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mercoledì 17 giugno 2015

"Marianna Sirca", recensione di Lisa Molaro



Marianna Sirca
di Grazia Deledda

Marianna è ancora una bambina quando il suo buonissimo padre la manda ad accudire lo zio prete, con la speranza che un giorno alla dipartita di quest’ultimo la figlia possa prendere in mano le redini di una vita che altrimenti non le avrebbe garantito benessere!
Il padre è un pastore, buono, semplice e con la timidezza sulla voce: non si impone mai a nulla e solo in una occasione lo vedremo davvero alzare la voce e quasi pestare i piedi..ma sarà solo un attimo…poi rientrerà dentro il proprio guscio fatto da coscienza governata dai dubbi .
Tutto quello che ha fatto, le decisioni che un tempo prese, sono state dettate dal buon senso e dal preparare il terreno alla figlia affinchè potesse piantare belle piante sulla sua vita; ma forse l’averla allontanata privandola della sua presenza non ha contribuito a garantirle la serenità che un giorno avrebbe invece potuto avere! Cos’è la vera ricchezza??
Marianna era a servizio dello zio ma non per questo ne era la serva, questi ruoli appartenevano ad altre figure importantissime per lo svolgersi della trama, ed è proprio durante questo periodo che conosce il piccolo servo Simone Sole ( che bel nome !)
Mi fermo qui con la descrizione spiccia della trama e “parto” con le mie elucubrazioni.
Per me è stata lettura endofasica pura, al cento per cento, leggevo e disegnavo, dipingevo e recitavo nella mente ogni singola scena; la vibrazione del cellulare al mio fianco spesso mi faceva spaventare prendendomi per i piedi e portandomi nella realtà del 2015…poteri deleddiani!!
Cos’è un secondo? Può diventare eternità? Può stravolgere i ruoli, ribaltarli, alternarli, metterli in riga o tenerli distanziati? Quando si sa che il momento è IL MOMENTO? Quando la passione ti brucia l’anima, quando l’aria da respirare non esiste ed il cuore diventa una palla di fieno pronta ad incendiarsi, quando le lacrime sono gocce di fuoco e la volontà è ferro fuso rimodellato a caldo..e scintille..scintille ovunque come schegge impazzite governate da amori orgogliosi!
Mentre leggevo ho visto donne che proteggevano il proprio amore come fosse un cucciolo, come tigri dagli occhi di sfida che circondavano il piccolo con passi silenziosi ma continui, in un giro tondo di rabbia, di possesso, di determinazione, di lotta. Però ecco che subito cambia il ruolo e la tigre la vedo diventare cerbiatto dagli occhi di paura, la vedo scappare nel bosco ed andare a rannicchiersi dentro la pietra scavata a culla..
…è ferita..
..ascolta i passi ..
Ma anche il cerbiatto ha il suo orgoglio, a volte lo masticherà ma molto più spesso di lui si farà servo
Sarà proprio questa sudditanza all’orgoglio, denominatore comune di quasi tutti i personaggi della storia , ad annullare i ruoli, a rendere tutti i ceti sociali uguali, a cancellare padroni e servi, onesti e banditi.
Amore di un’ossessione o ossessione d’amore, il desiderio prepotente e invadente, ingestibile ed indomabile trova sfogo non in baci veri o in matrimoni davanti all’altare ma in baci come teste appoggiate sul grembo, in una notte di primavera, quando il buio circonda la casa ed il battito del cuore rischia di sentirsi in lontananza; matrimonio d’amore, matrimonio di sangue…il vero senso dell’infinito.

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