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giovedì 30 giugno 2016

"QUANTO HAI DATO, DONNA..." di Carmen Yáñez



Quanto hai dato, donna:
secoli di luce
che non hanno riflesso le coscienze
ingoiate da abissi di silenzio.

E quanto altro:
radici per tener salda la terra
velluto dell’amore
una spiga per raggiungere il cielo
fertili semenze del coraggio
per un mondo abitato dalla guerra.

E quanto altro.

Dai tuoi occhi
albe e nebbie,
revisione del giudizio
in attesa dei fiori.
Minuta di piccole cose
recuperate dall’infanzia
nella scrittura dei sogni.

E quanto altro.

Foglie che coprono il pudore dell’universo
laghi generosi di acque vergini
spessore del segreto
delle profonde radici del tuo tempo.

Quanto autunno
a inondare la terra
e un colore crepuscolare
nella corteccia.

Carmen Yáñez

"LA ROSA BIANCA" di Attilio Bertolucci

LA ROSA BIANCA 
 
Coglierò per te
l'ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l'hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
È un ritratto di te a trent'anni.
Un po' smemorata, come tu sarai allora

ATTILIO BERTOLUCCI

"ASSENZA" di Attilio Bertolucci

ASSENZA
Assenza,
più acuta presenza.
Vago pensier di te
vaghi ricordi
turbano l’ora calma
e il dolce sole.
Dolente il petto
ti porta,
come una pietra
leggera.

ATTILIO BERTOLUCCI

mercoledì 29 giugno 2016

"SPOGLIATI TUTTA, MOSTRAMI SERENA LE RUGHE..." di Ernesto Guevara de la Serna



Spogliati - Ernesto Guevara de la Serna

Spogliati tutta,
mostrami serena
le rughe
le piaghe,
non temere
sono come te
ferito
spaventato dalla vita.
Strappa con rabbia
i veli orientali adornanti
quelle maschere di ghiaccio
che occultano lividi,
mostrati fiera
nei tuoi lineamenti.
Quando sarai spoglia,
come un albero d’autunno
e solo quando sarai nuda
indifesa come un neonato,
ti mostrerò le mie ricchezze
custodite in un forziere
di vetro sottile.
Ti donerò sincero
la mia fragilità
le mie insicurezze
le paure ancestrali
le impurità nascoste,
ti porgerò poi,
in un vassoio
di rose bianche,
la verginità della mia anima


"TI PORTO QUI, DOVE CUSTODISCO I RICORDI PIU' BELLI.." di Cinzia Fiore Ricci

Ti porto qui,
dove custodisco i ricordi più belli,
le passioni più intense e struggenti,
dove ogni cosa vive eterna
nutrita dalla cura e dall'amore.
Ti porto qui,
nel mio cuore
e li resti
per sempre.
@ Cinzia Fiore Ricci.

"SAI DOVE LA VITA MANCA? di Edmond Dantes

Sai dove la vita manca?
Negli spigoli
Nelle regole
Nelle azioni negate
Nelle distanze
Nelle dimenticanze
Nelle arroganze
Nelle sonnolenze
Nell'implicito
Nello scarto
Nella foga
Nelle parole contorte
Nella gravità
Nel chiudere
Nel disagio
Nel pudore
Nel non chiedere.
Manca.

EDMOND DANTES

"NON E' MIA LA COLPA" di Rossana Bacchella



NON E' MIA LA COLPA

Cammino sola,
la notte estiva bagna di stelle
il corpo affacciato su sensi nuovi.
Ascolto:
il passo sul selciato
i fianchi in movimento morbido
e il sangue fluido sintonizzati
col respiro ampio sull’universo

Che sentirsi femmina sia una colpa?

La strada di casa
è ormai stretta di futuro
e spinta oltre l’orizzonte fanciullo
piena di fiducia
aspetto l’abbraccio d’amore
che i miei anni meritano.

Amare a modo mio è dunque una colpa?

Alle spalle è un tramestio di passi
milioni di formiche ridiscendono
il mio corpo, svuotano del sangue
la pancia molle intuisce
che questa notte a festa non è mia
mio è il sacrificio bruciante
anima e corpo dal cielo all’abisso
uno sparo nel sogno mentre t’alzi in volo.

Ragazzi miei simili che non capiscono
di fecondità e ricchezza ripetono
- vecchi eppure nuovi carnefici -
la barbara e crudele iniziazione
dell’uomo sulla donna
affinché non si trasformi
in quella dea creatrice
che sopra ogni altra paura teme.

Ma non è mia la colpa.

di Rossana Bacchella

"I VESTITI LEGGERI LE GAMBE NUDE..." di Ilaria Negrini



I vestiti leggeri
le gambe nude
I letti disfatti
La casa azzurra di polvere e di sole

Aria calda sulla pelle,
senso di leggerezza
Scrivere senza limiti, senza orari
Spazi aperti intorno a me
In questa stanza grande libera dalle cose,
fatta solo per respirare

Il mare di fronte in cui perdere lo sguardo
Sentire il tempo non più scivolare via
Afferrarlo e stringerlo
Respirarlo

E scrivere.

ILARIA NEGRINI

martedì 28 giugno 2016

"LA PRIGIONE, LA NOTTE, DIVENTA IL SILENZIOSO GRIDO CHE SPALANCA ALLA PROPRIA COSCIENZA LE PORTE DELL'INFERNO.." di Moses Sono

La prigione, la notte, diventa il silenzioso grido che spalanca alla propria coscienza le porte dell’inferno. Una lama di luna rischiara le pareti della piccola cella. Un velo d’organza delicato dietro il quale traspaiono preghiere incise con disperazione sull’intonaco di una parete screpolata: “Mary, ti amerò per sempre.” Buffo detto da uno che deve rimanere tra quelle quattro mura tutta la vita. Legge e rilegge quelle frasi, quasi fossero testi sacri, come se tra quelle parole si nascondesse qualcosa che assomigliasse a una speranza, qualcosa che lo potesse aiutare a rimanere in vita, che non lo facesse dubitare delle sue scelte. “La signorina Crotemburg? Che ne sarà ora di lei. Le sue condizioni saranno migliorate?!” Decine di domande gli ronzano in testa impietose, tutte, però, destinate a rimanere senza risposta.
Il suo sguardo oscilla confuso, scorrendo il soffitto, scendendo tra le ombre che si proiettano danzando sul pavimento di mattoni rossi, sgorgando ininterrottamente, spaventose e lugubri, dalla grata della finestrella. Cerca di aggrapparsi con disperazione ai ricordi, ma la memoria è una troia capricciosa,si sa, può ingannarti in ogni istante; nella sua mente le immagini di volti, voci, sguardi, diventano sempre più difficili da rammentare. Avrebbe preferito tacere, non venire messo a conoscenza di una verità tanto devastante. Il professore si guarda le mani. Sono piccole, le dita sottili, asciutte, agili, rese così da anni di duro e frustrante esercizio. Oltre al lavoro, al suo costante impegno al conservatorio, alle solitarie serate passate a rimuginare sulle sue irrequietudini , a cosa era stata sino a quel momento la sua vita? Non aveva legami con nessuno. Suo padre era morto che lui era poco più di un ragazzino e sua madre se l'era portata a all'inferno un carcinoma devastante, dopo una lunga d'agonia, due anni or sono, di tutta la sua famiglia non gli restava che un album pieno di vecchie fotografie. Con le donne, poi, era un vero e proprio disastro, non sapeva come attaccare bottone, era timido e impacciato e loro non parevano provare per lui nessuna attrattiva. L’amore, quello carnale, lo andava cercando nei postriboli ma anche lì, le puttane lo umiliavano con la loro indifferenza. Nessuna di loro pareva trovare interessante quell' omuncolo dall’aspetto scialbo e impacciato al punto da sembrare costantemente intimorito da qualcuno o da qualcosa tanto era taciturno e distante da tutto e da tutti nel suo modo di fare.

MOSES SOON

"LA GENEROSITÀ DELLA CORTE DEI MIRACOLI" di Paola Caramadre

La generosità della corte dei miracoli

Nella mia vita ho sperimentato molti miracoli, nel senso che ho visto al di là del mio sguardo grazie alle persone che ho incontrato. Una sera, di molti anni fa, mi ritrovai in piena notte, da sola, in una città sconosciuta. Dovevo aspettare che riprendesse la circolazione e il passaggio del tram che mi avrebbe riportato all'alloggio, nel frattempo avevo fame e solo qualche monetina nel portafogli. Vicino la fermata c'era un distributore automatico, mi avvicinai per prendere qualcosa. Appena aperta la borsa e preso il portafogli una mano cercò di strapparmelo. Mi ci aggrappai accecata dalla disperazione di perdere i miei preziosi documenti di straniera. Alzai lo sguardo e mi ritrovai sola e accerchiata da un gruppo di uomini dalle facce poco rassicuranti. Non so per quale motivo, ma successe qualcosa di inatteso. Incontrai lo sguardo del più anziano del gruppo e sorrisi. Un sorriso istintivo, folle per certi versi e miracoloso. Il vecchio disse qualcosa al tizio che stringeva un lembo del mio portafogli. Lo lasciò. Mi chiese qualcosa. Gli dissi che ero straniera e avevo fame. Rassicurò il gruppo e mi invitò a seguirli. Mi unii a loro. Con serenità e una folle ingenuità. Camminammo per strade che non avevo mai visto in una città vuota e desolata ma stranamente accogliente. Chiacchierammo, erano dei disperati, vivevano di espedienti, qualche furto, qualche scippo, qualche truffa ai turisti. Una banda di mutuo soccorso. Li seguii in cuniculi, passaggi segreti, entrammo dal retro in un locale malmesso e mangiai con loro. Mi offrirono della birra, qualche liquore. Alle 5.25 il vecchio di nome Milan mi disse di sbrigarmi. Mi ritrovai alla fermata del tram. Salì con me. Pensai di scendere qualche fermata prima della mia per una forma di precauzione. Milan mi lasciò, proseguì la corsa. Ci salutammo come fossimo amici. Con tanto di abbraccio. Mi aveva offerto il cibo, mi aveva dato asilo non potevo rifiutare un saluto affettuoso. Mentre camminavo in fretta nella luce dell'alba mi tastai la giacca e sentii qualcosa. Forse un fazzoletto. Pensai fosse un biglietto con un indirizzo, chissà perché. Era una banconota da 200 corone. Mi sentii commossa. Non vidi più il mio benefattore, ma quando da anziana mi metterò a pregare lo ricorderò nelle mie preghiere.

