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sabato 25 aprile 2015

SIGNOR PARKINSON DI Nina Monica Scalabrin.


STRALCIO.
Per noi signor Parkinson la nostra vittoria contro il male ebbe inizio il giorno che ci rassegnammo. Prima di allora ci vedevamo solo come una famiglia sconfitta ma davanti a tanto amore, forza d’animo e soprattutto dignità umana persino la morte si sentì vulnerabile. Forse vi sembrerà incredibile eppure cominciò a indietreggiare. Tutto il nostro dolore rimase sommerso dalle cupe acque dei ricordi più terribili che prima di quel momento ci parvero insormontabili. Ora se ci voltiamo indietro a scavare tra le rovine del nostro passato, i nostri occhi non vedono più soltanto quanto abbiamo sofferto ma riescono anche a capire quanto tutto questo ci abbia reso più forti. Il viaggio della vita è lungo e comincia quando meno c’è lo aspettiamo. Il primo passo è quello di accettare il proprio destino, il secondo di essere sempre consapevoli che qualsiasi cosa succeda nulla potrà più riportarci indietro, dovremo procedere sempre avanti. Quando ero piccola mia nonna mi raccontava sempre una storia, mi diceva che il destino traccia la nostra strada tra le stelle e ogni volta che sbagliamo direzione il loro chiarore si affievolisce nel cielo. Questo accade ad ogni nostro errore di marcia fino a che il buio diventa padrone della luce cosi non sapremo più da che parte dirigerci come uccelli che hanno smarrito la propria rotta. Per imparare a comprendere a pieno quale sia la giusta direzione del nostro cammino bisogna prima ascoltarsi dentro. Bisogna restare in silenzio, nudi sulla terra fredda a contatto con la natura. L’universo è la nostra prima vera dimora, in esso possiamo trovare tutte le risposte che ci poniamo durante il corso delle nostre vite ma la vera e propria rivoluzione avviene dentro noi stessi nel momento in cui crescendo avremo trovato la giusta maniera di correggere i nostri errori e trasformare le cose sbagliate in cose giuste. Il nostre cuore è il vero pioniere delle nostre trasformazioni interiori. Esso trasforma ogni cosa che ci circonda con la forza dell’amore ed è l’unica arma che noi piccoli comuni mortali disponiamo per combattere la sofferenza e il giorno che ci rendemmo conto di questo capimmo che vivere era ancora possibile. La nostra esistenza si schiarì a poco a poco come un cielo dopo la tempesta. Tutto intorno a noi sembrava diverso, perfino i fiori del giardino della clinica assunsero nuove forme e rinnovati colori e giorno dopo giorno imparammo ad avere una visione totalmente inedita di ciò che ci circondava. Ritrovammo parte di quella mancata serenità, con essa si cicatrizzarono anche le nostre ferite e finalmente al di sopra delle macerie incominciammo a ricostruire. Accettammo l’idea che il dolore in questa esistenza sia un fatto scontato e che la lotta non deve spaventarci e nemmeno renderci deboli ma darci più vigore. Solo così riusciremo a comprendere che anche quando qualcosa si è spezzato possiamo ancora vivere. Tornata la calma tutto ci apparve più chiaro, ci sentimmo nuovamente una piccola parte di quest’universo dove assieme combattemmo la nostra battaglia, soffrimmo e amammo immensamente. Improvvisamente il gelo della brina scomparve da sopra ogni cosa e un misterioso tepore primaverile tornò ad allietare le nostre giornate. Ciò che solo ieri ci pareva insignificante, riacquistò un suo senso nei nostri giorni. Purtroppo sono sempre le cose più semplici ad avere intrinseco quel particolare che sfugge. Tutto cambia davvero alla velocità di uno sbatter di ciglia. Per la prima volta rividi il sorriso rassicurante di mio padre, vidi anche che dentro i suoi occhi la sua stagione stava cambiando, il dolore e il tempo lo avevano reso un'altra persona. Ma so che senza accanto quell’uomo meraviglioso avrei continuato a commettere gli stessi errori che avevo commesso fino a un istante prima. Questi anni erano stati pesanti come il piombo per noi, fu come vivere in un mondo sterile privo di suoni e di colori, come anime disorientate intrappolate dentro una sconosciuta dimensione che chi sta al di fuori non riesce a vedere

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