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lunedì 22 giugno 2015

"LASCIATE OGNI AUTENTICITA' VOI CHE ARRIVATE" di Maria Francesca Consiglio



"Lasciate ogni autenticità voi che arrivate."

Dio m'ha dato l'involucro di Cleopatra con mani per orchestrare la più antica delle arti, occhi per ammaliare i pazzi che non hanno nulla da perdere, labbra meritevoli di sorseggiare dal calice degli Dei il miele che l'animo è già ubriaco senza il vino; ma nel cuore, in quel cuor dannato, io son Marco Antonio. Bipolare nell'indole, avventuriera in amore e marinaio, con piedi in troppe terre, nelle promesse. Amo la bellezza che non si può violare e che mi rimanda ai tempi in cui si era davvero esseri; m'imbatto in corpi senza consistenza, scia di un'essenza sbiadita, in questo secolo che vegeta con il didietro, comodo ed usurato, ad oziare sull'animo. Darei un metro della mia chioma demodè per tornare al tempo che m'ha partorita. Vorrei assentarmi nell'assenzio che non sia replicato o blanda chimica, che puzzi di epidemie che abbia voluto madre natura e non l'industria, che ubriachi di speranza i sensi, senza dissensi, per l'arrivo di un nuovo secolo. Mi divora la nostalgia della convinzione di poter lasciar l'arte ai postumi senza paura di ripetersi come accade oggi, in questo tempo di produzioni su immonda scala mondiale, massacranti, d'idee infinitamente gravide, mai abortite per non dar disequilibrio al budget iniziale, per farlo quadrare anche quando è rotondo ( che una trovata senza spigoli non è nociva dunque sarebbe impopolare venderla). Secolo, nato inabile a forgiar bellezza, ultimo dei figli, regalami un'invenzione che non sia privata dell'emozione dell'unicità. Oh come vorrei saper di dover morire a causa della fame e non di quel che mangio. Come vorrei percepire l'innocenza di una bambina che non ne sappia più di me a proposito delle porcherie dei giorni nostri, che scelga di correre nei prati e sporcarsi piuttosto che immobilizzarsi "candidamente" ( vestita di tutto punto da sembrar la madre che a sua volta ne sembra la sorella maggiore) dinanzi ad uno schermo piatto che ne farà un'adulta stantia, incapace di trovar la propria strada se non consultando qualche mappa esplorata da chi ci racconta la supremazia della tecnologia sulla più primordiale intuizione umana, metallo contro cuore; si contro il cuore. Ci si ricorda di aver un cuore? Non lo si sente il suo battito con la musica prepotente nelle orecchie di qualcuno che, perforando timpani e buone maniere, vuole insegnare i sentimenti (scritti saggiamente da banchieri ed usurai) gridandoli senza più cantarli. Si cammina per strada sigillando i sensi, colando cera rossa sugli occhi nero squalo, sulle labbra violacee come quelle di un morto triste, sulle mani bendate, pensate ora solo per reggere cellulari, i vampiri della modernità, con le dita nascoste al tatto altrui, con le cuffie prontamente indossate per evitare ogni possibile conversazione ( che ormai per strada circolano solo assassini in frac) che estraniano da un mondo sciocco ma pur sempre reale. Oh bellezza, oh gioa mancata, oh carenza affettiva perforata come uno scolapasta ciclopico, tutti vi rincorrono attraverso l'uso, l'abuso, di proiettori singhiozzanti su mura sbiadite, bugiardi suggeritori, dietologi rimpinzanti di gelati con la stecca di chiodi arrugginiti, ricchi arricchiti da chi paga per perdere, modelli deturpati dalla perfezione di un canone che cambierà con l'avvento di un nuovo anno, che farà ridere tra dieci e riempirà l'archivio storico tra cento; moderni con la fobia d'invecchiare che un giorno saranno antichi, polverosi ma mai decadenti, che il decadente ha dignità da poeta mentre loro l'inutilità di un numero di una pagina dell'elenco telefonico, quello che ormai nessuno legge più.

© Maria Francesca Consiglio Writer - all rights reserved.

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