PAOLA CARAMADRE

lunedì 27 giugno 2016

"GIOSTRA NELLO STRACCIO DI UN CIELO APPASSITO..." di Ilaria Biondi



Giostra
nello straccio di un cielo appassito
il laccio assente di un presagio di rugiada
argento muto di silenzi d'acacia
sull'ispido abbraccio
di un'attesa ruvida
che scava ignara
l'odore consunto della mia molle impudicizia


(© Foto e Testo - Ilaria Biondi)

"L'URLO VOLEVA USCIRE" di Monica Carraresi



L'urlo voleva uscire
arrivare fino a te, ma
era incatenato in gola,
soffocato dalle tue parole.
Una pioggia gelida di frasi
inutili. Dovevo andare via,
impazzivo dentro.

E non ho urlato,
non ho pianto,
sono uscita in silenzio.

Ora ti guardo,
ti vedo così piccolo
e lontano, non ti sento
più. Sei diventato niente.

(M.C.)

"ARRIVA SEMPRE, IL MOMENTO DELL'UOMO.." di BIANCA BROTTO



Arriva sempre, il momento dell’uomo.
Quel momento in cui senti che la vita è stanca di portarsi appresso un peso, quando non riesci più a distrarti abbastanza da non sentirlo. Persino il tuo sorriso lo è. Stanco.
È il momento dell’uomo. 

Due le strade, ugualmente perfette: procedere a passi stanchi ma sicuri con le istruzioni usate fino ad ora o innescare un’altra marcia, sgommare, sentire la pelle bruciare sotto le gomme, stare lì in quel diverso male e poi osare ripartire, osare il coraggio di cambiare, osare quel che pochissimi osano: il momento dell’uomo.

La prima strada la conosciamo, l’abbiamo percorsa fino a questo punto, sappiamo da dove è partita e cosa ci può dare. 
Conosciamo ogni sasso. E ogni buca.

La seconda io l’ho passata, è il mio parto, succede così: 

Il comando parte dall’anima che decide per il concepimento di un sì o di un no alla felicità; la domanda non è banale come sembra. La sofferenza è terreno conosciuto mentre la felicità è un’incognita che fa paura. 

Se l’anima urla un fortissimo sì, mente e corpo devono unirsi e collaborare: la mente stila una lista di possibili soluzioni che, attraverso nuovi pensieri e incontri mirati, costruiranno la nuova vita, lo stesso fa il corpo per assicurarsi una perfetta forma fisica.

Infine il parto, il percorso. Il canale d’uscita è stretto e doloroso, ma è l’unica via possibile per rinascere, è il momento nel quale il feto muore e l’uomo nasce. La pressione sarà angosciante, mancherà l’aria, si passerà da una confortevole buia tristezza ad una luce troppo forte. Bisognerà adattarsi alla nuova condizione perché solo il seme che muore porta frutto. Poi la vita inizierà.

Ogni momento può diventare il momento dell’uomo, una manciata di istanti piena di quel sì. 

Poi il buio. 
Poi la luce.

BIANCA BROTTO

"ARANCIO DISTRATTO" di Luisa Simone



ARANCIO DISTRATTO


Il tramonto
Mi guarda ....
Nella sua
Sfera

Infuocata...
Sospesa
Nell'aria


Crea silenzio
Nell"intorno..

Il grido
Muto..
Del colore
Apparso

In questo arancio..
Adesso..

Sparso....
Distratto

Mi investe
Pace D'anima

Mi avvolge..
D'illusione..

Di quasi
magica
Fusione...

Ignara...

Del domani
Che mi
aspetta...

Mi immergo
In questa
Calda..
Immensita'...
....

Che dolce
Il tempo...

Rallenta.

(Luisa Simone)

"SE TU FOSSI MALATO - POTREI MOSTRARTI CHE SO TOLLERARE LUNGHI GIORNI..." di Emily Dickinson



Se tu fossi malato -potrei mostrarti

che so tollerare lunghi giorni

senza la tua attenzione

senza nemmeno un piccolo segno

che mi rassicuri –

se tu fossi uno straniero

in una terra inospitale –

e mia, la porta a cui ti sei fermato

per una breve sosta – premio fuggitivo –

non di più-

fossi tu accusato – e io il tribunale

e i giudici ti avessero condannato –

non mi toccherebbe la tua sorte-

solo vorrei dividere l’infamia-

fossi tu il padrone della piccola casa

e mi permettessi di essere una donna per i lavori più umili-

mi faresti contenta-

non c’è servitù che vorrei affrontare

per te-

morire - o vivere –

morire: era non averti conosciuto –

vivere: l’amore –

EMILY DICKINSON

"TU NON SEI I TUOI ANNI, NE' LA TAGLIA CHE INDOSSI..." di Erin Hanson



Tu non sei i tuoi anni,
né la taglia che indossi,
non sei il tuo peso
o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome,
o le fossette sulle tue guance,
sei tutti i libri che hai letto,
e tutte le parole che dici
sei la tua voce assonnata al mattino
e i sorrisi che provi a nascondere,
sei la dolcezza della tua risata
e ogni lacrima versata,
sei le canzoni urlate così forte,
quando sapevi di esser tutta sola,
sei anche i posti in cui sei stata
e il solo che davvero chiami casa,
sei tutto ciò in cui credi,
e le persone a cui vuoi bene,
sei le fotografie nella tua camera
e il futuro che dipingi.
Sei fatta di così tanta bellezza
ma forse tutto ciò ti sfugge
da quando hai deciso di esser
tutto quello che non sei.

(Erin Hanson)

"VIA NEL VENTO" di Santina Gullotto



VIA NEL VENTO

Vorrei andar via nel vento
tra le nubi che si colorano al tramonto
con pastelli che lo sfumano
tra il rosa e il turchese ...
e posandosi sui monti
li accarezzano dolcemente...
Vorrei sentire tra i capelli
il tepore degli ultimi raggi
che ti scaldano accarezzandoti la fronte
mentre il buio della notte
piano piano ti nasconde...
Quando, andrò via per sempre
da un mondo che col suo giogo non da pace
cancellando dal tuo viso
ogni traccia del sorriso
che la vita non ti aveva regalato
ma solo prestato per un tempo...
Quando andrò via nel vento
che cancella quelle tracce del passato
lasciando solo dei ricordi
dal tempo affievoliti
vorrei solo che una nube mi coprisse
per salvare quel che resta di una vita....
@Santina Gullotto

domenica 26 giugno 2016

"FAI SCORRERE LE TUE PAROLE DA QUESTA BOCCA INCORNICIATA DI RUGHE.." di Loredana Cammisa

Fai scorrere le tue parole da questa bocca incorniciata di rughe
Le ascolto, queste sono le parole più preziose.
Rese importanti dai tanti anni vissuti da quegli occhi.
Occhi che han visto guerra, fame, sacrificio, liberazione.
Occhi che han visto nella realtà la storia che studiamo dai libri
Occhi di figlia, madre... Ed oggi nonna.
Quegli occhi che ti guardano con tenerezza, comprensione... E con la mano segnata dal tempo, sempre pronta ad accarezzarti il viso ed asciugarti una lacrima. Accompagnando il tutto con parole di conforto...
<<Cosa farei senza di lei?>> spesso mi chiedo.
Ma mi rassegno all'idea che un domani sarà un dolce ricordo. Nella speranza che sia un domani molto lontano.
Nel frattempo lo tengo stretto a me, questo amore tra nonna e nipote, insostituibile.

LOREDANA CAMMISA

"SENZA LE PAROLE" di Greta Baraldi

SENZA LE PAROLE.
Le poesie
che non hai mai scritto
le cerchi sotto il sole
guardando tutte le cose
le cerchi nel mare
e lo stai a guardare
e ancora più lontano
devi andare
in un posto nuovo
che non riesci a trovare
o forse chissà
si nascondono nel cuore
silenziose
non tutte le cose
nascono con le parole
Greta Baraldi

"L'ANGOLO D'AUTORE" di Cynthia Collu



L'ANGOLO D'AUTORE 

La prima volta che lui la colpì con forza erano sull’ascensore.
Stavano andando a cena da Livia e c’era stata una discussione sul ritardo.
«Colpa tua» le dice Sebastiano – è da un po’ che lei si è licenziata e lui si arrabbia per motivi futili, diventa subito irascibile, Miriam non riesce mai a prevedere l’esplosione di violenza. «Fai sempre i tuoi porci comodi! Che te ne frega di fare aspettare gli altri? Tutti devono stare ai tuoi ritmi, vero madame la marchesa?»
Lei tiene Teodoro in braccio, lo stringe a sé, sente il suo sudore pulito e le parole di Sebastiano fanno meno male, ribatte qualcosa per fortuna ha gli occhiali da sole, non vuole fargli vedere la rabbia. Il ceffone arriva inaspettato.
Il colpo glieli fa saltare via, sente la stanghetta di metallo ferirle la carne, proprio sopra lo zigomo, sente il sangue che cola. Sente il pianto di Teodoro. La sta guardando, gli occhi larghi di spavento. «Non è niente, amore, papà sta giocando.» Gli sorride, lo fa ballare tra le braccia. Il bambino scoppia a ridere a scatti nervosi. Sebastiano le volta la schiena. Non si scusa.
In macchina non parlano. Miriam guarda fuori, si tampona il sangue col fazzoletto, sorride al figlio. Teodoro si è messo il pollice in bocca e succhia con forza.
Miriam guarda fuori e si dice che è una stupida, una vigliacca. Dovevo tornare a casa e lasciarlo andare a cena da solo, e poi fare le valigie, presto, subito, senza ripensarci, Dovevo sparire, lasciarlo solo come un cane rabbioso. Ma come si è permesso! Com’è possibile che io sia qui, al suo fianco e faccio finta di niente e guardo fuori dal finestrino e vedo le macchine la gente gli alberi e questa cosa terribile che lui mi ha fatto me la devo tenere, nessuno là fuori sa quello che lui mi ha fatto, questa cosa odiosa, avevo il bambino in braccio, come si è permesso, come ho potuto permetterglielo, e devo fare finta di niente per Teodoro mentre vorrei solo spalancare la portiera e correre via, il più lontano possibile. Bastardo! Brutto bastardo. Teodoro si è calmato, povero figlio, prima ha gridato e si è messo a piangere e questo bastardo niente, neanche stesse piangendo un cagnolino per strada, ma me la pagherà! Avrei dovuto restituirglielo, quel ceffone, se ne è approfittato perché tenevo il bambino e non ho voluto mettergli le mani addosso, vigliacco, schifoso, se n’è fregato di spaventare il piccolo, sono una stupida, dovevo lasciarlo uscire dall’ascensore e dirgli: Con me hai chiuso, e poi tornare su e preparare di corsa le valigie. E se lui m’inseguiva, se mi picchiava ancora? No, non l’avrebbe fatto, non gliene frega niente se non vado con lui a cena, mi avrebbe lasciata tranquilla così potevo preparare le valigie e andarmene. Le faccio domani, quando lui non c’è. Chiamo Sara e glielo dico. Ma che vergogna, che vergogna. 

da "Sono io che l'ho voluto" di Cynthia Collu

"NOI ANDAVAMO LEGGERI UNA NOTTE D'ESTATE..." di Lalla Romano

Noi andavamo leggeri
una notte d’estate
per un fresco giardino?
la tua mano
ho sfiorato o una foglia?
la tua bocca ho baciato
o un frutto umido e dolce?
non so se ho bevuto il silenzio
della piante notturne
o il tuo amore silenzioso.
La tua mano mi salutò tra le piante
ma era falce di luna
che tramontava lontano
***
A ricordarci chi siamo
stanno barriere pareti silenzio:
per attutire l’amore
Come i complici fingono
tra loro di non conoscersi
noi ci passiamo accanto
con spasimo e senza gioia
Ci trasciniamo come corpi
mutilati, storpi: adeguati
ad un mondo diviso

Lalla Romano

sabato 25 giugno 2016

"SAREBBE BELLO POTERSI DIRE BUONGIORNO.." di Rosanne Donatiello



Sarebbe bello potersi
dire buongiorno.

