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mercoledì 29 luglio 2015

"IL GUARDIANO DEI SOGNI" di Rossana Tasselli

STRALCIO

IL GUARDIANO DEI SOGNI

Accaddero strani fatti nell’inverno dell’anno tredici e un
quarto a Borgomancante, provincia di Quiolà.
Fatti di cui si occuparono le cronache locali con dovizia
di particolari e abbondanza d’interpretazioni, che
richiesero l’intervento della forza pubblica e della
magistratura, ma che non furono mai chiariti del tutto,
rimanendo avvolti da un’aura di mistero e magia.
Borgomancante non era nuovo ad avvenimenti di questo
genere, ma mai nessuno, né la processione di Ciambelle
all’origano del Premiato Panificio Zenzero, né il concerto
di beneficenza delle Cicale del Borneo, né tantomeno la
Pentolaccia con la zuppa di ceci e gli Sbandieratori di
lattughe di Cipro, superò in magnificenza e portento
questa arcana manifestazione tramandata ancor oggi alle
nuove generazioni.
Nulla preparò la cittadinanza ad affrontarli: nei giorni
precedenti si verificarono soltanto due trombe marine,
un’eclissi di sole e una migrazione di cavallette, ma
nessuno li interpretò come presagi, e la mattina del
quarantaduesimo giorno del mese la città si svegliò
tranquilla nelle sue solite vesti.
Nel salone di bellezza Bellochefatto regnava la pace
assoluta, così come nella gelateria Cono d’Ombra,
nell’officina Dado Tratto e nell’osteria Grande Abbuffata.
Mino lo spazzacamino era intento al suo giro sui tetti,
quando un urlo straziante lacerò il silenzio delle vie
ancora deserte.
Proveniva dalla bottega del sarto.
La gente si affacciò subito alle finestre, si arrampicò
sui lampioni e si precipitò giù dalla tromba delle scale
per vedere cosa fosse successo; ma al di là della vetrina
dell’atelier non erano state ancora accese le luci, quindi
non c’era modo di capire in che condizioni versasse il
povero Boccacucita.
Che fosse caduto, spezzandosi un braccio, una gamba o
l’osso del collo? Che l’avessero derubato? Che fosse
stato preso in ostaggio per una rapina alla banca?
Qualcuno chiamò i pompieri, qualcun altro i carabinieri,
la signora Ariafritta telefonò alla guardia forestale e il
signor Strozzapreti contattò l’esercito. Sul posto
arrivarono tutti a sirene spiegate. In men che non si dica
l’ordine fu ristabilito e un gruppo di poliziotti in tenuta
antisommossa entrò finalmente nella bottega.
Boccacucita sembrava star bene: se ne stava immobile, in
piedi, al centro del suo negozio, con gli occhi sbarrati e il
respiro bloccato nella O disegnata sulle sue labbra. Si
limitò a sollevare l’indice e indicare i suoi manichini.
Tutti nudi. Qualcuno aveva rubato tutti i vestiti pronti per
la consegna.
La cosa si chiuse lì. Un soccorritore distese sulla barella
Boccacucita, rigido come uno dei suoi figurini, e lo
caricò sull’ambulanza con la sua O ancora stampata sul
viso. La buoncostume, a tutela del comune pudore, gettò
dei teli sui manichini; i carabinieri rilevarono le impronte
digitali, comprese quelle dei figurini; poi vennero
abbassate le saracinesche e la folla venne fatta sloggiare.
Tutto tornò alla normalità nel giro di pochi minuti, e la
città si rimise in moto come ogni giorno.
Ben presto la cittadinanza superò il trauma e l’accaduto
fu dimenticato. Il furto venne attribuito a ignoti e costoro
vennero processati per direttissima, beccandosi un anno
in contumacia, mentre i cittadini danneggiati vennero
risarciti dall’assicurazione con abiti di seconda mano ma
più che confacenti alle circostanze.
Ma all’alba del terzo giorno un nuovo grido squarciò la
ritrovata serenità del borgo. ...

ROSSANA TASSELLI


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