L'ANGOLO D'AUTORE
Ti ho mai raccontato dell’isola bianca? Era piccolissima, circondata da scogli bianchi come il ghiaccio, e noi ragazzi facevamo a gara a chi ci arrivava per primo a nuoto.
Quand’ero bambino ci abitavo proprio di fronte. Uscivo di casa e parlavo col mare.
Mio padre giocava sulla battigia. Quando si svegliava apriva la porta e si trovava davanti il mare.
“Buongiorno mare”, gli diceva.
“Buongiorno, Lorenzo”, rispondeva il mare.
Mio padre ne osservava l’umore. Se era allegro, se era triste, se era arrabbiato. A lui il mare piaceva comunque. Si sedeva sulla sabbia e giocava. Nonna Cosma l’aveva messo per terra non appena era stato in grado di camminare e mai più ripreso in braccio.
“I bambini si viziano a sdolcinarli troppo, soprattutto i maschi”, diceva al marito. “Io voglio che nostro figlio cresca con la scorza dura.”
Papà si consolava parlando col mare.
“A che pensi?” chiedeva il mare a mio padre.
“Penso all’isola bianca. La vedi?”
“Certamente. E’ a un chilometro dalla spiaggia dove vivi tu.”
“Ci sei mai stato?” domanda papà.
“Io sono dappertutto”, dice il mare.
“Voglio venirci anch’io”, dice papà. “Voglio raggiungere l’isola bianca.”
“Perché?” chiede il mare. Papà non risponde.
“Che speri di trovarci, Lorenzo?”, insiste il mare, e intanto scuote la testa facendo schiuma.
Papà non lo sa che spera di trovarci. Ha solo quattro anni e non può sapere tutto.
Voglio solo sapere che cosa c’è laggiù, vorrebbe dirgli, ma un po’ si vergogna, gli sembra una cosa stupida da dire al mare che è tanto importante. Allora china la testa e si mette a giocare con le conchiglie.
E’ magrissimo, le scapole gli fuoriescono dalle spalle come due alucce troncate; sotto il sole sembra un ranocchio pronto a saltare via.
“Ecco, la vedi l’isola bianca? Da ragazzo ci arrivavo a nuoto. Una mezz’ora, quaranta minuti al massimo. Senza sforzo.”
Gonfia il petto con quel po’ di carne attaccata che gli è rimasta, e io alzo lo sguardo per osservare l’isola.
Sono solo pochi scogli in mezzo al mare, così candidi da sembrare neve.
Oggi l’isola bianca non esiste più. L’hanno cementata, ci hanno fatto sopra un lungo ponte che poi è diventato un molo. Il molo bianco, lo chiamano, in ricordo dell’isola che non c’è. Adesso ci attraccano le grandi navi: sono lente, solenni. Bianche anche loro.
Ciò che resta dell’isola sono quegli scogli lontani. Di certo non sono gli stessi che guardava mio padre. Ma la sua Isola lui l’ha ormai raggiunta per sempre, e nessuno gliela può più cementare.
Da "Una bambina sbagliata" di Cynthia Collu
Nessun commento:
Posta un commento