● ESTRATTO ●
Poco dopo non fui più sola. Me ne accorsi come ci si accorge di essere osservati in mezzo a una folla e si trova con lo sguardo quello di chi ci guarda. Solo che lì non c’era nessuno. Aprii gli occhi e mi voltai verso l’uomo che se ne stava in piedi a qualche metro di distanza con le mani in tasca, un buon sorriso sulle labbra e gli occhi sinceri. I pantaloni cachi che indossava erano puliti e così la camicia verde. Mi fece cenno di avvicinarmi e mi indicò la scala da cui era sceso sino alla terrazza. Mi fidai di lui senza comprendere che cosa significasse quel suo invito. Mi fidai istintivamente, come spesso accade. Mi alzai dai miei pensieri vuoti e mi avvicinai. Aveva gli occhi verdi, di quel verde che ha il mare quando non è turchese e neppure blu, e denti bianchi e regolari sulla pelle olivastra. Poteva avere trent’anni.
Di che colore erano gli occhi di Guglielmo?
D’improvviso, come un pensiero non cercato, vidi lo sguardo verde da guerriero. Verde come il colore dei boschi del nord Europa nei giorni privi di sole. Verde sottobosco. Amavo quel colore che si confonde e muta per non essere mai uguale a se stesso. Amavo il suo sguardo torvo e fondo. Fui felice di quel lampo. Se avessi cercato di ricordare, non ne sarei stata capace. Era venuto da solo, quel piccolo particolare.
Brano tratto da "A mezzogiorno del mondo (una storia d'amore)" di Maria Cristina Sferra.
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MARIA CRISTINA SFERRA
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