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lunedì 20 luglio 2015

"UN UOMO, NELLA CONFUSIONE DI OMBRELLONI" di Mirella Morelli



"Un uomo, nella confusione di ombrelloni"

Arriviamo in spiaggia, come sempre, nelle prime ore del mattino: è bello godere della quiete sonnacchiosa che si respira sotto gli ombrelloni aperti, con i lettini ancora chiusi e in perfetto allineamento l'uno di fianco all'altro, in un rigido ordine geometrico. In seconda fila la brezza è perfetta e l'orda di ragazzini pomeridiani, con telo da mare da stendere a ridosso delle onde, non infastidisce affatto, non lì. 
In poche ore sarà il putiferio: famigliole con secchielli e cappellini, materassini o tavole da surf: tutto nel giro di poco. Odore di creme spray. Un richiamo materno alla prudenza. Di sottofondo il rumore della risacca, ma è solo una comparsa.
Spalmo anch'io la crema protettiva e lo sguardo vaga all'orizzonte: un po' di foschia mattutina, una barca placida, le onde quasi languide di un movimento ripetuto, battente ma delicato. Mi sdraio, godendo del sole sulla pelle prima che bruci. Sul lettino di fianco mio marito ha già terminato lo stesso rituale e ad occhi chiusi ascolta i miei movimenti, in attesa che anch'io mi distenda, rilassata. 
E' solo un attimo. 
Un secondo dopo dal camminamento in piastrelle sulla sabbia si fa spazio un brusio, che diventa subito risate, e poi frasi più comprensibili, infine voci molteplici che si accavallano...ed eccoli, tutto riassunto in quella frase: "Sono questi, i nostri ombrelloni! Eccoli, tutti e quattro!"
Mio marito volge gli occhi al cielo: "Capisci, non è la caletta sarda..." e so che tra un po' si alzerà, buttandosi in acqua per allontanarsi dalla confusione, scaricando in una lunga nuotata la sua insofferenza.
Senza aprire gli occhi mi domando educatamente se sono abbastanza al di sotto del mio ombrellone e se ho lasciato spazio abbastanza ai miei vicini: so di essere ligia, ed è quasi un pensiero retorico. Comincio a fare il gioco dell'accento: da quale regione verranno?...Accento del Sud, no, forse più Centro-Sud...Abruzzo, ho deciso! Mio marito si alza, dirigendosi verso il mare. Mi sfugge un sorriso.
Intanto al mio fianco i lettini sono già disordinatamente e pittorescamente disposti in incroci azzardati, le ciabattine infantili spariscono decisamente sotto il mio lettino ed uno sguardo minaccioso di bimbo incrocia il mio, sembra dirmi: "Tanto lo so che quella sarà la rimessa di tutti i miei giocattoli!". Mi scappa un nuovo sorriso...Grazie a Dio ho dormito bene, stanotte, se fortunato!, avrei voglia di dirgli.
Per contro la mente va, volando ad almeno un decennio fa...a quando i miei figli arrivavano in spiaggia armati fino ai denti di palloni, birilli e succhi di frutta. Si che me lo ricordo. 
Non è lo stress, non è la stanchezza e neanche l'acidità degli anni che avanzano: è nostalgia, realizzo. 
Mi sollevo su un gomito in cerca di un libro da leggere, ma lo sguardo mi cade sulla fila dei quattro ombrelloni. Mio malgrado, comincio ad osservarli: più per noia che per reale curiosità.
Giovani, abbastanza giovani, decisamente amici da una vita, con i figli di ogni coppia che stanno crescendo insieme: un classico. Ma sono le donne, ad interessarmi per prime.
La biondina è giovanissima e delicata, ha la pancia di chi ha partorito da pochi anni e non ce la fa a tornare in forma; con gli occhi non perde un movimento del bimbo che ha depositato tutti i suoi averi al di sotto del mio lettino, ma non lo rimprovera per questo, ritiene sicuramente che essere bambini consente ogni diritto. Questo non mi piace. Sposto allora lo sguardo sull'altra donna, secondo ombrellone: ha un costumino striminzito, troppo striminzito per il suo fisico ridondante, il cui seno sembra voler sfuggire ad ogni istante dal costume; lei non segue nessun pargolo, ma il suo sguardo vaga ansioso sui gesti di un uomo che sta sistemando i vestiti, la sacca dei teli ed altro ancora: una moglie insicura e forse trascurata, che nel silenzio ostenta la sua tristezza quasi a farne un grido di attenzione. 