Lasciarsi sorprendere
dalle prime luci dell'alba
stretti mano nella mano.

Mentre il sorgere del sole
come un fiore
ci accarezza con amore.

~ © Rosanne Donatiello

venerdì 24 giugno 2016

"COSI' LENTAMENTE DECISE DI ANDARE SENZA MAI VOLTARSI.." di Rosanne A. Donatiello



Così decise di incamminarsi
verso una nuova vita.

Troppe volte l'avevano delusa
troppe volte le avevano
calpestato il cuore.

Sapeva che sarebbe
rimasta sola,
aveva capito di essere
circondata da persone
che di lei
avevano solo approfittato.

Un cuore troppo buono
che non udiva battiti
intorno a se.

Così lentamente
decise di andare
senza mai voltarsi.

Lentamente si,
perché in questa vita
non conta arrivare primi.

Lei pianse.

Il vento freddo di quell'inverno
le asciugava le lacrime come
se volesse accarezzarle il viso.

Un mattino di primavera
fu sorpresa
da un raggio di sole
inaspettato.

Un raggio di sole
che le restituì la vita
il sorriso, la speranza.

L'abbracciò a se
quasi come se
volesse scusarsi
di tutto il dolore
che le avevano causato.

L'abbracciò a se,
per sempre.

~ © Rosanne A. Donatiello

"E POI.." di Luisa De Amor

E poi
Esistono quelle persone
Che trasmettono così tanto
Che sembra conoscersi da sempre..
Sono quelle persone che della propria sensibilità ne hanno fatto parte prioritaria di sé stessi
Sentono il silenzio
Guardano ad occhi chiusi
Rispondono senza parole.

LUISA DE AMOR

"COLORI NEL CIELO" di Nunzia Musicco



Colori nel cielo

I sentimenti sono favole piene di colori e vengono fuori dal cuore...
spontaneamente...
Senza artifizi e costruzioni...a volte vengono letti in modo appropriato a volte frainteso... Ma non bisogna rinchiuderli una volta fuori....perché suoneranno la melodia giusta solo per quell'unica persona,
disposta dal destino
ad ascoltare e comprendere.
Nulla accade senza una ragione
Anche se a volte non ci è chiara
Ma...il tempo e la libertà dei sentimenti che vibrano come corde di un'arpa... Troveranno la melodia giusta...
Come i colori di una tela dipinta nel cielo...troverò i miei colori vivaci e con essi imbrattero` il nostro Amore.
@NunziaM

"HAIKU 124" di Marina Marini Danzi



HAIKU 124

Vuota l'alcova
Profumo d'ombra tra
dita di sole

Marina Marini Danzi

"OSSA " di Moses Sono



Ossa

Raccoglimi tra le mani come se fossi vento
Raccoglimi tra le mani come se fossi schiuma.
Dipingimi come se fossi notte e luna .
Forgia il mio corpo con il maglio dell’intolleranza come fosse liquido e ferro rovente .
Raccoglimi come fossi una piuma caduta all’inferno.
E poi cullami. Cullami come fossi un tenero bambino.
Bruciami, bruciami come se fossi legno resinoso e secco.
E poi raccogli le mie ceneri . Raccoglile e spargile nel vento.
Mangia la mia carne dissetati con il mio seme, ma ti prego, risparmia le mie ossa
Piuttosto raccattale e annodale tra loro una ad una. 
Una ad una con un filo d’argento, per farne un prezioso ornamento. Indossalo, usalo per abbellire il tuo corpo affinché io possa rimanere per sempre adagiato sul tuo ventre.

Moses Soon

giovedì 23 giugno 2016

"IL MIO VIAGGIO" di Salvo Colucci



Il mio viaggio (Salvo Colucci)

La mia vita è un sentiero brullo, senza asfalto su cui camminare in modo liscio e senza sobbalzi, non ci sono paratie per evitare i burroni e non devi avere vertigini per poterla viaggiare, non puoi conoscerne la meta, ne quando finirà, all'orizzonte vedrai solo la prossima curva e sarai sempre a chiederti se è giusto averla voluta condividere con me.
Si viaggia nel buio, senza un posto dove fermarsi la notte, e centinaia di inutili voci ti diranno che è più comoda l'autostrada che passa li a pochi metri, dove loro stessi stanno viaggiando ma sono trafficanti di memorie ormai spente e senza più una ragione di esistere. 
Ognuno di noi sceglie le proprie strade da seguire, e solo alla fine si saprà la cosa giusta che si è deciso, ma, non mi aspettate al traguardo perché io vivo inizio e fine in ogni mia curva e difficilmente lo vedrò anche perché chi desidera arrivare probabilmente non è mai partito.

"HO VISTO PERSONE VANTARSI DEI TANTI POSTI VISTI..." di

Ho visto persone vantarsi dei tanti posti visti, ma non sono in grado di vedere negli occhi di occhi di una persona la sofferenza. 
Ho visto persone vantarsi dei tanti amori avuti, tanti corpi spogliati, ma non sono in grado di amare se stesse. 
Ho visto persone non saper amare, ma l'unica persona a cui riescono a dimostrare il loro amore è semplicemente "se stesse". 
Ho visto persone vantarsi tantissimo di se, ma sono le prime a guardarsi allo specchio con insicurezza. 
Ho visto persone predicare amore e bontà, ma sono le prime a dare giudizi cattivi, e spesso affrettati. 
Ho visto persone parlare male dell'amicizia che non ripaga, ma sono le prime a non fare una telefonata o essere presenti nel momento del bisogno. 
Ho visto persone che si rifiutano di aver fiducia nel prossimo perché un rapporto tossico le ha troncate l'anima, ma sono le prime ad aver bisogno di un porto sicuro dove rifugiarsi durante le tempeste di quell'anima spezzata. 
Ho visto persone rifiutare di amare, ma sono quelle che ne hanno più bisogno, ma hanno solo paura. 
Ho visto persone voler creare un muro, una protezione all'amore, una forma di razionalità in un sentimento irrazionale, ma sono quelle che amano di più, in silenzio. 
Ho visto le persone cattive diventare buone ed ho visto le persone buone diventare cattive. 
Ho visto, e so per certo, che la cattiveria, i limiti, le insicurezze, le paure, l'indifferenza, sono cose che portano sofferenza... E solo una cosa è in grado di mandarle via... 
L'AMORE! 
Più è grande e più ci fa paura... 
Più ci fa paura e più ne vale la pena stringere la mano dell'altro... 
Ho visto persone salvate dall'amore.. E su quest'ancora di salvezza ho visto me.

LOREDANA CAMMISA

"UN ABBRACCIO, DUE ABBRACCI..I" di Elvira Rossi



Un abbraccio, mille abbracci
nel silenzio della notte
nel sonno della mente
nella musica dei sensi.

Fingendo di sognare
li ascolto nel mio cuore
da tempo addormentato
dall’amore ridestato.

ELVIRA ROSSI

mercoledì 22 giugno 2016

"ACCADE.." di Roberta Manzin



Accade.
E scivoli oltre il guado
perdendoti.
Spettrale è l'incontro
di informe gemito.
Piangere
per sentirti vera
è un atto vano.


(La promessa da mercante ha isolato l'essenza dell'anima, soffocandola. Fare i conti con la vita, abbisogna di copione e non di saltimbanchi...)

Dove sei?
Sono dove sono abortita.
Nel grembo che ottunde angosce.

Saro' bozzolo. Altrove.

ROBERTA MANZIN

martedì 21 giugno 2016

"LA DAMA DEL LAGO" Connie Rutigliano



La Dama del lago

Mi raccontasti una favola
che le sinfonie di una cetra recitavano,
dove un soldato solitario
s'avventurava per il bosco
in cerca di una donna
che di afflizione s'era avvenuta.
Vista con esili vesti
la colei vita galleggiava
sulla linfa di un argenteo lago,
ovunque s'incamminava l'eretto
la voce cristallina
conquistava il suo orecchio
e le sentinelle degli alberi
ne riverivano il ritorno,
quando la luna alta in cielo
ne fremeva l'immagine specchiata.
Nel prosperare la salvezza
ad un palmo dalla mano,
i suoi tristi occhi
vuoti del sentimento
che una volta la coltivavano,
si sciolsero in un caldo abbraccio
che le mani non vollero contenere,
se non lacrime
che inghiottivano il cuore.

C.R.

