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mercoledì 22 luglio 2015

"GUIDO NERVOSA PER TUTTO IL VIAGGIO DI RITORNO...." di Katia Anelli

Guido nervosa per tutto il viaggio di ritorno pregando interiormente che riparta per qualche destinazione sconosciuta il più presto possibile: la sua presenza in città m’angoscia.
Erano due anni che non lo vedevo. Da quella dannatissima sera…
“Fabio? Ci sei?” chiedo entrando in casa sua.
In cucina sono accese solo le luce soffuse delle plique a muro e sulla penisola c’è una bottiglia di Champagne stappata, ma non è quello che attira la mia attenzione; i miei occhi cadono su una pochette color crema.
Uno strano senso d’inquietudine m’attanaglia lo stomaco e arretro qualche passo maledicendomi d’aver utilizzato per la prima volta la chiave di casa sua che insistentemente mi ha voluto dare.
Inizio a sudare freddo e mi gira la testa.
Ogni particella del mio corpo e della mia mente mi suggeriscono di uscire e di andarmene immediatamente, ma le gambe si muovono da sole ed iniziano a salire le scale.
Sospiri.
Gemiti.
A metà scala mi blocco perché fatico a respirare e a ricacciare indietro un conato di vomito. Sono nauseata da quello che vedrò senza averlo visto. 
Mi sento male.
Non so come, riesco a raggiungere la sua camera da letto inciampando in un paio di decolté dal tacco vertiginoso.
L’Alessia che è al di fuori del suo scudo protettivo spalancherebbe la porta entrando a modi caterpillar nella stanza strappando i capelli a lei e ogni parte vitale di lui.
L’Alessia protetta dallo scudo, quella costantemente rifiutata si sente tradita per l’ennesima volta, sola e ferita dall’uomo che ama. 
L’unico che abbia mai amato.
Rimango così interdetta a guardarli nella fessura della porta semiaperta.
Lei più vecchia di lui di diversi anni adagiata nello stesso letto, con i capelli sparsi sullo stesso cuscino in cui spesso dormo io e lui su di lei che si muove con il viso sopra la sua testa.
Sono incapace di spostarmi, di urlare, di ribellarmi.
Sono capace solo di piangere silenziosamente.
Come se lui percepisse la mia presenza si volta a guardare dalla mia parte e io, vigliacca, mi scanso contro la parete trattenendo il fiato.
“Che c’è? Tesoro? Che hai?” sento che gli chiede lei e stringo gli occhi sperando che l’assecondi e non mi trovi qui o forse prego affinché s’interrompa e venga da me. 
Non lo so più neanch’io cosa voglio che faccia a questo punto.
“Niente, niente… mi era sembrato di sentire qualcosa”
“Sì, la tua coscienza, ammesso che tu ne abbia veramente una, che scalpita” mi trattengo dall’urlargli io.
Mille altri pensieri mi passano per la testa: sarebbe meglio se non fossi mai venuta, ho fatto bene a venire almeno ho scoperto con che razza di persona avevo a che fare, me ne devo andare, mi viene da vomitare, è finito tutto, non lo voglio rivedere, non mi ha mai veramente voluto neanche lui, non mi ha mai amata, si è preso gioco di me, sono una stupida!, avrei dovuto aspettarmelo, forse potrei perdonarlo con il tempo… 
NO! Non lo perdonerò mai!
È con questa ultima certezza che prendo coraggio, mi stacco dal muro e impongo ai miei piedi di allontanarsi da tutto questo schifo. Devo andarmene da qui, devo andarmene al più presto.
Scendo trafelata le scale.
Provo a ricordarmi di respirare e boccheggio ansimante tra le lacrime.
Strappo un foglio da uno stupido block-notes che tengo sempre nella borsa e scribacchio frettolosamente: NON VOGLIO VEDERTI MAI PIÚ. 
E così è stato. Per due lunghi anni. Fino ad oggi.
I clacson del traffico milanese strombazzano impazziti alle mie spalle segnalandomi che il semaforo è diventato verde.
“Adesso mi muovo!! Non rompete!” grido premendo sull'acceleratore.

KATIA ANELLI

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