Sotto l'ombra del terzo ombrellone una donna dalla riccia chioma bruna sta cercando di sistemare con un foulard la chioma ribelle, invano; ha un gesto stizzito dopo soli pochi secondi e lascia perdere, rivelando un'indole impaziente, confermata dal tono brusco con cui sollecita un paio di bambine a spruzzarsi la protettiva se vogliono esporsi subito al sole.
E mi manca il quarto ombrellone, coperto dai precedenti, troppo distante perchè possa giocare a indovinare qualcosa de suoi occupanti.
Pur avendo osservato per pochi minuti e con discrezione, decido di dedicarmi alla lettura, onde evitare di passare per una ficcanaso. 
Mio marito nuota, costeggiando la riva per evitare che mi preoccupi. Io non riesco a concentrarmi sul libro: i pensieri tornano continuamente al passato, a quando cercavamo lidi sicuri e attrezzati affinchè i nostri figli non si annoiassero troppo se non consentivo loro di rimanere nell'acqua. Adesso le loro vacanze sono organizzate tra un esame universitario e l'altro, e gli accordi per un viaggio li fanno giustamente con gli amici, o con la ragazza del cuore. Sì, sono dieci anni che non facciamo una vacanza tutti e quattro insieme: sarà anche giusto così, ma non posso non provare un fremito di nostalgia mentre lo sguardo scivola su quel bambino, le sue ciabattine sotto al mio lettino, il suo sguardo un poco torvo mentre cerca di costruire un castello con la sabbia poco bagnata.
Mi addormento così, in una sottile malinconia.
Mi sveglio nell'improvviso frastuono fattosi più insistente e cerco mio marito, istintivamente: è lì, ha fatto la doccia perchè detesta asciugarsi col sale sulla pelle. Mi sorride. La spiaggia è ormai affollata, ma dei nostri vicini neanche l'ombra: 
"Sono andati tutti a fare un giro in battello, lungo la costa...Non torneranno tanto presto!" e mi strizza l'occhio, complice.
A ora di pranzo ci dirigiamo verso il ristorante, dove per evitare noiose attese prenotiamo il tavolo per tempo. Tutto diligentemente organizzato: forse si diventa così, invecchiando...noiosi?
La quotidianeità mi rasserena, invece, e la sicurezza dei momenti programmati mi fa sentire ancor più la complicità delle giornate in due, condivise dagllo stesso fare, dagli stessi piccoli piaceri.
All'improvviso due voci che si alzano di tono, nel ristorante, attraggono l'attenzione di tutti; ci volgiamo istintivamente a osservare la coppia ad un tavolo centrale, dove lei parla concitatamente ad un lui che la ascolta con faccia visibilmente ansiosa. Nonostante il tono alto la concitazione è tanta che non si capisce di cosa lo rimproveri, per fortuna. Poi, con stanchezza, smette di parlare, abbassa la testa sul piatto, prende a sbocconcellare il cibo senza alcuna voglia. Mi viene un po' di magone, così, immotivatamente, e per riprendermi cerco il cellulare in borsa, telefono ai ragazzi per sentire se a casa tutto è a posto. La telefonata, breve ma affettuosa, mi fa passare la malinconia e quando chiudo la conversazione racconto il nostro dire a mio marito, ridendo con lui delle mie stupide apprensioni di mamma:
"Hanno mangiato una carbonara...con questo caldo, che idea!", rido.
"Hanno vent'anni -risponde con saggezza- se non fanno gli sciocchi ora, quando?..."
La coppia dell'alterco non è più al tavolo.
