, in versione cartacea e digitale. La quarta di copertina: “Tra horror e noir, in queste piccole storie oscure (alcune del tutto inedite, altre reduci da premi letterari e contest sul web) conoscerete vittime decisamente pericolose, morti che parlano, mostri apparentemente innocui e feroci assassini che ci somigliano forse troppo.”
Un breve estratto dal racconto “Perdenti”:
L’alba è grigia, il cielo è chiuso e promette pioggia. Un uomo di mezza età, semicalvo, vestito elegantemente di scuro, esce proprio ora dal Casinò dando il braccio a una donna bionda, bellissima, che indossa un cappotto nero su un abito lungo di velluto rosso. Fa freddo e i due camminano veloci verso il vicino Hotel Des Fleurs. Entrano, lui chiede le chiavi della camera 255 al portiere, che gliele porge inchinandosi ossequioso. Salgono al secondo piano senza dirsi una parola, quasi senza guardarsi.
Appena entrati in camera, lui aiuta la donna a togliersi il cappotto e poi lo poggia sulla poltrona, insieme alla sua giacca. La donna siede ai piedi del letto e finalmente alza gli occhi su di lui, e gli sorride.
“Dunque ho perduto”sussurra un po’ imbarazzata.
“La fortuna, madame, la fortuna è così…” risponde l’uomo, e accompagna il tono inconcludente con una specie di svolazzo leggero della mano.

Tina Caramanico

"Il complesso della vedova" di Stefania Rinaldi.


È la storia di una grande amicizia tra due donne che sembrano essere molto distanti sotto ogni punto di vista: una giovane ventiquattrenne e un'anziana ottantenne che si ritrovano all'interno di una casa di riposo milanese l'una come infermiera , l'altra come una scorbutica e depressa paziente... due destini apparentemente distanti che però svelandosi a piccoli passi si ritrovano alla fine sul medesimo percorso al punto tale che sembra quasi che l'una abbia vissuto la vita dell'altra e viceversa. Una storia nella storia che torna indietro di molti anni sino ad approdare al secondo grande conflitto mondiale. Una rievocazione , direi molto delicata, delle antiche tradizioni. E poi lui, il complesso della vedova, condizione psicologica piuttosto singolare che condurrebbe una madre ad innamorarsi del proprio figlio. Moltissimi colpi di scena e, a dire di chi lo ha letto sinora, tanti spunti di riflessione e tante tante lacrime. Una grande celebrazione del perdono, una speranza di guarigione per chi vive all'Interno del tunnel della depressione e la dolcezza infinita di un'amicizia talmente grande che arriva a farsi famiglia e poi la mia personale esperienza di madre che accoglie il suo bambino mentre saluta per sempre un grandissimo uomo della sua vita.
Stefania Rinaldi

Donne all'Opera-La Voce (Parte 1), di Chiara Minutillo






Quando e come si impara ad amare il Melodramma?

Un'attenta analisi del genere ci porta a dire che la sacralità della voce è l'elemento che più lo contraddistingue. Non si può apprezzare l’Opera se non si apprezzano le voci. Essere appassionati d’Opera significa sentire il diritto di godere di particolari note ed estremismi vocali. Le emozioni suscitate dalla voce sono spesso più potenti di quelle create dalla lettura dei versi cantati e generano un sentimento di devozione che ai più appare estraneo. Pensiamo solo al miracolo naturale che avviene nel corpo di un cantante lirico, trasformandolo in una vera e propria cassa armonica, in cui il lavoro parte dal diaframma, che permette di risucchiare aria nei polmoni e poi di espellerla, producendo la voce nella laringe e proiettandola in diverse cavità di risonanza del cranio da cui poi si irradia attraverso bocca e naso, modulata dai muscoli della gola, delle mascelle, dalle labbra e dalla lingua per produrre i più variegati suoni a decibel quasi inottenibili artificialmente con la moderna tecnologia.

I componenti essenziali delle storie portate in scena in un dramma operistico sono le coincidenze esagerate, delle motivazioni confuse dietro le azioni dei personaggi, spesso ci sono anche molti morti, tra cui solitamente il protagonista, e soprattutto l’Opera esula completamente dalla realtà, presentando aspetti improbabili. Un esempio lampante di ciò è la famosa Traviata di Giuseppe Verdi, in cui la cortigiana Violetta muore di tisi. Nella realtà, il personaggio avrebbe i polmoni devastati, mentre sul palco continua a cantare alcune delle arie più belle del dramma, con suoni sostenuti che risultano essere tra i più belli ed emozionanti. Nell’Opera, quindi, la trama ha un valore secondario: seguire solo un ipotetico filo logico o dei dialoghi farebbe notare inutilmente quelle discrepanze che rendono invece interessante il melodramma. La fantasia viene perciò accettata senza proferire parola, perché sarebbe piuttosto la realtà, cioè il sentir cantare tossendo e gracchiando per rendere più verosimile la sofferenza del personaggio, ad essere scioccante. L’Opera in Musica diventa così l’unico tipo di spettacolo in cui tutto è possibile,anzi in cui la voce rende tutto possibile e nulla banale o scontato, e non solo a livello di accadimenti: anche la bellezza delle protagoniste ha poca o nessuna importanza. Solo l’opera riesce a mettere in scena volti imperfetti e forme fuori moda, celando questi affronti alle aspettative estetiche con la potenza e il fragore del canto. L’Opera è un chiaro esempio di come l’arte possa farci dimenticare, dimenticare che non capiamo la lingua cantata; dimenticare l’aspetto esteriore della soprano sul palco e il fatto che stia interpretando una donna morente utilizzando un virtuosismo vocale che va oltre la nostra comprensione; dimenticare che probabilmente abbiamo capito solo un quarto di ciò che è avvenuto durante il dramma.