"ANIME SULL'ORLO DI ABBANDONO" di Domizia Moramarco

Anime sull'orlo di Abbandono

Pensò di averla delusa e l'abbandonò. Così, lasciò l'appartamento dove avevano condiviso gli anni migliori della loro vita assieme e se ne andò, da solo, verso il suo nuovo mondo. Così, senza proferire parola alcuna, senza trovare una frase che fornisse spiegazioni al suo comportamento assente, senza tentare di riscrivere la loro storia. Tanto, si chiedeva mentre chiudeva la porta alle spalle, cosa avrebbe potuto dirle, guardandola in quegli occhi profondi e bui come la notte, per cercare di recuperare un valore a una merce derubata e poi ritrovata nel fondo di una strada maleodorante, dove i sogni non profumano più di ardore e aspettative?
Così, se ne andò e non fece più ritorno.
Ecco, lo ha scoperto e mi ha mollata. Non ha lasciato tracce di rancore dietro di se, ma la solita scia di gentiluomo fiero e tutto d'un pezzo. Affrontare una povera vittima di vita, senza speranze come me, sarebbe stato troppo umiliante per uno come lui.
Quando l'ho conosciuto mi è sembrato di aver ricevuto la Benedizione che mi è mancata il giorno del Battesimo mai consacrato. La navata della Cattedrale, pronta ad abbracciare la mia Anima, si era finalmente eretta sul mio capo e io, genuflessa, l'ho chinato per ricevere quelle mani aperte su di me. Donatami tutta al mio samaritano soccorritore, ho seguito le sue impronte come animale alla ricerca di oasi nel deserto, di acqua che disseti arsura d'affetto mancato sin dalla culla.
E adesso sono carnefice d'abbandono, attrice di sobborgo di un mea culpa che non reciterò mai dinanzi al più grande spettatore che è Amore, vestito dei suoi abiti più belli, cuciti dal filo Sincerità.
Mi cospargo le membra di sassi, a seppellire un corpo che non ha più da donare ad Essere altrui, se non il suo delitto di traditrice compulsiva.

DOMIZIA MORAMARCO

"ANIME SOMMERSE" di Nadia Levato



Anime Sommerse

La sera della nostra partenza il mare era un mostro dormiente; un’estensione di acqua e spuma bianca raccolta sulla battigia, illuminata appena da uno spicchio di luna. 
La risacca aveva lavato le nostre caviglie e accolto la nostra paura, confondendola con il miraggio di un futuro diverso. Dietro di noi la fame, la guerra, la nostra terra ferita e offesa, i volti cari di chi ci lasciava andare senza poter sapere se quello sarebbe stato un arrivederci o un lacerante addio.
Lo spazio sulla barca era esiguo. E noi eravamo tanti. Ci sistemarono con poco garbo, tra spintoni e calci disposero i nostri corpi, come oggetti ci divisero: le donne e i bambini da un lato, gli uomini dall’altro.
Il viaggio, ci avevano assicurato, sarebbe durato poco. La costa italiana non era poi così distante. Ma i giorni erano passati nel freddo e nell’odore nauseante di escrementi e urina. Due, forse tre. 
Quella carretta nel mare, scricchiolante e fragile come le nostre storie, sfidava le onde, il freddo, il vento in un susseguirsi di tramonti e albe che sorprendevano i nostri corpi, neri e ossuti come legna da ardere. Il pianto di Amina, la mia bimba di appena due anni, si univa a quello di altri bambini. Senza cibo e senza acqua non avremmo potuto navigare a lungo. In un peschereccio di pochi metri ci accalcavamo gli uni sugli altri come formiche arrese, pronte ad implodere. I nostri visi sfioravano quella distesa di acqua salata, cangiante e mutevole come le nostre emozioni. Come rami protesi sopra i bordi di quel precario vascello, aspettavamo di scorgere quel pezzo di terra che, tra le onde del mare, ci avrebbe parlato di libertà. 
Schiacciata da corpi stanchi e sfiorata da sguardi vuoti come la mia pancia, cercavo di soffocare nel petto il pianto insistente di Amina, oramai allo stremo per il freddo e la fame. I suoi occhi imploranti e liquidi mi scavavano nel cuore solchi profondi come i tagli che portavo sulla schiena, dolorosi e brucianti come carne viva e scoperta. La stringevo a me e anch’io, sopraffatta dalla paura, piangevo lacrime asciutte. 
All’alba del quarto giorno, un urlo mi destò dal sonno pesante in cui ero sprofondata. Sentivo un calore sopra lo sterno. Impiegai qualche istante a realizzare che quel bollore proveniva da Amina. La sua testa bruciava. Il fiato era corto e rumoroso, le mani fredde e sudate. Intanto sulla barca si era creato uno strano movimento. Con apprensione controllai il nodo della fascia che legava Amina a me, mentre qualcuna gridava.. terra. 
Terra fece eco un’altra voce. 
Quella parola prese forma nella mia testa, terra ripetei tra me e me…
Terra..terraaa gridai con tutto il fiato che avevo in gola. 
Tentai di tirarmi in piedi, Amina ben salda al mio corpo aprì per un istante i suoi grandi occhi neri agganciandoli ai miei. Quello sguardo mi fece tremare cuore e anima. Terra le sussurrai dolcemente, avvicinando piano le mie labbra aride al suo orecchio sinistro. 
Presto sarai salva bambina mia. 
Le gambe erano come anestetizzate e con fatica riuscii a portarmi in piedi; appena in tempo per scorgere all’orizzonte quella sagoma verde e marrone adagiata sul mare. Poi uno scossone mi fece vacillare. 
Terra. 
Dopo giorni di navigazione ecco la nostra meta così vicina, a portata della nostra salvezza e della nostra nuova vita, mia e di Amina. Nel brulicare di gente, il mormorio delle nostre voci copriva il frastuono delle parole concitate degli scafisti. Un altro scossone fece tremare la barca. Accadde tutto in pochi attimi. Un fumo nero salì velocemente su per il cielo. Altro scossone. 
Accadde tutto rapidamente. Troppo rapidamente. 
Con le mie braccia tentai di fare da scudo ad Amina, nel goffo tentativo di ripararla da quei corpi che, improvvisamente, avevano preso a rotolare impazziti verso di noi. La strinsi a me prima di capire che stavamo precipitando in mare e che la barca si era trasformata in una piastra obliqua sulla quale era diventato impossibile reggersi in piedi. E tra gambe, braccia, volti terrorizzati che come schegge impazzite ci sfioravano catapultandosi in acqua, cominciammo a scivolare anche noi due.
Cercai un appiglio. Afferrai con tutte le forze il parapetto scrostato. Le mie unghie si incagliarono in quelle tavole di legno. La Terraferma è così vicina, pensavo in un vortice di confuse considerazioni, mentre venivamo risucchiate in basso, in quella distesa di acqua e sale, amara e fredda come il nostro destino. Ruzzolammo velocemente, la fascia che assicurava Amina al mio corpo si impigliò in una ansa della barca lacerandosi irrimediabilmente, e con lei si lacerò il mio cuore in quel volo di morte che ci avrebbe divise per sempre. L’impatto dei nostri corpi tra le onde fu violento. E mentre l’acqua ci sommergeva fin sopra il capo, il salmastro che entrava nella mia bocca aveva lo stesso sapore della disperazione. 
Provai a restare a galla, giusto in tempo per intravedere le treccine di Amina galleggiare un istante su quella distesa blu. Intanto, sopra le nostre teste, i corpi continuavano a precipitare urlanti, facendo sollevare le onde e inabissandoci sempre più in giù. 
Sentivo che la vita mi stava velocemente abbandonando e ripensavo all’Africa, quella terra da cui ero scappata per portare in salvo il mio bene più grande. 
Amina. 
Provai a gridare il suo nome, ma nella bocca l’acqua strozzava asfissiandomi. Un suono meccanico e possente tagliò l’aria appena prima che tutto diventasse buio. Il mio ultimo pensiero andò a quelle treccine, a quel sorriso leggero che volevo le illuminasse il viso, a quella ricerca di un pezzo di pane che mi aveva portata su un barcone incrostato, scricchiolante e fragile come le nostre storie.
“La sera della nostra partenza il mare era un mostro dormiente; un’ estensione di acqua e spuma bianca raccolta sulla battigia, illuminata appena da uno spicchio di luna. Così mi racconta Jhamila. “Tua madre indossava una paschmina azzurra con striature ambrate e con questa ti teneva legata a sé. Aveva 25 anni e cicatrici profonde come solchi. Sognava per te una vita diversa”.

NADIA LEVATO

lunedì 20 giugno 2016

"UNA GENERAZIONE SBAGLIATA, LA MIA" di Paola Crovi

UNA GENERAZIONE SBAGLIATA, LA MIA

Milano, Piazza Durante.
Giardinetto diviso in due, tre, quattro, cento spicchi di frastuono.
Una piazza non piazza, crocevia, crocicchio.
Niente musica barocca di Francesco Durante, con la bella targa al muro del nobile edificio della scuola, che ricorda a tutti che alla costituzione del regno d'Italia i bambini erano bambini e che per alfabetizzarli alla lingua italiana bisognava mettercela tutta.
I bambini erano tanti e l'istruzione era severa come il palazzo di pietra grigia che la ospitava, con gli ingressi divisi per bambini maschi e bambine femmine.
Una eternità fa, un mondo di valori fa.
La piazza era stata piazza vera con i suoi alberi, le case di ringhiera ora fabbriche, uffici, case anonime.
In uno spicchio dei giardini giochi per i bimbi che corrono di qui e di là in cerca di non si sa cosa.
Al di là della strada extracomunitari in gruppo si riuniscono e si guardano l’un l’altro per riconoscersi.
In fondo a tutto sopra allo sguardo c'è Santa Maria la Bianca, chiesa Viscontea, vestigia di quello che è stata Milano, prima di Leonardo, prima dei francesi, prima degli spagnoli.
Quando i Visconti la facevano da padroni e le Abbazie producevano uomini e santi, frutti, cereali , terre irrigue e tesori nascosti al riparo di mura spoglie, al di là di porte che si chiudevano alle spalle di uomini semplici e prudenti, che le varcavano per morire al mondo.
E dietro la chiesa, oltre il suo perimetro segnato dai mattoni rossi, cotti e ricotti dal tempo, un altro muro di periferia segna un diverso perimetro, quello delle fabbriche. Le fabbriche dell’alienazione e insieme della speranza per un futuro, un vivere migliore, con la casa con dentro il frigorifero, la lavatrice e la televisione.
Muro abbandonato in un desolato vuoto di nulla, di fabbrica che non c’è più, colorato da un laconico murale con volti di giovani, che se ne sono andati a 18 anni, anzi che sono stati buttati fuori dalla vita da altri giovani.
Testimonianza di anni tortuosi, bui, segnati dall’odio che ha diviso una generazione sbagliata, vissuta senza sere allo stadio o al bar.
A uno di quei bar che si affacciano sulle vie del Casoretto, con dentro gente di tutti i colori, che poco sa di Santa Maria la Bianca, del musicista Durante, di Fausto e Iaio che se ne sono andati così, con un tuffo al cuore, lasciando più soli gli altri sopravvissuti di una generazione sbagliata, la mia.

PAOLA CROVI

"FARFALLA" di Luisa Simone



FARFALLA

Si oggi voglio
Esser
farfalla..


avere
anche..
. .le sue ali
Si...
(Le aprirei')

per varcare i cieli..

Per innamorarmi
dei colori...

Per perdermi..
Tra i profumi

Dei Fiori.