Ma quando dopo più di un'ora torniamo in spiaggia, scopro che è la coppia del quarto ombrellone. Soli, mentre gli altri amici sono ancora in gita sul battello probabilmente. Lei è sdraiata a pancia in giù sul lettino, il viso voltato altrove a nascondergli lo sguardo mentre lui le parla. E lui è in piedi sotto l'ombra dell'ombrellone, ride, parla ad alta voce e con enfasi, cercando di suscitare una reazione. Ha gesti troppo calcati, ed ogni atteggiamento è forzato, sopra le righe. Mi sembra stia facendo uno sforzo sovrumano, non so perchè. Lo sento ridere ancora, ma lei continua a non girarsi; tuttavia le sfugge un sorriso, chissà che battuta avrà fatto che l'ha finalmente colpita? Vorrei dirglielo, a lui: "Guarda che ha sorriso, insisti!" e poi mi sento stupida, e mi viene di nuovo il magone. Nostalgia, si chiama nostalgia. Nostalgia degli alti e bassi, dei litigi irruenti, dell'insicurezza ad ogni alterco: "E se adesso non mi ama più?...".
Nostalgia, benchè la sicurezza di oggi sia un dato di fatto gioioso...Nostalgia!
Ecco, adesso lui lo vedo bene, è uscito dal cono d'ombra: ha un borsalino di paglia in testa e gli occhiali da sole a specchio, la camiciola aperta sul corpo abbronzato dal cui costume a boxer verde e blu fuoriesce un po' di pancetta quarantenne; si toglie il cappello, rivelando una chioma lunghetta e leggermente brizzolata; si passa una mano fra i capelli, lo vedo vagamente disorientato. 
Mio marito segue distrattamente il mio sguardo: 
"E ce ne mancavano, di seguaci di Califano!" ironizza, ed io gli lancio un'occhiataccia, con antipatia. Al contrario, io ho già empatizzato.
"Insisti, insisti!" vorrei gridargli. E lui sembra sentirmi, perchè riprende a parlare: sempre con tono border-line, con gesti caricati, con la mancanza di spontaneità di chi teme di sbagliare...ma insiste. All'improvviso lei si solleva sulle braccia e per un attimo penso che si volti a guardarlo, invece gli gira la schiena, infila le ciabattine e con andatura un po' ancheggiante si avvia verso le onde.
"Insisti, ha sorriso di nuovo anche se tu non l'hai vista! Insisti, non vedi come ancheggia sensualmente allontanandosi? Fìdati, TI STA PENSANDO IN QUEL MODO!", vorrei urlare al suo viso disperato nel vederla allontanarsi.
Il silenzio, dopo quella sua voce troppo alta. Gli occhi cupi, dopo tanto insistere: si guarda intorno, osserva bambini ragazzini donne nonne e tutte le persone che vivono sotto gli ombrelloni. All'improvviso sento, insieme a lui, tutto quel frastuono di gente che prima non udivo. Ed ecco d'un tratto la sua voce: ferma, profonda e disperata eppur ridente come di chi ha appena vinto una battaglia interiore e sa che vuole continuare la lotta anche all'esterno; ecco che urla con tutto il fiato che ha in corpo:
"Sto-cercando-di-riconquistare-mia-moglie!"
Scandisce bene ogni parola.
Nel chiasso della spiaggia la sua voce si perde, senza attrarre attenzione alcuna se non la mia. Nessuno si volta, ma lui neanche se ne interessa: è perso nella sua battaglia e nella ricerca di una vittoria...Tremo per lui.
E forse è questo che sente, perchè il suo sguardo lucente arriva fino a me, incrocia il mio...E' più forte di me, gli sorrido e alzo il pollice, gli faccio "Okay!", ed ho lo sguardo pieno di lacrime. No, anzi, si chiama nostalgia! 
Mi sorride grato restituendomi la "polliciata" e senza titubanza si avvia verso il mare, a raggiungere lei, quasi di corsa. Con un sospiro di sollievo mi giro... mio marito mi sta osservando sornione:
"Sei incorregibile!" mi sgrida con tenerezza. Poi mi dà un buffetto sulla guancia, per sdrammatizare.
"E' l'ora del gelato...stracciatella e nocciola?" chiede, con la sicurezza e la conoscenza degli anni.
"Stracciatella e nocciola...e oggi anche cioccolato fondente, via!" 
La sua risata è tenera tenera. 
Ci avviamo verso il bar. All'improvviso gli prendo la mano, camminando, e lo vedo arrossire vagamente, come un quindicenne. Rido anch'io: "Paghi tu!" gli dico. 
Come sempre, vorrei aggiungere.

@ Mirella Morelli

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