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mercoledì 25 marzo 2015

"Generazioni di Donne" di Emma Fenu. Donne si raccontano.



Donne si raccontano.

"Generazioni di Donne"

Sono nata sul confine fra due mondi, lingua di terra fra un castello che volgeva al declino, lasciando dietro di sé il pudore della memoria, e un torrente che si insinuava, ospite inatteso, fra orde di occhi increduli.

Mi appartengono le parole magiche, sussurrate, in dialetto arcaico, sulla mia fronte febbricitante e i versi di “Michelle”, cantati, con il cuore palpitante, sognando un primo amore; le preghiere canoniche in latino, imparate a memoria per la Prima Comunione, e i versi di Shakespeare, parafrasati per l’esame di diploma; le corse di piedi scalzi, che solcano ogni uscio della strada come se fosse il proprio, e i tragitti in aereo per raggiungere, dall’Isola, il “Continente”; il frusciare degli scialli neri, che avvolgono corpi di donne che profumano di incenso, mandorle e miele, e la poca stoffa e molta storia di una minigonna.

Il mio era un tempo ossimorico in cui si incrociavano passato e presente.

Mentre il mondo e l’Italia erano storditi da un boom che non proveniva più dalle bombe, la mia infanzia trascorreva fra silenzi assordanti, in cui poche parole erano già troppe e alcune, in realtà, non andavano neppure dette, ma solo capite; fra urla e pianti cadenzati condotti dalle prefiche, attorno al corpo di uno sconosciuto; fra segreti, tramandati da madre in figlia, al proferire dei quali anche gli uomini tacevano, deponendo le armi.

Mia madre, donna alla moda, danzava al ritmo del grammofono e pesava le parole e centellinava gli abbracci, anche se le ero a pochi centimetri di distanza.

Mia figlia, donna alla moda anch’essa, possiede lo stesso grammofono, come un cimelio “vintage”, e le sue parole sono tattili e corpose, anche attraverso lo schermo di un pc, anche se vive in un continente diverso dal mio.

Io sono l’anello di una catena, quello che ha rischiato di spezzarsi, quello che non ha ceduto. Generata per ripercorrere strade già note, ma cresciuta per attraversare i confini di quel mondo in agonia, prima di far nuovamente rientro, se pur nella memoria, laddove, soltanto, ha senso la parola “casa”.
Emma Fenu

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