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giovedì 8 gennaio 2015

"Il segreto della monaca di Monza" di Marina Marazza, recensione di Chiara Minutillo.


Gertrude, meglio conosciuta come la Monaca di Monza, è il primo personaggio storico presentato da Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”. 
Personaggio storico perché Gertrude, il cui vero nome è Marianna, era figlia di Don Martino De Leyva, principe d’Ascoli e conte di Monza, e di Donna Virginia Marina. Marianna de Leyva fu condannata ad una durissima pena detentiva per aver avuto una relazione sacrilega (visto il suo ruolo di Monaca) con Giovanni Paolo Osio, relazione nata nel 1597 e proseguita fino al 1607, quando fu arrestata e successivamente, nel 1609, condannata a essere murata viva nella Pia Casa delle Convertite di Milano fino al 1622, anno in cui, per volontà di Federigo Borromeo, venne liberata.
A causa di queste vicissitudini la Monaca di Monza risulta spesso essere uno dei personaggi femminili più accattivanti e affascinanti del panorama letterario italiano, tanto che inizialmente i capitoli a lei dedicati da Manzoni in “Fermo e Lucia” (primo titolo de “I Promessi Sposi”) erano sei, poi ridimensionati a due. Nel suo romanzo Manzoni descrive Marianna de Leyva come una donna sui venticinque anni, ma all’epoca dei fatti con Giovanni Paolo Osio, la donna aveva in realtà circa il doppio degli anni. E molti degli eventi descritti dal romanziere sono riproposti, modificati per calzare a pennello con la storia e con il filone principale voluto da Manzoni stesso, la Divina Provvidenza.
Partendo quindi non tanto dal romanzo di Manzoni, quanto dai documenti dell’epoca che registrarono l’entrata in convento della suora bambina e i processi che dovette affrontare, così come le testimonianze delle altre monache, Marina Marazza fa un ritratto più che mai storico di Marianna de Leyva, una donna tanto tormentata quanto appassionata, incapace di vivere felicemente quell’esistenza che le era stata imposta, una donna che dovette combattere contro l’invidia per i suoi soldi, per il suo potere, per la sua relazione clandestina, una donna a tratti disperata, a tratti fragile, ma con una forza che le permise di sopravvivere per 13 anni in una cella, murata viva. Una donna che spesso invidiava a sua volta, invidiava chi era libero e il suo passato continuò a costituire per lei un ostacolo irrisolto, un peso opprimente che condizionò tutte le sue scelte, che le impedì di riconoscere la sua identità attraverso l’esperienza spirituale portandola quindi a far naufragare la sua vita in un mare di contraddizioni sempre più profonde, come la relazione con Giovanni Paolo Osio e la partecipazione, seppur spesso indiretta, a diversi delitti pur di insabbiare le vicende. 
La storia della Monaca di Monza non è solo una storia di passione e di un amore impossibile. È un racconto che esercita fascino perché descrive la trasformazione che un essere umano può subire, da buono a malvagio, come una sorta di corruzione interiore. L’indagine storica di Marina Marazza, intessuta poi come romanzo, ripropone questo racconto, come già era stato fatto, passando attraverso anni di bugie, complotti, intrighi, omicidi, tradimenti, aborti e confessioni. Porta alla luce uno dei “segreti” più commentati della letteratura italiana, senza mai sminuire la figura di Marianna de Leyva così come era stata presentata da Manzoni.

Chiara Minutillo

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