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giovedì 20 agosto 2015

"LO SGABELLO DEL DOLORE" di Maria Pace



LO SGABELLO del DOLORE

Mezzogiorno era passato e le ombre del pomeriggio correvano veloci lungo i perimetri delle case quando, l’indomani, il centurione Fabio raggiunse la casa di Marco, che ricevette lui e l’uomo che l’accompagnava. 
“Lui è Tullio.” esordì Fabio senza preamboli. 
Marco li scrutò entrambi poi a bruciapelo domandò all’amico se fosse anche lui uno di quei sovversivi che infestavano Roma.
“Ti sembro un sovversivo?” rispose Fabio.
“Sei uno di loro?” Marco ripeté la domanda..
“Sto cercando la Giusta Via!” rispose l’altro; Tullio taceva.
“La Giusta Via! - replicò Marco con sarcasmo - Capisco i tuoi strani malumori… ma un cristiano! – continuò piantandogli in faccia due occhi indagatori. Per qualche incomprensibile ragione, lo sguardo dell’amico, carico di emozioni a lui sconosciute, lo irritò – Capisco che l’Olimpo sia caduto in disuso, ma, tra le tante divinità straniere in uso a Roma, per Marte Quirinus, proprio al Dio degli Ebrei dovevi chiedere protezione? Un Dio che approda a Roma e si rifiuta di entrare nel nostro Olimpo, come ogni altra onesta divinità straniera… che dichiara di essere il solo e accusa gli altri Dei di impostura… che manda suo figlio a nascere nella casa di un falegname. Via! Hai rinunciato alle fantasie dei nostri Dei, non vorrai credere a quelle di questo Dio così esigentE?”
“Forse è la Divinità attraverso cui si adempierà la promessa.” 
“Promessa... adempimento... Ma di che cosa stai parlando, Fabio?”
“Della salvezza dell’uomo!” fece candidamente l’amico.
“Tu insegui una chimera. Tu vivi per qualcosa di inconciliabile con il raziocinio più elementare. Salvare l’uomo... e da cosa? Gli Dei sono stati inventati per tenere uniti i popoli e non per creare disordini. E non crederai davvero che quel giudeo sia risorto?” 
“Tullio è un testimone! – Fabio indicò il vecchio reduce che non aveva ancora aperto bocca - Lui ha visto il sepolcro vuoto!”
“Mi hanno già parlato di te. - Marco si girò verso Tullio – Dovrei farti arrestare… Il sepolcro vuoto! - fece sarcastico; a lunghi passi 
percorse la stanza, poi si fermò di fronte al vecchio, ne scrutò le inquietanti angolosità del volto, lo sguardo appannato da impenetrabili angosce. Cercò risposte, su un sembiante da cui traspariva qualcosa di vinto e di impotente e gli parve di scorgere uno spirito inquieto, arrugginito da vana ricerca di qualcosa ed afflitto dal timore di non saperla affrontare.
“Un sepolcro vuoto! – ripeté scettico – L’hai visto sorgere dalla tomba, quel galileo? Hai visto con i tuoi occhi quella tomba scoperchiarsi e lui uscirne? Furono tante le tombe scoperchiate quella notte: un terremoto provvidenziale per tutti, avversari e seguaci. Io, però, ho inteso parlare di vino drogato fatto bere alle guardie al sepolcro… Eri una di quelle guardie drogate?”
”Quella voce fu fatta circolare dal Sinedrio in accordo con Pilato - precisò Fabio - Riferisci al tribuno cosa accadde quel mattino. Parla, Tullio… Su, parla!”
“Il terremoto scoperchiò molte tombe. E’ vero quanto dici, tribuno.- il vecchio prese finalmente la parola; dagli occhi, scuri e affondati fra due grosse pieghe, partì uno sguardo sorprendentemente lucido - Tutta Gerusalemme era una tomba aperta: l’uomo tentava di uccidere Dio!”
Marco fissava la faccia inquieta del vecchio e scuotendo il capo.
“Siriani! – esclamò, storcendo le labbra in una smorfia - Create trappole in cui siete i primi a cadere! Rispondi: foste drogati oppure no?”
“Non posso dirlo. – confessò quello - Uno dei miei compagni che era davanti all’ingresso del sepolcro disse di aver visto una luce poco prima del terremoto.” 

