RACCONTO
L'affamata d'oro.
I miei occhi ti son più dentro d'un arpione nel palmo del pescator sbadato che per concupir la preda s'è distratto alla danza della sua supplica, perendo nel fondale dei suoi stessi desideri; acqua che sa di sale, acqua che sa di lacrime, tutto ti risucchia riversandoti sulla battigia dove la sabbia m'è complice. Le punte del mio tridente, che non puoi estrarre senza sfoltir la carne come fosse corona di petali, son le mie penne: scrivo il passato, scarabocchio il presente, tratteggio il futuro sulla carta e sulla tua pelle, ove l'inchiostro arde di fumi e silenzi soffocati. Che donna son io che ti bramo lo zucchero sciolto sulle dita da madre? Batte per le tue carezze il cuor d'una giovane folle che vorrebbe sporcarti di voluttà. Scivolano le labbra sui sogni che non posso esaudire ed è un corteo di figure che ti violano e m'invogliano il peccato di profanarti le grazie. Prego di risvegliarti il fuoco sulla torcia guida del mio labirinto che s'apre sulla tua schiena divisa come l'acque di Mosè, salmastre da dissetarmi l'amaro sulla lingua. Voltati e schiudi le tue paure come l'ali d'una falena morente nella mia oscurità. Danzami, indossami e lascia che t'insegni l'ignoranza del mio mondo. Rubami la passione e scorticala via dalla mia pelle per farti Arlecchino di me e d'ogni mio peccato. Che amica son io che violo ogni regola perchè ingorda d'una dolcezza da metter sotto campana, la tua, che mi disegna il piano per dissacrarti? Voglio incastonar rubini sporchi di passione sull'oro dei tuoi capelli. M'appartieni: sei palcoscenico ove batto i piedi come una bimba capricciosa che nessuno sente. Solo tu m'ascolti perchè ti cammino dentro, ti corro sul palco legnoso dell'animo tuo ed i miei respiri, i miei affanni, son sinfonie che scrostano le tue pareti dimenticate. Voglio custodirti il cuore pulito di razionalità. Il tuo cuore guarda il mio come un frate col mendicante, come il bimbo con il cucciolo che la madre non vuole dentro casa sua. Ahime nulla posso contro l'educazione d'una società di sapienti ignoranti che t'hanno addomesticato le pulsioni rendendo il leone un micio da salotto.
© Maria Francesca Consiglio - all rights reserved.
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