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lunedì 14 settembre 2015

"LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO" di Oriana Fallaci (Recensione di Luca Paganucci)



Pubblicato nel 1975, "Lettera a un bambino mai nato" suscitò molto scalpore.

In questo breve volume l’autrice dà voce ad una donna incinta, che intraprende un dialogo con l’essere ancora informe che porta in grembo. È una storia triste, in quanto fin dalla nascita il “bambino” (così lo chiama l’Autrice, benché neanche sappia se si tratti di un maschio o di una femmina) si ritrova orfano di quel padre che lo ha abbandonato ancor prima che crescesse nella pancia della mamma.

Se nella prima parte la Fallaci si ritrova a parlare con questo bambino, cui ha già acquistato il corredino e il lettino, e di cui – in più di un’occasione - fa conoscere al lettore l’andamento della sua crescita nella pancia, nella seconda si ritroverà ad essere accusata di aver ucciso l’esserino che portava in grembo; a questo punto l’Autrice porta chi legge ad assistere al processo intentato contro di lei , ad ascoltare le arringhe del Pubblico Ministero e della Difesa. Da questo processo, ad un certo punto, emergono due voci: la prima è quella disperata della madre; poi c’è quella del bambino. Ciascuno dei due espone le proprie ragioni, le proprie scuse, pone i propri interrogativi. Lascia di sasso l’ultima affermazione del bambino: «Io non vedo perché avrei dovuto uscire dal nulla per tornare al nulla.»

È un libro non facile questo della Fallaci, in cui il lettore – uomo o donna che sia – deve fare inevitabilmente i conti con l’essere donna, calandosi nella parte (se si tratta di un uomo) di una donna, e delle responsabilità cui questa deve farsi carico. Sì, anche la responsabilità di mettere al mondo un bambino, come nel caso della protagonista.

Consiglio la lettura anche agli uomini.

ORIANA FALLACI

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