«Il tuo petto pare narri una storia. Mi racconterai una fiaba, dolce fratello? Nel buio di gennaio, venivi sempre presso la mia culla ad inventare una vicenda. Al taglio della luna, si sostituiva il grido del re e la furbizia dei boschi. Rielaboravi quanto ti era stato insegnato alle scuole, per me calpestavi la dottrina. Ancora, fratello, ancora! Siamo nel pieno dell’età adulta, ma voglio dormire nel tuo fantasticare. La realtà non accetta la nostra danza, quell'andar via e tornare a piacimento. Dobbiamo essere vigili, lesti, con le punte ferme. E urlo al creato la mia voglia, la fiaba e la finzione. »
(...)
«Siamo grandi, sorella; lo hai ammesso tu stessa. Giacché abbiamo superato il peggio, scalpitando per un impiego, una casa, una famiglia, possiamo dirci liberi. La prigione del ritmo si è sciolta: non più orari, non compromessi. Il tempo e l’aurora sono la nostra favola personale. Basta fuggire il sonno per una notte e spalancare la finestra. Ecco il cinguettio del sole e quella tiepida frescura; questa la fantasia della nostra età, questa la meraviglia. Tu riesci ancora ad ingannare la mente, quando la brina sfuma nei ricami dell’edera? Abbiamo soltanto il chiarore di una stanza e il piacere di un legame. Piangi con me, sorella, al sorgere della luce e al canto delle nubi.»
*Sesto Vento_SylviaRose
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