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lunedì 10 agosto 2015

"LA STRADA DI INSTANBUL" di Daniela Nutini


STRALCIO 

Questa è una parte di un mio racconto "La strada di Instanbul"

" Parlarono poi a lungo, nel buio, sussurrandosi i segreti dell'amore e della gioventù. Rainer confidò la sua infanzia, la cittadina piccola e squallida, il padre triste , la madre malaticcia. L'alzarsi la mattina nell'alba gelata con il cuore ghiaccio di squallore , la colazione trangugiata in fretta lasciata per lui nella cucina ancora in penombra. Solo, pieno freddo, con i libri legati con la cinghia si avviava di corsa a quel purgatorio in terra che era la scuola, covo di una banda di piccoli malfattori di provincia. Grazioso come era, era sempre dileggiato, sempre punito, mai un momento di pace, con le matite spezzate, i quaderni insudiciati e il maestro con la bacchetta sempre pronta. I ginocchi non guarivano mai per le sbucciature continue e le mani arrossate dal freddo gli prudevano per i geloni e gli occhi perennemente infiammati dalle lacrime non piante. Per non dare pena alla madre non raccontava niente – il padre non contava - e la sera le si rincantucciava contro, accanto alla stufa, per sentire le sue storie. Oh la felicità di quei momenti mentre il b ricco cantava le sue note sul fuoco ed il burro cremoso aspettava sulla tavola! Poi la mamma era morta e lui era cresciuto. Era diventato forte e nessuno più lo dileggiava. Si era indurito: puliva la casa , accudiva il padre sempre più silenzioso . Aveva lasciato la scuola e lavorava e amava da lontano Margarethe, la figlia del fornaio, la graziosa Greta dai vaporosi riccioli neri e dagli orecchini di corallo. Sembrava una zingarella e lui sognava di baciarla tra i rami dei salici, lungo il fiume, dove andava a leggere storie di indiani, lontano da gli altri ragazzi . Poi era scoppiata la guerra, c'era stata la milizia e l'esercito e i morti e ,l'orrore e la paura e i compagni perduti ed era la prima volta che gli tornava in mente il colore del burro sulla tavola della mamma, nel piatto largo dai grandi fiori azzurri.
A Mitia questi poveri racconti stringevano il cuore. Come diversa la sua spavalda giovinezza difronte a questi miseri fatti. Eppure Rainer li raccontava con fiducia, alzandosi seduto , tutto accalorato. Lui sapeva a quali orrori doveva avere assistito, quante persone aveva dovuto uccidere per arrivare sino là: eppure l'unico suo orrore era l'aula della scuola con il suo odore di gesso e l'unica sua paura la bacchetta di un vecchio cretino".

DANIELA NUTINI

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