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giovedì 17 settembre 2015

"BENVENUTI NEL MIO SALOTTO" di Emma Fenu



Benvenuti nel mio salotto.
Guardatevi pure intorno, è anche casa vostra. 
Nel giro di pochi minuti capirete che si tratta di uno spazio magico, in cui tutto subisce una continua metamorfosi. A volte vi troverete nella sala da ballo del castello fiabesco di una principessa; altre nell’antro oscuro e fumoso di una strega; altre nel bosco incantato di una fata; altre in un angolo di una sala da tè anni trenta; altre in un harem di stoffe damascate e di tappeti pronti a prendere il volo.
Ciò che resta fisso e invariato è il divano, nel quale varie ospiti, in carne o spirito, mi concederanno l’onore di una visita, per raccontarsi a me e a voi.
Non vi resta che iniziare leggere e le parole, una dopo l’altra, diverranno suoni, e il dialogo avrà davvero inizio.

La prima Donna che varca la soglia di questo non-luogo immaginifico, viene direttamente dal Naturhistorisches Museum di Vienna. È la Venere di Willendord, undici centimetri di altezza in pietra calcarea, risalente al paleolitico. Il viso non è definito in lineamenti, i seni sono otri gonfi di latte, il ventre prominente la identifica come Dea della fertilità da cui tutto prende vita: uomini, animali, alberi, frutti e cereali. Ma ciò che la contraddistingue maggiormente, e che sarà argomento di questa dissertazione, è la vagina scolpita con preciso intento e l’ocra rossa, allusiva al sangue mestruale, con cui fu pittata.
Non è certo sfoggio di bon ton mostrarsi senza veli in un salotto di signore per bene, penserete. E, invece, la grandezza e il potere della femminilità temono odierne immagini strumentalizzanti, da bambola - oggetto, ma si nutrono di memorie sacre e ancestrali, quando Dio era Donna e la vagina non era tabù, ma sacro simbolo di vita. 
Vi era un tempo e un luogo in cui essere donne non era condanna all’inferiorità e alla reclusione, mentre gli uomini rapivano prede di guerra e sul loro corpo stabilivano alleanze e negavano loro voce, se non entro la prigionia di un focolare dorato, perché il mondo, con la politica, la letteratura e la scienza, era predominio del maschio. Un maschio cresciuto nella paura di una vagina “dentata”, che porta alla perdizione e alla morte, sulle orme nefaste di Eva, la tentatrice madre di tutte.
Vi era un tempo e un luogo in cui essere donne conferiva un sacro potere apotropaico, per cui era lecito e ritenuto cultuale mostrare gli organi genitali ai campi in attesa di essere arati o ai mari burrascosi avari di pesci o ai demoni in cerca di anime da irretire. 

Questa esibizione, che in alcuni contesti contadini si è protratta fino alla metà del secolo scorso, fu definita dai greci anasyromai e perfino Erodoto si soffermò nel descriverla, con toni che eludono totalmente quanto oggi potremo, invece, definire pornografia. 
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EMMA FENU

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