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domenica 29 marzo 2015

IL CANTO DEL FIUME di Mirella Morelli.

Sul lato di una montagna scorreva un tortuoso ruscelletto.
Era un ruscelletto limpido e minuscolo come tutti i ruscelli alla sorgente: ma era così insicuro e così vergognoso che cercava in ogni modo di passare inosservato.
Era talmente timido che, per il breve tratto che percorreva al sole, aveva scelto con cura il percorso dove le sue acque potessero scorrere senza il minimo rumore; invece di raccoglierle, incanalandole nel suo letto, con gentilezza le lasciava scorrere in tanti rivoletti fino a sparire nelle fenditure di una roccia: la terra le inghiottiva e lì, nel buio, si sentiva al sicuro.
Scorreva tranquillo schivando massi e precipizi, osservando i piccoli grandi spazi della montagna e facendo il pieno di sole prima di sprofondare nel mistero della terra. Aveva imparato a gustare il piacere della solitudine e quello ancor più rassicurante della noncuranza altrui.
Qualche volta indugiava ad osservare il volo delle aquile; talvolta si sorprendeva a seguire il dondolio di una nube; altre volte lo incuriosiva il salto di uno stambecco...Aveva comunque e sempre modo di godere della presenza altrui senza l’ imbarazzo di dover partecipare.
Grande fu la sorpresa, quindi, quando un mattino udì una voce:
<<Ti osservo da non poco…>>
Era uno stambecco.
Il ruscelletto gettò intorno veloci sguardi allarmati, cercando qualcuno a cui quella voce potesse essere diretta: ma ahimè, gli occhi irridenti dello stambecco fissavano proprio i suoi silenziosi rigagnoli.
<<Dico a te: sei carino, così piccolo e per niente appariscente. Avevo sete, e ti ho trovato. Posso berti appena appena?>>.
Ma il ruscello lo fissava sgomento, mentre i suoi rivoli tremavano dalla frenesia di sparire nella roccia.
<<Bere è solo un gesto di vita! Rassomiglia a un bacio, non ad un morso...>> e lo stambecco rise prima di immergere il muso nel tremolio delle sue acque.
Quindi quegli occhi divennero fondi:
<<Verrò a berti un poco ogni giorno>> sussurrò. Ma per il ruscello suonò come una minaccia e perse la tranquillità: ad ogni ombra, sussultava; ad ogni rumore di zoccoli sulle rocce, fremeva. Scorreva freneticamente, nel desiderio impossibile di annullare una volta per tutte se stesso, scomparendo per intero nella terra. Ma più veloce scompariva, più velocemente altro di sé appariva a monte, finché capì che non avrebbe potuto nascondersi.
Quando lo stambecco tornò, era ormai rassegnato alla sua venuta: non protestò mentre beveva avidamente le sue acque, non disse nulla. E lo stambecco non parve sorprendersene.
Quando ancora tornò, quello restò a lungo col muso immerso in lui e poi sorrise:
<<Le tue acque sono le più fresche della montagna e tu neanche lo sai>> gli disse, ma il ruscello non rispose.
<<Le tue acque sono le più limpide della montagna e tu neanche lo sai>> aggiunse il giorno dopo, prima di andar via.
<<Le tua acque sono le più frizzanti della montagna e tu nemmeno lo sai>> sottolineò con foga un altro giorno…E andava via ogni volta indispettito dal suo testardo silenzio.
<<Saresti un fiume magnifico se soltanto tu ti dessi un po’ da fare>> infine commentò, confessando i suoi pensieri:
<<Arriveresti a valle in tutto il tuo splendore: i boschi si specchierebbero in te; pesci di ogni specie guizzerebbero, giocando e spruzzando; erba e fiori colorati ti ornerebbero i fianchi…sassi enormi ti lascerebbero cadere con magiche cascate…Ma da tutto questo tu riappariresti, calmo e vincitore, un po’ più in là.>>
Lo stambecco fece una calcolata pausa, fissandolo con fermezza, quindi sussurrò:
<<E nello slancio della corsa, soprattutto…oh, lo so: avrebbe finalmente fine questo tuo terribile silenzio! Le tue acque canterebbero. E il tuo canto sarebbe quello di un fiume!>>