......
devo fare tutto
in fretta..

La farfalla
ha poca vita

Ma in questo
breve spazio
Colgo l'immenso...

Apro le ali...
volo...

Volo...sopra soprusi
Volo ..sopra ingiustizie..

Mi poso sopra i fiori

Mai sopra
I cannoni...

Voglio Guardare.. ..
L'alba
Voglio bagnarmi..
Di fresca
. .rugiada..

Voglio scaldare
Le mie ali di sole....
.
Voglio Guardare
Le onde
Del mare...

Voglio tuffarmi..
Nel verde
dei prati..

Aspettare poi
la sera
Con questa..

Aria ....improvvisamente
Fresca. .

Forse l'ultima ...

ma non importa..

Forse domani...
Non apriro"..
Piu. .
Queste mie ali..
Variopinte..

Ma quello.che ho avuto.
Oggi...
mi basta.

Ho guardato..
Cosi' .
Tanto...
Che la mia breve vita. .

Mi è sembrata
oltre
Che stupenda..

(anche infinita.)

Da (QUELLE COME NOI)

(LUISA SIMONE)

"NOTTE STELLATA SCRIGNO SEGRETO DEI MIEI PENSIERI..." di Liliana Sghettini

Notte stellata
scrigno segreto
dei miei pensieri,
muta custode
d' infiniti desideri.
Culla soave
di ore serene
arcigna spettatrice
di tutte le pene.
Notte stellata
scrigno segreto
deponi nelle mie mani
sacri amuleti propizi
del mio domani.

LILIANA SGHETTINI

"UNA VOCE" di Marilena Viola

UNA VOCE
di m.viola
Ti ho inviato un messaggio d'amore
un canto
una voce.
Ti ho mandato un interno richiamo
silenziosa preghiera
attraverso una lode.
Ti ho affidato pensieri e speranze
riposte nel cuore.
E ti ho dato la chiave.


domenica 19 giugno 2016

"NON E' FACILE INVECCHIARE CON GARBO..." di Cecilia Resio



Non è facile invecchiare con garbo.
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle,
di nuovi solchi, di nuovi nei.
Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza
mortificarla in una nuova età che non le appartiene,
occorre far la pace con il respiro più corto, con
la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi,
con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso,
che prendono il posto dei grilli per la testa.
Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era,
reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere
e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole
cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia,
ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru,
canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza.
Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo
godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.
Bisogna camminare dritti, saper portare le catene,
parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe
stata di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.


Cecilia Resio - Le istruzioni

"RACCONTERÀ DI NOI" di Izabella Teresa Kostka



RACCONTERÀ DI NOI

Naufraga lentamente
nell'oceano pubico delle mie maree,
ove annega ogni peccato
distante dal senso del Bene e del Male.

Non pensare,
segui il flusso del vero sentire
sprigionato dal ventre della lussuria,
intreccia le membra alle mie radici
sul tuo corpo avvolte come i rami dell'edera.

Rigogliosi fioriremo all'arrivo della pioggia,
bagnati dall'essenza di una Nuova Vita.

Essa racconterà di noi
nell'avvenire della nostra mancanza.

Izabella Teresa Kostka

"CUORE SMARRITO" di Pasquina Filomena



CUORE SMARRITO

Se solo riuscissi a non pensarti,
riscoprirei il mare.
Le sue onde sottili
mi trascinerebbero fino all’orizzonte.
Favole mai svelate,
di contorni ramati
ai confini della terra.
Mi riportano però
in punta di piedi
solo...al tuo cuore smarrito.

PASQUINA FILOMENA

sabato 18 giugno 2016

"VITE INTERROTTE (09/06/2016) di Claudia Anselmi

VITE INTERROTTE (09/06/2016)
Gelosia, possessività, ossessione, paranoie inutili; tutto questo, ha portato, e porta ancora, un'inutile, crudele ed atroce spirale di violenza che, ancora, non vuole cessare d'esistere.
Donne vittime di esseri malati e perversi, che ancora non riescono, o non vogliono denunciare i loro carnefici, perchè convinte che, con il loro infinito amore, riusciranno a cambiare costoro, ma non è così.
Purtroppo, queste donne vengono uccise, solo perchè, ad un certo punto, tentano di laciare questi esseri.
Tutto questo, ha un nome:FEMMINICIDIO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
E' ora di dire basta, denunciarli e salvarci la vita!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

CLAUDIA ANSELMI

"UNA DONNA SOLA E' SPECCHIO DI RICORDI INESPRESSI.." di Edmond Dantes



Una donna sola
è specchio di ricordi inespressi.
È profumo lasciato
nelle stanze dell'indifferenza.
Una donna sola
cambia abito per non cambiar se stessa.
E più cura la sua immagine
e meno cede al baratro della paura.
Una donna sola s' inventa
ogni santo minuto l' orizzonte
che la sostenga.
E indaga sugli altri cercando prove
di ciò che non è.
Una donna sola ha porte blindate
per proteggere quello che nessuno
ha saputo coccolare.
Spazia in universi contrari
consapevole che pagherà.
Una donna sola conosce tante verità
ma ne ingoia solo una, che
la solitudine è alla fine,
la sua forza,
non la sua condanna.

Marina Roncaglio / Edmond Dantes

venerdì 17 giugno 2016

"HO PIANTO..." di AD



Ho pianto
Per il corpo offeso
Per l'anima lacerata
Per non aver avuto
Forza e volontà
Di reagire.
Dopo il no,
Flebile,
Inudibile e inudito,
Sei dentro di me
E mi annienti.
Mi consumo
Lentamente
Senza più perché
Ripiegata su me stessa

AD

"L'AMORE MALATO" di Cynthia Collu



L'amore malato.

Il femminicidio è solo la punta del'iceberg della violenza sulla donna. Prima, ci sono tanti segnali, spesso sottili, non facilmente identificabili. La donna subisce denigrazioni, accuse, offese e non sempre è in grado di difendersi. Una sberla è subito riconoscibile come violenza, una denigrazione, anche solo un "Stai zitta tu che non capisci niente!" può venire giustificata e perdonata.
Di questo parla il mio romanzo "Sono io che l'ho voluto". Per prendere coscienza che l'amore malato non è solo il femminicidio. Per imparare a difenderci.

"Non l’aveva detto a nessuno, Miriam, neanche a Sara.
Non è che Sebastiano lo facesse spesso, e neppure le faceva davvero male, le lasciava dei segni, questo sì, ma era lei che aveva la pelle delicata.
Aveva iniziato dopo la nascita di Teodoro: era stato quello lo spartiacque. Niente di veramente serio, qualche spintone, o una tirata ai capelli. Lei reagiva, certo, cercava di spintonarlo a sua volta, ma lui le bloccava le mani, e se lei insisteva nel volerlo colpire, finiva che le faceva male davvero. A volte la strattonava tenendola per i polsi, e per un po’ lei aveva male a sollevare dei pesi, come alzare il materasso quando doveva cambiare le lenzuola. In quei momenti le ritornava la rabbia, ma una volta sistemato il letto se ne dimenticava. In fin dei conti succedeva di rado, e a lei non sembrava poi così grave. Liti tra coniugi, come forse capita tra innamorati. Cose che succedono e passano.
[..]
A volte pensava che stessero giocando. Certo, un gioco perfido, ma pur sempre un gioco. Come se entrambi fossero a conoscenza di un confine stabilito in precedenza, oltre il quale non si poteva andare; un tacito accordo sui limiti della violenza da utilizzare durante i loro litigi: uno scontro, o meglio, un confronto, una modalità per esprimere il loro conflitto e forse cercarvi rimedio.
In effetti subito dopo seguiva la riappacificazione. Erano momenti di felicità immensa: facevano l’amore come affamati, lui la faceva godere ripetutamente, poi la portava fuori a cena e le regalava un oggetto che lei desiderava, oppure le comunicava di aver comprato i biglietti per un week-end a Londra, o a Palma di Maiorca, dove continuavano a fare sesso come fossero diventati insaziabili. Due giovani innamorati che avevano litigato ma si amavano. Tutto qui."

da "Sono io che l'ho voluto" di Cynthia Collu

"NON VORREI AMARE PIU'" di Santina Gullotto



NON VORREI AMARE PIU’

Ho amato chi non sapeva amare
e per questo ho distrutto il cuore
Ho amato chi non lo meritava
e perfino chi mi odiava...
Ho amato chi calpestava i veri sentimenti
perché dell’amore non ha capito niente...
ho amato incondizionatamente
anche chi di questo non gli importava niente..
Ho amato i giorni tristi e bui
perfino il gelo la pioggia e il vento urlante...
Ho amato l’ingiusta sorte
che mi toccava inesorabilmente...
Ho amato e prosciugato il cuore
fino al punto che non vorrei più amare
e se il cuore vorrà ancora farlo
per chi non se ne prende cura
la mente saggia per non morire di dolore
sicuramente glielo impedirà
anche se so che il cuore non l’ascolterà....
@Santina Gullotto

giovedì 16 giugno 2016

"VORACITÀ E TORMENTO" di Roberta Manzin



Voracità e tormento.
In disumana passione.
Hanno scandito il tempo di una una condanna d'amore.
Legati in un intreccio mortale
nel patto eterno
ci siamo strappati un cuore
mai abbastanza pianto.
Guardandoci
negli occhi bugiardi
vergognosamente
rubati.