L'Opera è donna, pertanto la voce femminile ha un ruolo della massima importanza. Conoscere, seppur a grandi linee, la netta differenza esistente tra le varie voci delle cantanti liriche, anche in termini di estensioni e capacità, permette anche di riconoscere i personaggi che si alternano sul palco, pur senza conoscerne tutte le battute. A questo riguardo il libretto torna utile: oltre ad avere caratteristiche tipiche di ogni libretto anche teatrale, contiene un elenco dei personaggi con la voce che deve essere loro assegnata. Ad esempio, nel libretto de La Traviata di Giuseppe Verdi, opera su cui poi torneremo, troviamo tre personaggi femminili: Violetta Valéry, protagonista, impersonata da un soprano, Flora Bervoix e Annina, rispettivamente amica e serva di Violetta, entrambe portate in scena da un mezzosoprano. Troviamo questa importante informazione perché con il tempo le voci divennero prima di ogni altra cosa le rappresentanti di un certo ruolo. Rimanendo nell’ambito femminile, vediamo quindi che la protagonista sarà sempre un soprano, mentre il mezzosoprano e il contralto andranno a rappresentare i personaggi secondari o, in casi più specifici, donne avanti con l’età, donne di dubbia virtù (è questo il caso di Flora Bervoix, per esempio) o capaci di stregoneria. Le eccezioni a questo schema sono rare, presenti ad esempio nel celebre Zauberflöte (Il flauto magico) di Wolfgang Amadeus Mozart, in cui, secondo il libretto originale, tutti i personaggi femminili erano soprano, a parte la Terza Dama, portata in scena da un contralto o, ancora in Carmen di Bizet, in cui la protagonista è un mezzosoprano, pur essendo stata interpretata, nel tempo, da grandi soprano come Maria Callas. Queste modifiche al registro comune dei ruoli femminili si possono spiegare con l’esistenza di diverse categorie di soprano: il soprano leggero, caratterizzato da una voce dolce e chiara, è dotato di capacità virtuosistiche. È questo il caso, ad esempio, della Regina della Notte ne “Il flauto magico” che nella celebre aria "Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen" (La vendetta dell’inferno ribolle nel mio cuore), dimostra questa estasiante capacità. Il soprano drammatico è invece caratterizzato da una voce ricca, piena e di volume intenso con una buona tenuta dei toni gravi. È particolarmente utilizzato nei ruoli di protagoniste drammatiche, eroiche o donne oppresse, che richiedono anche un certo virtuosismo, come Violetta nelle arie “Follie!” e “ Sempre libera” de La Traviata o come Cio-Cio-San, protagonista della Madama Butterfly di Giacomo Puccini. Il soprano lirico è invece la voce sopranile di base, la più diffusa, calda e piena, ma graziosa, adatta ad una vocalità legata, assegnata ad esempio alla Contessa di Almaviva nell’opera Le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, famosa anche per l'aria "Porgi amor qualche ristoro".

Il discorso delle voci, soprattutto quelle femminili di cui esistono numerose altre sfaccettature, è un discorso tanto complesso quanto affascinante, al termine del quale è forse possibile rivalutare l'Opera, soprattutto se considerato alla luce di altre caratteristiche tipiche del Melodramma che finiscono semplicemente per risaltare la bellezza e la divinità della voce umana.

Chiara Minutillo

Autointervista di Tina Caramanico.


Tutto quello che avreste voluto sapere di me e non avete mai osato chiedere (autointervista, oh yea)







1) Chi ti credi di essere? 
Boh. Dopo lunghe discussioni con me stessa, sulla mia pagina fb ho scritto: "personaggio inventato, alias geniale scrittore femmina, ex vagabonda" il che mi rappresenta abbastanza bene.



2) Come ci possiamo fidare di una che scrive poesie, racconti, haiku, romanzi, horror, noir e fantastico? Che vuoi fare esattamente da grande? 
Diventare brava, talmente tanto brava che ai miei lettori non interesserà più sapere se stanno leggendo un horror o un mainstream, un racconto o un romanzo o una poesia. 