Il piccolo ruscello lo ascoltava tremando. Guardava lo spicchio di cielo tra le vette, il nido dell’ aquila, le note fenditure in cui scivolava scomparendo ogni volta con un brivido di piacere: tutto lì sembrava fatto apposta per lui e pertanto gli dava serenità. Ma lo stambecco intanto parlava, parlava…
<<Farò di te un grande fiume! Perché è questo che tu vuoi, son certo. Ti mancano la forza e la grinta, ma se ti do una mano me ne sarai grato, lo so. Non temere, piccolo ruscello: ci sono io, ora, ad aver cura di te. Rilassati!>> e saltellando sulle rocce sparì.
Quindi andò dal Vento e dalla Pioggia, proprio lì sulle vette più impervie, proprio lì dove è la loro casa, e parlò tanto e con tanto ardore che Pioggia e Vento si convinsero. E Pioggia e Vento parlarono col Sole, convincendolo a sua volta. E il Sole, ammiccante, parlò alla Terra, la quale sorrise schiudendosi ad esso finché erba e fiori cominciarono a generarsi nel suo grembo. E infine il Vento si levò, chiamando a raccolta le Nubi, e la Pioggia scrosciò, e lo stambecco tornò:
<<Ci saranno ghiacciai e nevi che ti alimenteranno tutto l’ anno. Vedi, la pioggia è iniziata. Rilassati, io ti aspetterò a valle. Mi sarai grato, son certo!>>.
Lentamente il ruscello sentì giungere nuova energia: le sue acque aumentavano continuamente senza che egli fosse più in grado di controllarle: i rigagnoli ingrandivano, sfuggendogli. In un vortice vide le fenditure della roccia saettargli di fianco, ma invano cercò di raggiungerle: un letto che sembrava preparato apposta lo accolse, lo raccolse, lo incanalò, lo imprigionò. E davvero c’era, sulla strada, tutto quanto lo stambecco aveva predetto: nel tumultuoso suo scivolare vide erba e fiori ornare le sue rive, e quando fu ben largo vide boschi specchiarsi nelle sue acque profonde. Certamente anche i pesci sarebbero venuti...Così come promesso, sassi lisci ed enormi rocce ne presero le carezze o gli opposero resistenza.
E infine vide il dirupo avvicinarsi inesorabilmente: dopo di quello forse ne avrebbe incontrati altri -oh lo strazio di non conoscere tutto il cammino da compiere! Ed ogni volta, a monte, le sue acque avrebbero vissuto la stessa incertezza…In fondo a quello sconosciuto percorso lo stambecco lo attendeva, sicuro di sé...
Il dirupo era lì ed egli dovette affrontarlo, non sapendo di creare una meravigliosa cascata. E nel momento in cui cadeva si rese conto che era ormai molto distante dalla vetta. Provò a volgere lo sguardo indietro: dov’era la sorgente? Dov’era il ruscelletto? E i rigagnoli? E le fenditure?....
<<Bravo!>> lo stambecco esultava e saltava ed esultava:
<<Bravissimo! Guardati ora: sei diventato un magnifico, enorme fiume!>>.
Da un masso all’altro, lungo le sue sponde, lo stambecco applaudiva: 
<<Me ne sei grato, son certo! Non senti, ora, il rumore del tuo scorrere? Imparerai a perfezione il suono delle tue acque fino a farlo diventare un gioioso canto man mano che avanzi!>> 
e lo stambecco osservava la sua opera:
<<Sei un fiume. E dunque dimentica di essere stato uno stentato ruscello!>>
Già, era proprio un fiume, Per quanto si voltasse indietro non c’era più traccia del ruscello timido, silenzioso e poco appariscente, Era un fiume, ora. Sì, era proprio un fiume....Una strana malinconia sembrò impadronirsi di lui.
E d’improvviso le sue acque divennero più placide, il suo letto si appianò poco a poco, e sopra i ciottoli levigati il rumore delle acque si attenuò, si ricompose, si fece melodia……ed il fiume cantò. Così piano e così quieto che ascoltandolo ad occhi chiusi, stesi sulle sue sponde, si sarebbe detto ch’era un pianto.

Mirella Morelli

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