RobertaManzin

"L'ISOLA CHE NON C'E'" di Marina Marini Danzi



L'ISOLA CHE NON C'E'

Sfilacciati pensieri
sottili tele di ragno
tremuli miraggi
sull'orizzonte dei ricordi
Zucchero filato
o nebbie umide e fredde
Il tempo e' passato
e il passato sosta in me
a volte dolce
a volte pigro e colloso
Acqua di immoto stagno
attesa di gracidar di rane
di tuffo dai mille cerchi
Il tempo e' passato ma sento ancora
duetti di merli, serenate di cicale
profumo di gelsomini languidi
E vedo iris blu
tagliati da impressioni di luce
Sento ancora l'odore di felci umide
tra il verde chiaro
dei faggi dal tronco liscio
come nuda pelle da accarezzare
Ombre di tigli odorosi
dove dimentico i sassi aguzzi di tanti anni fa
e i cocci di bottiglia
che solo ieri tagliarono mani e cuore
Strappo gomene, sciolgo le vele
traccio la rotta
Ho la mia stella polare
e la mia isola
che mi attende
da sempre


Marina Marini Danzi

"LE NUMEROSE DONNE DA CUI RASHID TRAEVA PIACERE, PENSAVA, ERANO COME SELIMA.." di Maria Pace

RACCONTO

Le numerose donne da cui Rashid traeva piacere, pensava, erano come Selima. Donne le cui bocche gli si aprivano facilmente e voluttuosamente… Non come lei, che aveva esitato prima di scoprire che aprire la bocca ai suoi baci, era la cosa più semplice, dolce e spontanea.
L'ultima cosa che desiderava adesso, però, era che Rashid pensasse che lei volesse spiare lui e la rivale... Spiare, pensava... spiare con occhi supplichevoli e smarriti e con la stolta gelosia della donna che si nasconde e spasima. No! Non era da lei.
Ed intanto, proseguendo, il passo già affondava nella sabbia vicino alla monumentale Fontana del Fico, la cui ombra proiettata al suolo, malinconica e solitaria, la inghiottì subito.

dal libro "DUNE ROSSE" di Maria Pace

"LE DICI MAGRA, SI SENTE GRASSA..." di Lella Costa



Le dici magra, si sente grassa
Son tutte bionde, lei è corvina
Vanno le brune, diventa albina
Troppo educata, piaccion volgari
Troppo scosciata per le comari
Sei troppo colta preparata
Intelligente, qualificata
Il maschio è fragile, non lo umiliare
Se sei più brava non lo ostentare
Sei solo bella ma non sai far niente
Guarda che oggi l’uomo è esigente
L’aspetto fisico più non gli basta
Cita Alberoni e butta la pasta
Troppi labbroni non vanno più
Troppo quel seno, buttalo giù
Bianca la pelle, che sia di luna
Se non ti abbronzi, non sei nessuna
L’estate prossima con il cotone
Tornan di moda i fianchi a pallone
Ma per l’inverno la moda detta
Ci voglion forme da scolaretta
Piedi piccini, occhi cangianti
Seni minuscoli, anzi giganti
Alice assaggia, pilucca, tracanna
Prima è due metri, poi è una spanna
Alice pensa, poi si arrabatta
Niente da fare, è sempre inadatta
Alice morde, rosicchia, divora
Ma non si arrende, ci prova ancora
Alice piange, trangugia, digiuna
E’ tutte noi, è se stessa, è nessuna.


Lella Costa

mercoledì 15 giugno 2016

"UN GIORNO" di Rosanne Donatiello



Un giorno

Un giorno tutto avrà un senso.

Non rimpiangere
le persone che hai perso.

Impara ad apprezzare
ciò che di bello
hai costruito nonostante
le rinunce.

Dopo la tempesta
c'è sempre un arcobaleno
pronto a colorarti la vita.

Dopo una lacrima
nasce un sorriso.

Un giorno tutto avrà un senso
cercalo dentro di Te.

Il senso di questa vita
sei solo Tu.

~ © Rosanne Donatiello

"L'ANGOLO D'AUTORE" di Cynthia Collu



L'ANGOLO D'AUTORE

Ti ho mai raccontato dell’isola bianca? Era piccolissima, circondata da scogli bianchi come il ghiaccio, e noi ragazzi facevamo a gara a chi ci arrivava per primo a nuoto.
Quand’ero bambino ci abitavo proprio di fronte. Uscivo di casa e parlavo col mare. 

Mio padre giocava sulla battigia. Quando si svegliava apriva la porta e si trovava davanti il mare.

“Buongiorno mare”, gli diceva.

“Buongiorno, Lorenzo”, rispondeva il mare.

Mio padre ne osservava l’umore. Se era allegro, se era triste, se era arrabbiato. A lui il mare piaceva comunque. Si sedeva sulla sabbia e giocava. Nonna Cosma l’aveva messo per terra non appena era stato in grado di camminare e mai più ripreso in braccio.

“I bambini si viziano a sdolcinarli troppo, soprattutto i maschi”, diceva al marito. “Io voglio che nostro figlio cresca con la scorza dura.”

Papà si consolava parlando col mare.

“A che pensi?” chiedeva il mare a mio padre.

“Penso all’isola bianca. La vedi?”

“Certamente. E’ a un chilometro dalla spiaggia dove vivi tu.”

“Ci sei mai stato?” domanda papà.

“Io sono dappertutto”, dice il mare.

“Voglio venirci anch’io”, dice papà. “Voglio raggiungere l’isola bianca.”

“Perché?” chiede il mare. Papà non risponde.

“Che speri di trovarci, Lorenzo?”, insiste il mare, e intanto scuote la testa facendo schiuma.

Papà non lo sa che spera di trovarci. Ha solo quattro anni e non può sapere tutto.

Voglio solo sapere che cosa c’è laggiù, vorrebbe dirgli, ma un po’ si vergogna, gli sembra una cosa stupida da dire al mare che è tanto importante. Allora china la testa e si mette a giocare con le conchiglie.

E’ magrissimo, le scapole gli fuoriescono dalle spalle come due alucce troncate; sotto il sole sembra un ranocchio pronto a saltare via.


“Ecco, la vedi l’isola bianca? Da ragazzo ci arrivavo a nuoto. Una mezz’ora, quaranta minuti al massimo. Senza sforzo.”

Gonfia il petto con quel po’ di carne attaccata che gli è rimasta, e io alzo lo sguardo per osservare l’isola.

Sono solo pochi scogli in mezzo al mare, così candidi da sembrare neve.

Oggi l’isola bianca non esiste più. L’hanno cementata, ci hanno fatto sopra un lungo ponte che poi è diventato un molo. Il molo bianco, lo chiamano, in ricordo dell’isola che non c’è. Adesso ci attraccano le grandi navi: sono lente, solenni. Bianche anche loro.

Ciò che resta dell’isola sono quegli scogli lontani. Di certo non sono gli stessi che guardava mio padre. Ma la sua Isola lui l’ha ormai raggiunta per sempre, e nessuno gliela può più cementare.

Da "Una bambina sbagliata" di Cynthia Collu

"NARRA LA LEGGENDA CHE....." di Chiara Minutillo

"Narra la leggenda che, un tempo, a Montisola, un'isola nel bel mezzo del lago d'Iseo, vivesse una bellissima fanciulla che era solita passare le sue giornate in riva al lago a versare lacrime di dolore per la scelta del ricco padre di prometterla in sposa a un nobile giovane della Franciacorta. Privata della possibilità di amare veramente un uomo, la ragazza trascorreva il suo tempo nel tentativo di sfogare l'amarezza. Fino a quando, un giorno, cadde proprio in quelle acque, che la inghiottirono, rischiando di farla annegare. Fortunatamente, su quelle acque, si trovava di passaggio un giovane pescatore di Sarnico che la vide e la trasse in salvo. Tra i due, scoppiò l'amore, ma il padre della fanciulla fece di tutto per ostacolare quella relazione, al punto da imprigionare e uccidere il giovane pescatore. Convinto di avere ormai la figlia in pugno, l'uomo non aveva fatto i conti con la determinazione della ragazza, la quale consegnò la sua vita nelle mani di quelle stesse acque da cui era stata salvata, nella speranza di ricongiungersi con il suo amato. Da allora, il lago è spesso tormento dalla Sarneghera, un forte temporale, segno che i due giovani si stanno cercando sul fondale di quelle acque scure, mentre il cielo scaglia tuoni e fulmini per vendetta verso un giovane amore e due giovani vite negate".
La Sarneghera è, da sempre, il più violento fenomeno atmosferico del Sebino. Un forte temporale che arriva all'improvviso, ricoprendo il lago, nel giro di pochi minuti, con un cono d'ombra che lo rende terribilmente minaccioso. Laddove i turisti vedono solo un temporale, però, la gente del posto ritrova la magia e la drammaticità di una leggenda che, a lungo andare, ha penetrato l'animo degli abitanti.
Visto il recente progetto che vede protagonista una passerella fluttuante da Sulzano a Montisola, alla gente del posto viene quasi spontaneo chiedersi: chissà se per 20 giorni i due amanti rinunceranno a cercarsi...

CHIARA MINUTILLO

"LO STUPRO (acrostico)" di Izabella Teresa Kostka



LO STUPRO (acrostico)

L a mia pelle lacerata
Ondeggia nel male,
S pezzato il grembo
T ra gli artigli del diavolo.
U bbidiente dal terrore
P erdo ogni fede.

R accolgo il mio corpo
O scillando nell' U R L O.

Izabella Teresa Kostka

"A MIA MADRE" di Mirella Morelli



A mia madre

Infine reclinò la testa
Sul palmo
E fu vortice di buio.
Un attimo
- il suo utero lacerato
e io nascevo
- lei nacque e
io morii,
in un incontro
sulla mia mano

Fu vortice e abisso
e insieme
avviluppammo,
la testa sul mio palmo
a ricordo dell'eternità

“Signora, è
morta”
Ora la mano sulla spalla
era del medico,
sul bordo del mio precipizio
Proprio lì
dove insieme vorticavamo
Buchi neri
di infinite galassie
Io morivo, lei nasceva
Vorticavamo
insieme

Insieme

Io nascevo, e lei sul palmo
inabissava
- oh il mio palmo di bimba che avanzava
mentre il viso suo
lento e tragico
annaspava

E mi svegliai
da sola.

© Mirella Morelli

martedì 14 giugno 2016

"SAN GIUSEPPE" di Marilena Viola

AMARCORD

SAN GIUSEPPE

Cielo azzurro
l'aria sottile
coperti i prati di Marzo
dalle prime viole.
Chiesetta magica su per la collina
che hai ascoltato le grida dei bambini
al gioco della fune
o le donne cantare
o le coppiette fantasticare
o gli adulti gioire
per la giornata di festa
e il bel tempo in arrivo!
Ti ricordo così
ormai lontana
e sembri un luogo della memoria
limpido e lavato dalla pioggia
benefica della primavera!

