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lunedì 28 settembre 2015

"UN GIORNO, QUANDO AVRO' UNA BAMBINA..." di Maria Cristina Sferra



STRALCIO

“Un giorno, quando avrò una bambina, la manderò a scuola di musica perché possa imparare a suonare il violino. È uno dei miei più grandi desideri quello di avere una figlia che suona il violino”, mi disse sottovoce.

Quello sguardo da guerriero, quel sorriso disarmante e quella confidenza mi confusero più di quanto già non fossi. Non so spiegare perché, ma ebbi una visione di un cielo azzurro punteggiato da candide nuvole simili a ciuffi di panna montata.

“Adoro ascoltare il violino e amo molto questa musica anch’io”. Fu l’unica cosa che riuscii a dire. Ed era vero. Ma c’era qualcosa di più che non potei confessare. Vidi un grembo gravido e desiderai fortemente di poter essere la donna che avrebbe generato quella figlia dai boccoli biondi che lui mi aveva detto di volere. Fu un pensiero tanto insensato che quasi me ne vergognai, ma tanto intenso da farmi capire in quali profondità di me stessa era andato a cadere questo sentimento. Il terreno su cui si era depositato il seme dell’amore si trovava in un luogo fondo e buio, sul limite tra lo stomaco e l’anima. Aveva germinato piano, quel seme, e ora non resisteva più, doveva uscire, voleva uscire a prendere luce, a prendere vita. L’incubazione era finita e a ogni nuovo richiamo da parte dell’uomo che lo aveva deposto, in quel luogo oscuro e tiepido ai confini dell’anima dove esso giaceva, cadeva una pioggerella lieve e muoveva un vento nuovo.

Mi incantai sulla musica e non riuscii a mangiare quasi nulla. Mi sentivo inerme, coinvolta a tal punto da non poter più opporre resistenza al flusso di pensieri e sensazioni che dal nostro stare vicini derivava. In ogni parola mi pareva di intuire una ricerca di conoscenza maggiore, un tentativo di contatto che superasse l’effimera ricorrenza di sederci accanto a tavola o di dividere la stessa stanza, o di invitarci con una scusa a bere qualcosa al bar dopo cena.

Mi incantai sulle sue mani nervose sul cui dorso spiccavano in rilievo vene cariche di sangue e poi sul suo sguardo smarrito tra le note stridule di quel violino, a cercare tra i righi del pentagramma il volto di quella bambina che ancora doveva essere concepita, ma che da qualche parte dentro di lui già gli sorrideva.

Brano tratto da "A mezzogiorno del mondo (una storia d'amore)" di Maria Cristina Sferra.

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