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lunedì 27 aprile 2015

"Il mio urlo muto nella notte" di Gianna Di Carlo

È una serena e silenziosa notte di maggio. La finestra, rimasta socchiusa, lascia entrare il dolce profumo dei gelsomini appena sbocciati. Quell'affascinante profumo di primavera. 
Una notte stellata e quieta ...ma, questa, per me, non è una notte qualsiasi.
È una notte insonne. Ombre cupe mi devastano, lacrime lente e mute solcano il mio viso. Intorno a me esiste solo il buio, il gelo del cuore, il gelo dell'anima. Sono stata inghiottita dal nulla, in un mare di dolore, di pianto, di disperazione. 
Gli occhi persi a guardare il soffitto. 
Rimango immobile, sdraiata sul letto, ad attendere le prime luci dell'alba. 
Non mi muovo!
"No, Gaia, non c'è alcun movimento! " mi dice Anna con voce lieve guardando il monitor dell'ecografo insieme a quel dottore dal camice bianco che mi sta effettuando l'ecografia. Ho freddo...tanto..troppo.
Il mio corpo è scosso da brividi, il mio ventre è ancora scoperto. Lo sfioro lentamente, come una ninna nanna e sento qualcosa di viscido e freddo: è il gel che ancora non mi hanno tolto. 
Cerco di levarlo con la mano, piano, quasi una carezza. Non devi sentire freddo piccolo amore. Resto lì con gli occhi vitrei, non parlo, non riesco a respirare, il dolore così lancinante, così dilaniante, mi toglie il fiato, mi sento in balia delle onde, sono naufragata in un mare di disperazione. 
Odo una voce lontana, ovattata che mi chiede se ho bisogno di un tranquillante. Non ho bisogno di niente ormai. Vorrei solo morire con il mio bambino. Vorrei urlare, vorrei gridare la mia disperazione, ma non riesco neppure a rispondere, le mie labbra serrate non possono emettere alcun suono. Balbetto qualcosa. ..non so cosa..alla fine riesco a far cenno di no...mentre sento la mia testa pulsare violentemente...battere forte ...mentre tutto intorno a me si oscura...e...lentamente perdo i sensi. Il mondo non esiste più. Il mio tempo si è fermato, come le lancette di un vecchio orologio che non scandisce più i secondi, i minuti, le ore.
Da lontano percepisco delle voci concitate, tanti fili su di me. ..una mano mi carezza il viso rigato di lacrime. Non so chi sia. 
Apro lentamente gli occhi. Sono ancora qui, nel dolore, nella stessa stanza asettica. Le lancette del vecchio orologio hanno ricominciato, lentamente, a muoversi. 
Con gli occhi appannati da mute lacrime percepisco gli occhi di Anna sui miei, sento la sua lieve carezza che sfiora la mia guancia. Mi stringe forte la mano per donarmi forza. Con flebile voce riesco solo a chiederle : "E ora Anna? Ora?"
"Ora Gaia, dobbiamo far nascere il tuo bimbo: Alessandro!".
Gianna

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