Marilena Viola
marzo 1998

"IL SAPORE DELLA LUNA IL PROFUMO DEL SOLE" di Francesco Falcone

Il SAPORE DELLA LUNA IL PROFUMO DEL SOLE - cap III

Questo manufatto abbandonato, che una volta apparteneva al complesso dove abitava, si trovava al di là della larga strada polverosa che passava proprio davanti al cancello che chiudeva la recinzione della villa, e si raggiungeva inoltrandosi per pochi metri in discesa verso la riva del fiume per un sentiero ormai completamente sommerso nella vegetazione.
Poggiata su di una struttura alta sull’acqua e ancora ben solida, in cemento, la parte abitabile superiore era stata una volta una specie di casamatta fluviale per la guardianeria, costruita quando venticinque anni prima ospitava una lancia a motore armata, e il personale di sorveglianza.
Da lì si controllava la grande ansa, ove il fiume si allarga e bagna, una di fronte all’altra, le due grandi città: Brazzaville, costruita dall’italiano conte Savorgnan di Brazza, ora capoluogo dell’Africa Equatoriale Francese; e Leopoldville battezzata così in onore di Leopoldo II, re del Belgio, che sin dal 1879 aveva cominciato a investire i suoi interessi e le sue fortune nel vasto e ricco bacino del Congo, convincendo poi nel 1885, col trattato di Berlino, le nazioni
europee a essere riconosciuto sovrano prima di fatto, poi di diritto dello Stato Libero del Congo; costituendo poi la colossale “Compagnia Internazionale del Commercio” nella zona di libero scambio, con la quale aveva legato i principali gruppi commerciali e minerari d’Europa.
Nella villa di Couragin, prima suo nonno, e ora suo padre erano per tradizione Agenti del Governo in queste attività e rappresentanti di una serie di Aziende nazionali e private, che avevano ancora lì, dopo tanti anni, un intrico di compartecipazioni e di intrallazzi.
All’epoca la stazione di posta, ora in disuso, ove si era rifugiato Couragin serviva sia come base di comunicazione fluviale, che, come detto, quale punto di controllo per ogni eventuale intrusione di indesiderati per la via d’acqua. In quei tempi le Compagnie commerciali che operavano in Africa avevano ognuna le proprie milizie e polizie militari a protezione e tutela dei tanti imprevisti che provenivano da territori in parte ancora inesplorati.
E in un primo tempo la strana combinazione d’affari che legava Re Leopoldo alle varie etnie e tribù dei Bantù, dei Bakuba, dei Bolongo etc… aveva creato una specie di reame assortito e sempre in fermento, nel quale tutti erano regnanti e tutti si dovevano ben guardare le spalle…
I Francesi di fronte, si erano assestati con il controllo e il dominio sulle etnie del basso Congo al di là del fiume nella A.E.F.
A est, subito dopo il Trattato di Berlino, i tedeschi per non esser da meno, avevano anch’essi provveduto a metter piedi e uniformi nei territori del Ruanda e del Burundi, come protettorato dell’Africa Orientale Tedesca; e da allora le loro cannoniere perlustravano il largo fiume, apparendo sovente come un tacito avvertimento.
Le loro torpediniere minacciosamente armate, servivano sopratutto a mantener deste e vigili le smanie militaristiche delle nazioni europee che avevano colà insediato le loro colonie.
In segreto il loro obiettivo politico era primariamente di sobillare e mantenere concentrata nella lontana Africa le attenzioni e la competizione coloniale fra Inghilterra e Francia affinché quest’ultima oltretutto fosse distratta dal pensar sempre all’Alsazia e alla Lorena.

FRANCESCO FALCONE

lunedì 13 giugno 2016

"IO DONNA" Elisabetta Barbara De Sanctis



IO DONNA
Io
Fiera
Di essere Donna
Di saper stare da sola
Di non aver bisogno
Di nulla e di nessuno
Perché quando scelgo
Scelgo di condividere
Parti di me
Solo con chi sa rispettarle
Fiera di amarmi
Così tanto da bastarmi
Da avanzarne
Anche per amare la vita
Così tanto da bastarmi
Per non vendermi
Per amore
Per affetto
Per sesso
Per un abbraccio
Per una parola
Fiera di essere scomoda
Di essere ingestibile
Di non avere regole
Fiera di conoscere
Il potere del perdono
La forza della spada
Il valore dell'amicizia
Fiera di come sono
Dei miei punti di forza
Delle mie debolezze
Fiera di essere Donna
Di cantare alla Terra
Di danzare alla Luna
Fiera delle mie scelte
Giuste o sbagliate
Del mio dolore
Che nessuno può giudicare
Del mio sorriso
Che nessuno potrà spegnere
Fiera di essere polvere
Che un giorno tornerà alla Terra
E a chi vuole amarmi
Dico amami ora
Amami adesso
Non quando non ci sarò più
Che è troppo facile
Amami adesso
Che è più difficile
Che fa male
Che ha un prezzo:
La mia libertà


©Elisabetta Barbara De Sanctis 12/06/16 all rights reserved

domenica 12 giugno 2016

"IO NON SONO FIGLIA DI ANNA FRANK..." di Susan Moore

Io non sono figlia di Anna Frank
Son figlia di quelli che girarono il capo
Distratti dai treni che arrivavano in orario
Anche dai treni chiusi, pieni di piscio e paura
Non sono figlia di ebrei, nè di zingari, né dii malati mentali
Tantomeno di oppositori politici
Sono frutto compiuto dell’uomo qualunque
Figlia dei 20 anni dopo quell’orrore
Nata dalla voglia di sopravvivere
Ho letto, ho sofferto, ho pianto, ho provato a rivivere
Ho odiato quei capi cari, ma rivolti altrove
Non potrò dimenticare quello che non ho vissuto
Ma sentito e patito
Non leggo “il diario”
Vivo il reale
Sento il puzzo di piscio dei treni che mi arriva troppo vicino
Portato dal mare

S.M. © 12/06/16

sabato 11 giugno 2016

"CAPOVOLTA E CHIUSA" di Susan Moore

Capovolta e chiusa
Testa al basso
Un pipistrello
Scrollo il giorno dalle ali
Volerò a notte
Tu lascia ardere la fiammella
Quell’unica candela
Raminga eredità di una bugia di fine secolo
Lasciala ardere questa voglia
Che illumina gli occhi la notte
Togliendo un sonno che perso mai tornerà
Lasciala ardere
Volerò attorno
Incantata dal bagliore, ma
Proteggimi dal suo fuoco
Bruciarmi mi è facile
Curarmi impossibile
S.M. © 11/06/16

venerdì 10 giugno 2016

"ANIMA D'ESTATE.." di Gerardina Rainone

Anima d'estate
Sensi dissetati
Corre il pensiero
Sul crinale del tramonto
Sfavillante diadema
Non teme confronto
Un oasi di quiete
Che rapisce la mente.

G.R.

"PRESTIAMO PAROLE" di Anna Maria Lombardi



PRESTIAMO PAROLE

Quando ogni poesia diventa merce,
allora come le api che annunciano la fine,
anch'essa suggerisce che è arrivata l'ora
di un mutamento vero e profondo dell'uomo.
Non c'è ragione per cui il cuore
non debba andare d'accordo
con la tanto amata Psiche,
nè che questa non debba obbedire
ai comandi del profondo nostro sentire.
Finora è stato un non capirsi,
un'invenzione,
una ipotesi errata
di noi che abbiamo dimenticato
da dove siamo partiti.
Prestiamo ai fogli le poche parole che conosciamo,
per diffondere un messaggio che unisca... ci unisca,
e le declamiamo per infondere e farci coraggio,
mentre ci troviamo immersi
nelle nostre personali battaglie con la vita.
Sappiamo ancora poco,troppo poco,
della fonte...di questo fuoco ardente
che prende la nostra mano e ci trasfigura.
Poeti,intuiamo che tutto appartiene alla Dea dell'anima
di un intero tanto grande
che non riusciamo ad immaginarne le altezze.

Anna Maria Lombardi

mercoledì 8 giugno 2016

"CONDIZIONE DELLA DONNA NELLA STORIA: DONNA GRECA" di Maria Pace



CONDIZIONE della DONNA nella STORIA: DONNA GRECA

Occorre innanzitutto distinguere tra Grecia Arcaica e la Grecia Classica.
Durante la prima Età, la società cominciò a scivolare pian piano dal matriarcato verso il patriarcato.
Se nel primo periodo il Re era sotto la tutela della Regina (viveva in un’ala del Palazzo Reale, esercitava il potere solo in nome della Regina e qualche volta riusciva perfino a sostituirla indossandone le vesti e gli emblemi) nel secondo, invece, lo troviamo Sovrano assoluto.
Si trattò di un percorso in ascesa lento, ma costante, iniziato quando il Paredro (principe consorte), per la prima volta rifiutò la morte e si fece sostituire da un Interrex (Sostituto). Prima fu un fanciullo o un giovane guerriero che regnava per un giorno e, se superava le prove, sposava la Regina, poi fu un animale.
Il mito parla di un certo Enopione, che rifiutò la morte anche dopo che il Sostituto ebbe superato le prove.
Soprattutto, quest’ascesa, iniziò quando il maschio si scoprì consapevole della propria sessualità e del potere della paternità.
Già verso la fine del secondo millennio a.C., il patriarcato era diventato regola e non era il principe a lasciare la casa paterna per sposare una principessa (vedi Menelao che diventa Re di Sparta per averne sposato la Regina, Elena), ma era la principessa a seguire lo sposo.
Anche nella Religione le cose cambiarono: a rimpiazzare una sola Dea, arrivò un Olimpo di Divinità governate da un Re: Zeus, con a seguito una Sposa (Era) e tanti figli, maschi e femmine (Atena, Afrodite, Ares, Efesto, Artemide, Apollo, ecc…)
Le condizioni della donna mutarono; diritti e privilegi pian piano svanirono. La troviamo, da lì a poco, relegata al focolare domestico e occupata esclusivamente nella conduzione della casa, salvo qualche eccezione. Come la donna cretese, ad esempio.
A Creta la donna, se non di parità con l’uomo, godeva di grande autonomia; nulla a che vedere con la condizione di reclusa in cui viveva la donna della vicina Micene.
Le donne greche, in generale, si occupavano della prole e della casa, tessevano e filavano, ma facevano anche altro, come guidare carri, andare a caccia, assistere a spettacoli e non solo come spettatrici, ma anche come atlete.

MARIA PACE


Da una cosa, però, erano escluse: dalla politica.

E la donna greca d’età classica?... Si dubitò perfino che possedesse un’anima!
Naturalmente non tutte erano uguali: c’erano nobili e plebee e le condizioni di vita erano diverse; medesima era, invece, la totale assenza di considerazione da parte del maschio.
Una nota a parte merita, invece, la donna di Sparta.
Orgogliosa, forte e severa, la donna spartana godeva di considerazione e libertà sconosciute alle donne degli altri Stati Greci, spesso confinate all’interno di un gineceo.
Ad Atene di ironizzava sul loro aspetto poco femminile, ma poi, era alle cure di una donna spartana che preferivano affidare la cura dei propri figli.
C’è un’ultima distinzione da fare, nella Grecia classica, e la faceva il maschio, naturalmente: la moglie e “le altre”.
La moglie era, quasi sempre, soltanto lo strumento con cui assicurarsi la discendenza; “le altre” erano, invece, il mezzo con cui procurarsi piacere fisico… quando non lo si cercava in un imberbe ragazzino. Preferibilmente di classe inferiore.
L’omosessualità, soprattutto maschile, se attiva e non passiva, era non solo ammessa, ma addirittura incoraggiata.
Plutarco, appassionato sostenitore dell’amore coniugale, diceva che l’omosessualità si trovava:
“… a caccia di giovani, nelle riunioni di filosofi oppure nei ginnasi e nelle palestre, per incoraggiare alle virtù, quelli degni delle sue attenzioni…”

martedì 7 giugno 2016

"INDEGNA DI CAREZZE" di Annamaria Bortolan



INDEGNA DI CAREZZE

Dimmi l'autunno che matura
le pigne del rimpianto
e ti colora le guance
timide di voglie
che non ricordo.
Dimmi il tuo buio
che accavalla ossa
e tendini e mani
le tue mani
che stringono il non detto
puntano spilli sterili
cucendo un affetto
che non provi
e che solo mi appartiene.
Dimmi il tuo sguardo
che al cielo e al lago
cede il suo colore
lago di nebbia
lago di paura
sto sulla riva
oscura vivo
l'aria
soppeso il vuoto
dei giorni persi
dei giorni privi
di ogni tua premura.

