La seborrea dell'inadeguatezza. Che mi si appiccica inusitatamente. Ti ho incontrata stamattina. Di nuovo. Pensavo che il conto tra di noi fosse stato definitivamente chiuso. Incallita come una tenia, mi hai succhiato la sorte. Io ho provato a dosarti. A mitigare ogni richiamo, munendomi di un silenziatore. Che ho scoperto essere obsoleto. Nell'incavo del mio respirare, hai impiantato l'amplificatore. E siamo state ancora di fronte. Io e te. Mi hai strappato vestigia nuove, senza aver pietà di me. O sono io, che non ho avuto compassione di me? E hai affondato gli artigli dello specchio prima nel corpo, poi dritta al cuore. Avrei potuto urlare. Ma eravamo sole, io e te. Nessuno mi poteva salvare. Il j'accuse è' noto. Viaggia alla velocità del senso di colpa dentro di me. Ci sono condanne reiterate che non ammettono ricorsi.
Ti lascio morire.
(La verità a volte conferma il pregiudizio. Su cui costruiamo la parodia del nostro vivere)
ROBERTA MANZIN
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