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venerdì 27 marzo 2015

"All'imbrunire" di Fabiola D'Amico.

Donne si raccontano.

All'imbrunire.

All’imbrunire, Camille si avvicinò all’ampia vetrata e osservò intensamente il mare burrascoso. Il suo cuore rumoreggiava nel petto con la stessa intensità delle onde selvagge. 
“Respira, Camille!” s’impose sentendo il panico crescere sempre di più. 
Non doveva lasciarsi vincere dal dolore e dalla paura. Nonostante l’ammonimento, sentì l’aria farsi pesante. D’istinto, aprì la portafinestra e lasciò che il vento le investisse i capelli, il viso.
S’incamminò lungo la passarella e si diresse a piedi nudi verso il mare. Sarebbe stato così semplice fermare l’agonia che da giorni la soffocava. Sarebbe bastato camminare fino all’acqua, lasciarsi sommergere dalle onde e poi farsi trasportare lontano, sempre di più fino a morire.
Semplice, forse indolore e veloce.
Arrivò sino al bagno asciuga. L’acqua gelida dell’oceano la sfiorò. 
Le onde sembravano così invitanti. Confortanti. L’avrebbero abbracciata, cullata. Aveva bisogno che qualcuno si prendesse cura di lei. Le lacrime le annebbiarono la vista, rigarono il volto e il sale del mare si mescolò a quello del suo corpo. Mosse un altro passo verso l’oceano. Nelle orecchie le onde tuonavano, tacendo il rumore del cuore.
L’acqua l’artigliò. Si abbandonò alla forza della natura. 
Chiuse gli occhi e pensò che da lì a poco non avrebbe più avuto paura.
L’onda la sommerse, la trascinò, la lasciò. Doveva spingersi più avanti o il coraggio di farla finita l’avrebbe abbandonata.
Ma era davvero la cosa giusta? Si chiese in uno sprazzo di lucidità. 
Era sola, abbandonata. I sogni di una vita infranti. Tradita e messa alla berlina dal solo uomo che avesse mai amato. 
Si alzò e fece due passi avanti. Le onde arrivarono e la colpirono.
La voce di mamma si alzò tra il rumore che la circondava. 
“Camille!” 
“Sto arrivando, mamma. Ho così tanto bisogno di te. Mi manchi” sussurrò al vento.
“No, piccola. Devi reagire. Non si vive per gli altri ma per se stessi. Se non ami Camille come puoi pretendere che qualcuno lo faccia?”
Si arrestò. Scosse la testa fradicia.
Non c’era nessuno intorno a lei. “Camille! Devi credere in te stessa. Non siamo ciò che gli altri vogliono. Siamo ciò che noi vogliamo”.
“Non ce la faccio, mamma! Che senso ha la mia vita senza di lui? Senza di te?” gridò con rabbia.
“Io sono con te. Io ti amo e voglio che tu viva per il sorriso che sai donare al panettiere, per la gentilezza con cui aiuti chi ha meno di te. Non si ha bisogno di un uomo per vivere quando dentro di sé c’è l’amore che tu possiedi”.
Un’onda gigantesca la spinse. Si lasciò trascinare. Annaspò nell’acqua. Era la fine. Lo era davvero. Ma forse no. Doveva solo desiderare di vivere.
Fabiola D'Amico

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