3) Come diavolo ti è venuto in mente di metterti a scrivere a cinquant'anni, già con un piede nella fossa? 
Qualcuno alla mezza età si fa il lifting, qualcuno l'amante; io ho adottato una figlia, ne ho fatta un'altra e mi sono messa a scrivere. Scherzi della premenopausa.



4) Quando metti le parolacce nei tuoi racconti, poi non ti vergogni che magari ti leggono i tuoi alunni o le tue figlie? 
Cerco di insegnare alle mie figlie e ai miei alunni che tutte le parole hanno una loro dignità, e tutta la realtà ha diritto di essere rappresentata dall'arte. E comunque sì, mi vergogno e spero che nessuno lo venga a sapere, che scrivo anche delle storie con le parolacce.



5) Chi non sa fare una cosa la insegna; ammesso e non concesso che tu sappia scrivere, allora vuol dire che non sai insegnare?
Che razza di domande fai? Non mettere in giro queste voci sennò il Comitato di Valutazione Bravi Docenti Meritevoli mi toglie i punti e mi mette le orecchie d'asino fino alla pensione (e niente scatti stipendiali nemmeno se mi iscrivo a tutti i corsi d'aggiornamento più fetenti ideati da temibili formatori ministeriali appena usciti dal manicomio criminale di Aversa).



6) Come fai a lavorare, lavare, stirare, cucinare, pulire, stare dietro a due figlie bambine, a un marito trascurato e pure a scrivere? Cos'è che non fai o non fai bene?
Lavare lava la lavatrice, stirare solo le camicie (il resto lo piego), cucinare solo per le festività, pulire quanto basta; il resto cerco di farlo bene. Dormo quasi niente e quasi sempre in piedi.



7) Perché non hai mai messo una dedica sui tuoi libri?
Quando qualche parente, amico o collaboratore si offrirà di badarmi le figlie, tenermi la casa, darmi un annetto sabbatico in modo che io possa scrivere di giorno invece che dalle 2 di notte in poi (al posto di dormire), gli prometto una paginata di ringraziamenti, in tutte le lingue conosciute. Per ora nisba, posso ringraziare (o mandare a quel paese) solo me stessa.



8) Ma se sono tutti ignoranti e rimbambiti, per chi scrivi che non legge nessuno?
Non è vero, qualcuno che legge c'è: perlopiù donne adolescenti (che però tendono a leggere minchiate) o donne ormai quasi anziane, che a scuola sono state costrette a leggere i classici e le poesie e oggi sono, loro malgrado, ancora in grado di capire un periodo con un paio di subordinate. Estinte loro non leggerà più nessuno (a parte le minchiate), ma per allora sarò morta anch'io, e quindi perché preoccuparmi?



9) Che vuoi fare dopo?
Appena avrò raccontato quello che ho da raccontare nelle forme tradizionali (racconto, romanzo, poesia), mi metterò a giocare con le nuove forme di narrazione oggi possibili: romanzi in cui i lettori possono interagire con l'autore e con la storia, narrazioni ibride fatte di parole/musica/immagini, racconti a più mani, e quanto ancora ci potremo inventare. Sperando che la vecchiaia sia clemente con me e non mi faccia rimbambire troppo presto.



10) Non contenta dei danni già fatti, stai scrivendo pure un romanzo: di che parla?
Della vecchiaia appunto, dei bilanci a fine corsa, di Dio e dell'amore indomito delle donne (ma anche degli uomini).



11) Perché scrivi solo cose tristi? Che ci hai il pessimismo cosmico? Soffri di gobba pure te?
Intanto non è assolutamente vero che scrivo solo cose tristi, alcune sono allegrissime e ridanciane, persino. Poi c'è che le cose belle della vita le conosciamo tutti: amore, libertà, conoscenza. Tutti ce ne dobbiamo procurare almeno una dose minima, se no ci ammaliamo e moriamo. Le cose meno belle invece tendiamo tutti a non guardarle, non volerle conoscere, così quando ci toccano (perché prima o poi ci toccano) non sappiamo come maneggiarle e ci facciamo ancora più male dell'indispensabile. Allora mi viene da parlare proprio di questo, di smontarle, queste cose poco belle, come si smontavano i giochi da piccoli: per vedere come funzionano. Questo non ci salva, ma ci rende più consapevoli e sicuri. Almeno credo. 



12) Ma sei un' intellettuale di sinistra o una casalinga di Abbiategrasso? No perché di solito gli scrittori si capisce da che parte stanno, ma tu ti mischi proprio con tutti.
Sono sia un'intellettuale di sinistra sia una casalinga di Abbiategrasso. E continuerò a mischiarmi con tutti perché stare con un solo tipo di persone rende la vita scialba e prevedibile: a me gli esseri umani interessano tutti, anche se alcuni sono obbiettivamente stronzi e non mi piacciono per niente.


13) Beh, ciao.
Eh, ciao.

Tina Caramanico