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giovedì 29 gennaio 2015

"Memorie di una ragazza perbene" di Simone De Beavoir, recensione di Mariagrazia De Castro.

Simone De Beauvoir, scrittrice e filosofa francese, compagna di Jean – Paul Sartre, modello concettuale per il femminismo moderno, a partire dal 1958 si dedicò alla sua autobiografia, uscita in quattro volumi: Memorie di una ragazza perbene (1958), L’età forte (1960), La forza delle cose (1963), A conti fatti (1972).

Il primo volume è il puntuale e rigoroso racconto dei suoi primi vent’anni, spesi alla ricerca della libertà, un lungo monologo interiore in cui si percepisce in modo tangibile lo scontro con il perbenismo borghese.

«Sono nata il 9 gennaio 1908, alle quattro del mattino, in una stanza dai mobili laccati in bianco che dava sul boulevard Raspail».

Cominciano i primi interrogativi di Simone su di sé, sui rapporti con i familiari, sull’ingresso nel mondo degli adulti. La complessità dell’esistenza comincia a farsi strada in lei. Crollano le certezze adolescenziali e intraprende la battaglia per la libertà.

La narrazione in prima persona è intensa e rievoca le esperienze di Simone, le persone che ha incontrato e i legami interpersonali profondi che instaura sul suo cammino di donna: una figura importante è la sua compagna di scuola preferita, Elizabeth Mabille, detta Zazà.

«Il giorno in cui entrai in quarta-prima – ero ormai sui dieci anni – il posto accanto al mio era occupato da una bambina nuova, una brunetta dai capelli corti. Aspettando la signorina, e alla fine della lezione, parlammo. Si chiamava Elizabeth Mabille, e aveva la mia età».

Nella descrizione di Zazà colpisce il suo essere anticonformista. Simone e Zazà sono il bianco e il nero: tanto Simone è educata, perbene, composta, rigida e inquadrata, tanto Zazà è vivace, disinvolta, autonoma e indipendente e per questo appare agli occhi dell’autrice come una bambina eccezionale.

Simone ammira Zazà per le sue doti e da questa sua profonda simpatia nasce un legame profondo, un’amicizia che influirà sul modo di pensare e comportarsi di Simone. Zazà è senza inibizioni, è spontanea e naturale; Simone è frenata dal perbenismo borghese di cui è intrisa la sua formazione.

Il rapporto di amicizia tra le due nasce sui banchi di scuola e si basa sulla stima reciproca, sulla condivisione degli interessi. Il legame tra le due è profondo, è una dipendenza affettiva nei confronti dell’altra, è una codipendenza che poggia le sue basi anche sul timore di perdersi. Devono stare insieme per non sentirsi sole (“Mi mancava lei”) ma anche per proiettare nell’altra la propria intima identità (“Non immaginavo nulla di meglio al mondo che essere me stessa”). E’ un legame terapeutico quello che lega Simone a Zazà, perché attraverso esso, Simone riesce a rompere quel guscio di bigottismo e ipocrisia che l’ambiente altoborghese le ha creato intorno.


L’amicizia fra le due subisce nel tempo un’evoluzione, percepibile nel ritorno in classe dopo la pausa estiva. Tra Simone e Zazà si instaura un legame fatto di confidenze profonde e totalizzanti, intime e terapeutiche, varie e ricche, complesse e complicate.

Zazà è passata nella vita di Simone e l’ha resa unica. Le ha lasciato qualcosa di sé, le ha portato via qualcosa e il loro intimo legame è la prova evidente che due amiche non si incontrano mai per caso.

Mariagrazia De Castro





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