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domenica 28 giugno 2015

“Il buio nella mente”, recensione di Silvia Lorusso

Sul tema della dislessia, propongo un film “Il buio nella mente” del 1995, tratto dal romanzo La cérémonie di Ruth Rendell, e come interpreti due mostri sacri del cinema francese: Isabelle Huppert e Sandrine Bonnaire, per la regia del maestro della nouvelle vague Claude Chabrol. Fu presentato in concorso alla 52ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia dove vinsero la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile. Un film livido, dalle atmosfere incalzanti, come nel romanzo della Rendell, che ci mostra come il sodalizio delle due protagoniste, emarginate dalla società, una per la dislessia (Sandrine Bonnaire) e l’altra per sospetto omicidio della figlia (Isabelle Hupert) si abbatta come una catastrofe sui benpensanti del piccolo paesino che guardandole con sospetto, le giudica e le allontana senza un briciolo di umanità Una discesa nell’orrore che ha radici nell’indifferenza e nel pregiudizio.
Il film ha come protagonista Sophie Bonhomme, che viene assunta come domestica dai Lelièvre. La famiglia, che vive in una villa isolata della campagna bretone, è composta da Catherine, dal marito Georges, e da un figlio e una figlia avuti dai matrimoni precedenti. Gilles è il figlio di Catherine e del suo ex-marito, un adolescente solitario che ama la lettura e nutre una forte passione per l'arte; Melinda è la figlia di Georges, studia all'università e trascorre i fine settimana a casa, dove invita il suo ragazzo, Jérémie. Catherine – che possiede una galleria d'arte - non può occuparsi della casa, cerca l'aiuto di una cameriera e per questo assume Sophie.
Sophie evita di usare la lavastoviglie, si rifiuta di prendere lezioni di guida (non avendo la patente), compra finti occhiali da vista, e ha problemi nel contare il resto che le viene dato dopo gli acquisti. Verso la fine del film verrà chiarito che Sophie è analfabeta, e che ha alle spalle una storia di violenza, tanto che è sospettata di aver ucciso il padre handicappato, o quanto meno di non averlo aiutato ad uscire dall'incendio scoppiato nella propria casa.
Non sapendo guidare Sophie percorre a piedi la strada che porta al paese, e qui conosce Jeanne, impiegata dell'ufficio postale, che fa anche la volontaria presso la parrocchia locale. Jeanne, malvista da Georges, inizia ad avere una cattiva influenza su Sophie; l'impiegata, oltre a essere sempre indisponente e aggressiva verso il prossimo, manomette i pacchi e le lettere destinate ai Lelièvre. Anche lei ha una storia di violenza alle spalle, essendo stata accusata di aver ucciso la figlia. Le due amiche si incontrano con regolarità, sia in paese che nella camera di Sophie in casa dei Lelièvre per guardare la televisione. Sophie viene ben trattata dai due coniugi, ma la loro condotta sicura e la loro vita senza problemi fa sorgere sentimenti di invidia sia in Sophie che in Jeanne.

Un giorno la domestica, istigata da Jeanne, ascolta una conversazione telefonica tra Melinda e il suo ragazzo, e scopre che la giovane è incinta. Poco dopo, nel corso di un colloquio in cucina, Melinda capisce che la domestica è analfabeta; quest'ultima, offesa, minaccia di rivelare la gravidanza della ragazza se rivelasse la cosa ai genitori.

La ragazza, in preda al pianto, rivela ai genitori di essere stata ricattata, e anche il problema di Sophie: il padre decide allora di licenziarla, dandole una settimana di tempo per organizzarsi. Jeanne racconta poi all'amica di come accidentalmente avesse ucciso il figlio anni prima e di come la giustizia fosse stata poco incline a crederle, mentre non chiara rimane l'implicazione di Sophie nel rogo in cui morì il padre.

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