Logo blog

Logo blog

giovedì 7 luglio 2016

"UNA DEDICA" di Sara Basili

RACCONTO

Ho ritrovato questo piccolo racconto.
Una dedica.
Lo avevo scritto in occasione della Festa dell'infermiere. 

<< La signora della 3 come sta? >>
<< Abbastanza bene, si sta riprendendo. Il vecchietto della 8? >>
<< Ha passato una brutta notte ma stamattina andava meglio >>

Poi le flebo, il sondino, la farfallina per le analisi, il prelievo, la padella ecc

Questi sono stati gli argomenti che hanno accompagnato i miei pranzi per vent'anni.
Questo succede quando si ha un nonno infermiere e quando due dei suoi tre figli, hanno scelto la stessa professione.
Mia mamma no, lei non è tagliata per questo. Lei ha paura, è sensibile e molto vulnerabile.
Essere infermieri è una vocazione.
È una chiamata, qualcuno li spinge a rinunciare a tutto, per il bene del prossimo.
E loro accettano quella chiamata.
Con paura all'inizio, con rassegnazione poi.
Non è facile vedere tutto quel sangue, assistere al dolore degli altri.
Non è facile mentire ripetendo che va tutto bene, anche quando sai che non è così.
Non è facile star di fianco a un medico che spiega ai familiari la salute del suo paziente.
Perché quel medico, passa una volta al giorno "in visita".
L'infermiere invece resta lì.
Resta quando il paziente si rifiuta di mangiare.
Resta quando crolla.
Resta quando ha paura e piange.
Resta quando il paziente grida:
<< Tutti fuori! >>.
Resta dietro quella porta, in silenzio, ad aspettare che si calmi.
Resta perché sa che quel paziente, in quel momento, conta su di lui.

L'infermiere è il primo che vedi quando ti ricoverano in ospedale e il primo che saluti, quando ti dimettono.

L'infermiere conosce il nome dei suoi pazienti, conosce la loro storia, i nomi dei suoi familiari.
Ha sempre un sorriso, un abbraccio caldo e sincero.
L'infermiere si siede sul bordo del tuo letto, ti consola e ti ascolta.
L'infermiere è un po' prete, un po' barzellettiere e un po' dottore.

Deve essere paziente, coraggioso, pronto e attento. 
Deve avere tutta la situazione sotto controllo senza mai perdere le staffe.
Deve mostrarsi sicuro di se stesso e delle sue azioni.
Soprattutto, parte più difficile, deve essere "di famiglia" ma non troppo.

Questa parte, mio nonno, la dimenticava spesso.

Così, pranzo dopo pranzo, conobbi la Gina, Franco, la Vittoria, Lucio e tutti quelli che incontrò durante la sua carriera.
Sapeva dove abitavano, quanti figli avevano, nipoti; gatti e cani.
Si fidavano di lui.
E lui non voleva deluderli, mai.

Gli anni sono passati, io sono cresciuta, quei ricordi sono ancora vivi e nitidi.
Mio nonno andò in pensione ma mai realmente fu un pensionato.
I pazienti continuavano a chiamarlo, ad aver bisogno di lui, e lui interveniva.

<< Così fanno gli infermieri quelli veri! >> ci diceva sempre, e noi accettavamo in silenzio.

Quando guardo mia zia, rivedo mio nonno.
Il suo sguardo fiero mentre percorre i corridoi del reparto.
Le sue strette di mano vigorose e sincere.
La sua onestà e il suo senso del dovere.
La voglia di non affondare di fronte a un sistema sanitario in continuo declino.
Ha ereditato questi tratti da mio nonno.
Anche lei porta il lavoro a casa.
Dopo aver concluso il turno, come lui, riceve chiamate dai pazienti, richieste di aiuto e di conforto.

Mi manca mio nonno e mi mancano quei pranzi.

Adesso non so più niente della Gina, di Franco e di tutti gli altri.
Perché alla fine, tra un piatto di pasta e una bistecca, sentir parlare di pannoloni e flebo, non era poi così male! 

Auguri a tutti gli infermieri in servizio e a quelli in pensione.

Nessuna cifra sarà mai sufficiente per ripagare davvero quello che fate!

SARA BASILI

Nessun commento:

Posta un commento