Tullio parlava con prudenza e a Marco dette l’impressione che dosasse e calcolasse ogni parola, ogni frase. Con calma. In netto contrasto con l’esaltazione dello sguardo. Suo malgrado, Marco avvertì un’indefinibile attrazione inclinarlo verso di lui, benché poco proclive a degnare della propria attenzione un inferiore, se non necessario.
“Il mio compagno disse di aver udito rumori – riprese Tullio – Insieme ci recammo dal Governatore per avvertirlo del sepolcro vuoto.” 
“Un sepolcro vuoto! - un rapido sorriso nello sguardo di Marco - Un sepolcro vuoto è solo un sepolcro vuoto! Vuol dire che qualcuno ne ha trafugato il corpo che l’occupava. La verità è che solo una mente giudaica, discendente di quei caldei, famosi per i loro misteri, poteva essere capace di introdursi in certi meandri senza perdersi nelle loro sirti... Tutto era stato preparato, credete a me. Calcolato, disposto: la morte spettacolare, la deposizione nella tomba, la resurrezione. Un Dio… ammesso che l’Olimpo sia abitato, in fede mia… un Dio non può morire per mano mortale! Quel giudeo invece è morto!”
“Non per mano mortale, ma per volere divino.” replicò Fabio.
“Per volere divino! - ripeté il tribuno – Un momento! Un momento! Quel giudeo è morto sulla croce, dicono i suoi seguaci, ma ci fu chi dubitò fin dal primo momento di quella morte e… Per Marte Quirinus, qualche dubbio l’avrei anch’io. Tre ore… tre sole ore d’agonia… suvvia, troppo poche per rendere l’anima agli Dei!”
“Dubbi fatti nascere a dovere!” insisté il centurione.
“Ma tu lo sai, amico mio. Tu sai bene che sulla croce non si muore dopo solo tre ore e che l’emorragia alle mani si arresta presto… Questo devi saperlo anche tu.. come ti chiami?… Tullio. Tullio… A quante crocifissioni hai assistito? Quanti condannati hai visto morire per fame prima ancora di cedere ai patimenti su quello sgabello sotto i piedi?”

Lo “sgabello del dolore”. Così era chiamato il sostegno che veniva posto sotto i piedi del condannato quando i piedi non gli venivano inchiodati al legno come si faceva con le mani. Gli si metteva anche un sostegno fra le gambe, affinché il corpo vi trovasse appoggio. Lo scopo era di impedire che le lacerazioni delle mani lasciassero cadere il corpo al suolo e perché la morte non fosse lenta: quella della croce era la pena più ignominiosa riservata a schiavi ribelli, prigionieri di guerra e malfattori e doveva servire da monito.
“Personalmente ho visto molte crocifissioni, in Giudea. – riprese Marco Valerio – Non ricordate il caso di Manasse di Cesarea?… Era ancora vivo quando fu deposto dal legno e gli fu concesso di vivere… dopo energiche cure, naturalmente… In fede mia, non è l’unico caso di cui ho inteso parlare. Questo nazareno, non potrebbe essere stato “aiutato” dai suoi seguaci a resuscitare?” 
“Non dai suoi seguaci, Marco. – replicò convinto Fabio - Dio lo volle e Dio lo resuscitò da morte, secondo le Scritture. I miracoli e il potere di guarire, conferito ai suoi discepoli...”
“Fatti insipienti magnificati dall’impostura! - lo interruppe per la seconda volta Marco, parendogli che gli ingranaggi di quella conversazione cominciassero a cigolare come i cardini allentati di una ruota - Possibile che non te ne renda conto? Molti dei seguaci lo abbandonarono, appena capirono che quel nazareno non era il condottiero che aspettavano, benché alcuni tentino ancora di portare avanti il gioco. - rumori di stoviglie, intanto, provenienti dall’interno della casa indicavano che l’ora della cena era vicina. - Lascia da parte queste follie, amico mio, e resta a cena.” 
Il vecchio, però, si schiarì la gola e fece sentire nuovamente la sua voce: 
“No, signore. Per tre giorni la terra tremò e nella Torre Antonia accaddero cose strane: rumori di frusta, chiodi e martelli...”
“Cose da donnicciole! - fece sprezzante Marco - Non degne di un soldato!... ma, se credere questo basta a renderti felice, vecchio, tieniti pure la tua illusione!”
“Lo stesso Pilato e sua moglie...” tentò di replicare l’altro, ma un rumore di passi affrettati lungo il portico e una voce concitata vennero a interrompere il drammatico racconto:
“Tribuno! Tribuno” - la comparsa di Celso, lo schiavo di Lucilio, che senza neppure farsi annunciare faceva irruzione nell’armeria mise tutti in allarme - I Pretoriani hanno arrestato il mio padrone.” gridava, ansimando come un mantice per la corsa e l’affanno.

(continua)

brano tratto da "LA DECIMA LEGIONE - Panem et Circenses" 
di Maria Pace - da richidere SCONTATO e con DEDICA a
mariapace2010@gmail.com

MARIA PACE

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