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giovedì 25 giugno 2015

"CENERE" di Grazia Deledda (Recensione di Lisa Molaro)




RECENSIONE

CENERE

Cadeva la notte di San Giovanni. Olì uscì dalla cantoniera biancheggiante sull'orlo dello stradale che da Nuoro conduce a Mamojada, e s'avviò pei campi. Era una ragazza quindicenne, alta e bella, con due grandi occhi felini, glauchi e un po' obliqui, e la bocca voluttuosa il cui labbro inferiore, spaccato nel mezzo, pareva composto da due ciliegie. Dalla cuffietta rossa, legata sotto il mento sporgente, uscivano due bende di lucidi capelli neri attortigliati intorno alle orecchie: questa acconciatura ed il costume pittoresco, dalla sottana rossa e il corsettino di broccato che sosteneva il seno con due punte ricurve, davano alla fanciulla una grazia orientale. Fra le dita cerchiate di anellini di metallo, Olì recava striscie di scarlatto e nastri coi quali voleva segnare i fiori di San Giovanni, cioè i cespugli di verbasco, di timo e d'asfodelo da cogliere l'indomani all'alba per farne medicinali ed amuleti.
Chiusura:
Eppure, in quell'ora suprema, vigilato dalla figura della vecchia fatale che sembrava la Morte in attesa, e davanti alla spoglia della più misera delle creature umane, che dopo aver fatto e sofferto il male in tutte le sue manifestazioni era morta per il bene altrui, egli ricordò che fra la cenere cova spesso la scintilla, seme della fiamma luminosa e purificatrice, e sperò, e amò ancora la vita.
Commento:
Ho scelto di riportare solamente l'inizio e la fine di questo spettacolare romanzo e di non parlare molto della trama per permettere al lettore di assorbirne per ordine, lasciandosi coinvolgere e impigliare dalle pieghe delle parole !
Già comunque da ciò che ho riportato balzano agli occhi le mille meravigliose metafore tipiche di questa scrittrice che amo alla follia! descrizioni di paesaggi e descrizione dell'animo umano, odori che si fondono e si confondono fino allo stordimento ci accompagnano lungo tutto il romanzo, quasi tenendoci per mano!
Ogni volta trovo incredibile la scrittura di questa Donna autodidatta che se pur leggeva poco ( cosa da Lei stessa ammessa!) scriveva in un modo che non aveva nulla da invidiare agli altri Maestri della penna! 
Leggeva poco, ok, ma di certo quel poco non era robaccia ma letteratura russa o di altri grandi nomi che hanno fatto Storia fin dai primi scritti! 
La tecnica verista ed il folclore regionale furono per Lei soprattutto un'occasione per dar libero sfogo al fondo oscuro delle sue inquietudini di donna ardente e ribelle; questo libro..come pure altri suoi che ho letto, è un romanzo di denuncia verso la distinzione di ceti sociali e verso quello che ora noi chiameremmo Karma..
Ma siamo sicuri che nascendo pastore ...pastore avresti dovuto morire?
Quanto possiamo noi cambiare in corso d'opera..vivendo? Tutto o niente?
quanto le nostre insicurezze e paure determinano le nostre azioni e ci fanno arretrare o avanzare a secondo delle emozioni?
Al di là dei dettagli, bellissimi e fondamentali, di una Sardegna dei tempi andati trovo comunque molto moderne e attuali certe tematiche in questo libro trattate!
Se dovessi una carrellata di aggettivi e parole chiave importanti in questo libro, allora partirei certo con la parole Orgoglio, Vergogna, Onore...poi di seguito subito ci affiancherei un enorme senso del dovere che spesso cozza con la vera volontà d'azione rendendo forse ipocrita chi pensa di dover fare la cosa giusta anche a costo del disonore pubblico!
Sardegna, dicevo, arcaica, etnica, ricca di pregiudizi, superstiziosa e pettegola, odorante di sambuco e grano, nera come le vesti delle donne dai capelli corvini e dalle dita nodose...Sardegna fumante come il cupo di una chicchera di caffè, fumante di passione ardente che tutto muove e tutto incenerisce, sardegna di effusioni, "di cuoricino mio", di km percorsi a piedi per salvarsi o per perdersi...per ritrovarsi o per sfuggirsi....Sardegna da leggere!

GRAZIA DELEDDA


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