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sabato 23 maggio 2015

"FRAMMENTO DI NOI" di Giulia Battocchio




STRALCIO

FRAMMENTO DI NOI

Le mani strinsero gli avambracci robusti, il viso premuto sul petto liscio e virile, senza dubbio nudo. Avevo l’impressione di essere abbracciata ad una statua, l’unica differenza era che la pelle era calda e aveva un profumo in grado di stordirmi. Le gambe si fecero molli mentre le labbra sfioravano accidentalmente la carne all’altezza del cuore. Cercai di spingerlo lontano, quando seppi di essere salda a terra. Non riuscii a muoverlo di un millimetro; l’unica cosa della quale ero terribilmente consapevole erano i pettorali allenati a contatto con i palmi.
«Ti ho sentita scendere. Ero sveglio. Credevo avessi bisogno di compagnia.» 
La sua voce era calda, il respiro contro l’orecchio mi fece fremere.
«Vattene Adriano, ti prego, lasciami in pace.» 
Non mi riconobbi così supplichevole e spaventata.
Spinse i capelli sciolti dietro l’orecchio, costringendomi a guardarlo. Ardevo come una fiamma, persa in quegli occhi che brillavano di un desiderio a stento trattenuto.
«Non posso Greta. Non ci riesco. Perdonami.»
Si abbassò su di me. Spinsi forte ma lui era inamovibile, mi teneva inchiodata e non aveva alcuna intenzione di lasciarmi andare. Labbra morbide su labbra tese. Sapevano ancora di sale. La mascella scricchiolò quando la serrai a tal punto da temere di spezzare i denti. Gli percossi il petto con pugni, schiaffi, tutto purché interrompesse il contatto tra di noi. Mi afferrò le braccia per impedirmi di fare male ad entrambi, staccando la bocca dalla mia.
«Che stai facendo? Che cazzo stai facendo?» 
Sussurrai rabbiosa, avevo paura che qualcuno ci sentisse. Le labbra gonfie e il respiro accelerato. Non volevo sentirmi così. Non potevo. Era sbagliato. Avrei dovuto detestarlo per ciò che aveva appena fatto ma, nel profondo, desideravo che continuasse fino ad infrangere tutte le mie barriere. Per mia fortuna, la parte razionale non era ancora andata a farsi fottere. 
Torsi i polsi provando di nuovo a liberarmi. Non c’era niente da fare, non voleva mollarmi. Attese che mi fossi stancata prima di allentare un po’ la presa.
«Smettila Greta. Stai facendo solo un gran casino.»
Continuai a faticare nel tentativo di levarmelo di dosso.
«Bene. Spero almeno che qualcuno ci scopra, così non ci vedremo più e tutto questo non sarà mai accaduto.»
Il suo sguardo fu attraversato da un lampo.
«Greta, smettila di agitarti. Non voglio farti del male.»
Lo sapevo. Certo che lo sapevo. Ma quello che voleva farmi sarebbe stato anche peggio.

GIULIA BATTOCCHIO

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