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mercoledì 25 marzo 2015

LA BAMBINA DEL SILENZIO di Marina Lisi. Donne si raccontano.

Fece scivolare le dita tra i capelli sciogliendo i nodi del sonno. Se ne stava ad occhi chiusi, la testa appoggiata sul cuscino, gustando quel momento in cui i sogni ti lasciano e la vita ti riprende con se. Ricordava di aver letto che dormire era un po’ morire, ma per lei non era mai stato cosi: dormire, sognare, era vivere.
Una vita alternativa l'aspettava al di là, nel sonno, lì dove tutto era silenzioso e bellissimo. 
Una vita piena e avventurosa a volte paurosa, ma non di meno agognata e desiderata, dove le parole avevano il giusto peso come le azioni e le emozioni.
Fin da quando era piccola quello era stato un segreto da mantenere, un tesoro da nascondere, un bene prezioso da difendere.
La sua vita, quella vera, la spaventava, non le piaceva.
Continuava a pensare che niente era come doveva essere e cercava di non sprecare energie e tempo per viverla.
Anna viveva con i suoi in un grande condominio di città dove tante voci e tanti rumori facevano da colonna sonora alle ore del giorno e anche della notte e questo non lo aveva mai sopportato perché lei era la bambina del silenzio, cosi la chiamava la sua mamma.
Era stata visitata da molti medici e ogni uno di loro aveva fatto una diagnosi e aveva spiegato con paroloni altisonanti la sua patologia poi aveva consigliato esami e cure ma nessuna di queste aveva sortito effetto: lei era rimasta ciò che era, la bambina del silenzio.
Anna amava dormire perché cosi poteva fare a meno di ascoltare tutto quel vociare inutile e vano che l'assordava e gli metteva paura. 
Non amava sentir dire agli altri parole dette in un momento d'ira con il solo scopo di sfogarsi egoisticamente sugli altri o proferite al solo scopo di ingannare o riuscire ad ottenere ciò che si voleva, altre senza un senso e una ragione o, ancora peggio, mirate a far male ma senza avere la giusta percezione di quanto queste ci potessero riuscire e poi tutto quel rumore che le rendeva difficile se non impossibile ascoltare i suoi pensieri e il tumulto delle sue sensazioni.
Gli altri non capivano quanto erano importanti le parole e le emozioni che esse risvegliavano cosi continuavano ad usarle senza discernimento senza discrezione o misura, rimanendo colpevolmente inconsapevoli di cosa avrebbero scatenato quando si sarebbero rivelate in tutta la loro forza.
Potevano ferire o curare, far gioire o gettare nel panico totale, il loro potere era immenso e incontrollabile, bene facevano ad averne paura e a temerle ma nessuno lo capiva.
Ricordava bene cosa diceva sempre sua nonna: 
" Meglio dire una parola in meno che dirne una di più perché una volta uscita dalla bocca non ritorna più indietro." 
Anna si intestardiva a seguire alla lettera quel consiglio e ogni volta che parlava era per dire ciò che era estremamente importante e nel modo più consono a non far nascere dubbi.

Sua madre la stava chiamando e la sua voce si univa alle mille voci di madri che chiamavano pregavano e promettevano punizioni esemplari a chi non ubbidiva.
<< Anna…Anna alzati è tardi. Devi andare a scuola>>
Non avrebbe voluto ma sapeva che non ne poteva fare a meno. 
Alzò il viso dal cuscino e sorrise all'ultima immagine sognata che si cancellava piano, piano dalla sua mente come fanno i riflessi dai mille colori che si formano solo sulle particelle umide e iridescenti della pioggia al sopraggiungere del sole. L'avrebbe cercata la sera dopo quando finalmente sarebbe rimasta sola nella sua camera e avrebbe potuto lasciare libera la sua fantasia, pronta a cancellare tutta la fatica di vivere quel giorno.

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