Annamaria Bortolan

"MIA NONNA" di Roberta Tranquilli

AMARCORD: 

MIA NONNA

Le dolci mani di mia nonna mi accarezzavano il viso. Erano ruvide, rugose, segnate da una vita di lavoro. Ma io non potevo saperlo, ero troppo piccola: facevo una espressione corrucciata, infastidita.
« Nonna, mi pizzichi!» esclamavo.
Lei sorrideva e mi riempiva di baci. Il suo profumo di fresco mi ha sempre ricordato l’odore delle lavande, mi faceva sentire protetta. Mi voleva bene e anche io gliene volevo. Durante le assolate giornate estive del nostro Abruzzo giocavamo alle ricche signore: ci mettevamo forcine colorate nei capelli, indossavamo braccialetti di perline di plastica fatte da me. Bastava questo per sentirci unite, vicine. Lei mi assecondava, mi capiva, mi lasciava fare. Vorrei tornare indietro e poter rivivere quei momenti che da bambina non ho saputo apprezzare appieno. 
Le nostre estati insieme erano un tripudio di fantasia e idee. Quando preparava da mangiare per tutta la famiglia mi spiegava cosa stesse facendo e mi lasciava giocare con acqua e farina. Io mi sentivo una cuoca.
« Guarda che bel pasticcio che hai fatto!» mi diceva, sorridendo.
Per noi Pasticcio voleva dire semplicemente sostanza informe. E i miei giochi a base di acqua e farina lo erano. Non mi scoraggiava mai. Da lei ho imparato l’ordine e in un certo senso il rigore. Quando è iniziata la sua malattia, mi voleva nascondere il suo dolore, il fatto che stesse soffrendo. La porta della sua camera a volte era chiusa, quando magari dentro vi erano l’infermiera o mia mamma la stava accudendo. Io mi chiedevo perché, avevo paura che non mi volesse: invece mi amava. Quando invece la porta era aperta, correvo dentro e mi mettevo nel letto con lei. Avevo un taccuino di Barbie e mentre imparavo a scrivere, lei firmava gli angoli del foglio con la sua scrittura tremolante ed insicura, come quella di chi per colpa della Guerra e di una mentalità desueta ha potuto studiare solo fino alla quarta elementare. 
Piccoli momenti, rapidi ricordi che guizzano nella mia mente fin troppo spesso, soprattutto quando torno in Abruzzo, in estate. Ora non c’è più lei a cui raccontare le mie cose, con cui confidarmi. Purtroppo mi ha lasciato quando avevo solo otto anni. Credo che avrebbe potuto darmi ancora tanti insegnamenti, avremmo potuto fare discorsi più maturi. Da ragazzina non riuscivo a darmi pace per questo.
Ora ho capito che invece dietro ogni momento passato con lei era nascosto il suo modo di essere, il suo credo, i suoi valori. Mia nonna era una donna forte, sicura, incredibile. Non è più qui con me, ma grazie ai nostri momenti insieme e a quei consigli nascosti sotto una apparenza infantile, ora so cosa voleva dirmi. Nonna, lo so.

"PROFUMI DELICATI..." di Antonella Di Pietro



Profumi delicati,
natura che sorride
sotto un sole
che tutto colora,
sensazioni leggere
e libertà di sorridere
ad ogni gemito di vita
che nasce,
voli di uccelli
che planano
sul tappeto di un'anima stupita,
concerto di odori,sapori,
sensazioni di un tempo
che sa
di lavanda e di buono,
dove tutto
si perde e si rinnova
in un nuovo giorno di primavera
Anto

"LASCIATI" di Luisa Simone



LASCIATI

Lasciati respirare
Quando Sono
Stanco..

Ch'io possa..
Ritrovar...
Vigore..
Di tanto..
Di tanto.

Lasciati..
Respirare
Mio vento di primavera

Fammi credere
Ancora..
Che la vita..
Sia per me
Di nuovo..
lieta..

Lasciati...
Desiderare..

Tremula Farfalla..
Ch'io possa..
Essere..
Il tuo battito...
Di ala..

Dimenticata.....

Lasciati..
Camminare..

Nel tuo pensiero..
Ch'io possa
Credere..
Che il mio
Sogno..
Sia diventato vero..

Lasciati amare..
In una notte..
Diventata..
Calda..

Quando..
La tua Pelle.
È sulla mia..
Attaccata..

Complici..
Di passione
Ormai..
Incontrollata..

Lascia che l'argento
Diventi..
Oro..
Nel tuo sguardo
Innamorato

Ch'io possa..
Sentire..
Dalle tue
Labbra..

Quel..
Miele..
D'arancio..
Vanigliato

Lascia Che io ti avvolga..
Per sempre..

Di desiderio
Ardente..

Che non brucia..
Che non consuma..

Che ..
L'anima..
Sola..
Avverte

(Luisa Simone)

lunedì 6 giugno 2016

"DOPO IL FUNERALE" di Gaetano Barreca (Recensione di Roberta Guglielmini)



Una mia recensione, tutta al femminile! :-)

"Attratta da una foto sul web di Enrico Berlinguer circondato dai sorrisi di donne del popolo, sono arrivata al romanzo Dopo il Funerale. Inaspettato, emozionante. L'autore è riuscito a descrivere la gioia del vivere degli anni '70, il sacrosanto pranzo della domenica coi parenti, la partita del pallone, i dischi in vinile, le ardenti passioni politiche e il sogno di una ragazzina di quattordici anni che metterà in subbuglio le sorti di un'intera città.

Esistono tanti punti di vista in questo romanzo, tanti personaggi di cui innamorarsi e per cui incrociare le dita. Dal mio io donna, quale fiera femminista degli anni '70, sono stata irrimediabilmente attratta da Loredana Lorusso, una ragazza tosta che non rinuncia mai ai suoi punti di vista. Fuori casa lotta contro un mondo maschilista e autoritario, ma nel rifugio della sua cameretta legge i fotoromanzi Lancio e sogna di incontrare il suo Franco Gasparri. Lo desidera tanto, da rivedere il fotomodello nella persona di Nicola Galvario, un uomo affascinante e fiero già sposato con Mariuccia, figlia dei D'Artano che controllano il mercato delle bionde nel barese. Il matrimonio e la Camorra non fermeranno di certo la temeraria Loredana che con la sua amica e vicina di casa progetteranno un piano conquista dell'amato degno di una teenager in piena tempesta ormonale. Loredana riuscirà a rivelare i sentimenti a Nicola, ma il resto della camorra barese è in agguato e userà il pretesto del tradimento di Nicola a Mariuccia per fare iniziare una guerra di mafia per poi impossessarsi dei territori controllati dai D'Artano.

Un'avventura fantastica, appassionante che porterà il lettore a conoscere i luoghi, le storie e la cultura del popolo barese, riscoprendo la gioia del vivere degli anni '70. Anni che i libri di storia ci hanno consegnato come cupi, anni fatti di bombe e disperazione, ma chi li ha vissuti, al contrario, riconosce gli anni '70 come uno dei periodi più belli e fieri del popolo italiano. Ringrazio l'autore per aver scritto questo romanzo, se potessi lo abbraccerei, leggendo l'ultima pagina mi ha donato un sorriso che sono sicura non svanirà!"

ROBERTA GUGLIELMINI

"MONOLOGO DI LUNEDI'" di Salvo Colucci



Monologo di lunedì (Salvo Colucci)

È vero a volte ti restano le tasche piene di sassi, un'immensa piramide di sogni inutili, attimi che sono semplicemente chiusi in una scatola come se non fossero mai esistiti, una scatola che la polvere dei ricordi coprirà man mano fin quando come i giocattoli vecchi farà parte di un museo dell'anima dove si è pagato un prezzo d'ingresso fin troppo caro per i propri sentimenti, una scatola dove sorrisi, umori, voci, sospiri, non avranno più vita ma solo una eco che diventerà sempre più labile al richiamo nella memoria del proprio cuore.
Ma in questa stanza senza tempo, davanti la mia "pietra" in tutte queste mie aberrazioni, all'improvviso sento una carezza che mi scalda la spalla destra, e come sempre nei miei attimi migliori, mi giro in modo asimmetrico e la bacio sulla pelle.
In fondo l'amore non ha nulla di complicato, se parla con il linguaggio del cuore e non si barattano i sogni con una realtà tante volte asettica e senza sincerità, il sogno è sogno ed è l'unica cosa che ci fà sorridere il cuore.
Chiudo la mia stanza del tempo imperfetto conscio che sarò nostalgia e quel pizzico d'amaro mai provato, ma sorrido a quanto io ancora sento di dover dare, a quanto il mondo semplicemente mi mostra la sua mano. Prendo la via del sole quella che passa tra una rosa rossa e il bianconiglio, ed è vero nella vita se non si è un pochino cappellaio matto non c'è gusto... ed io fortunatamente là sarò sempre...
Per chi mi legge... Salvo@

"SALA 113" di Izabella Teresa Kostka



SALA 113
(a Barbara scomparsa precocemente nel 2015)

Mi ricordo i tuoi occhi
accecati dal dolore,
sospesi nel gelo d'una bianca stanza,
il corpo inerte soppresso dagli aghi
nell'atroce terrore del proprio inferno.

Sterile era il tuo sorriso
lontano da qualsiasi umana speranza,
così aspro e fragile ogni respiro
sorvegliato soltanto dagli avi e schermi.

Non avevi più nessun futuro.

(Rimembro ancora le nostre risate
e corse sui viali adombrati dai pini,
le trecce selvagge frustate dal vento
al sorgere dei giorni della primavera)

Ti tenevo per mano priva di sangue
litigando con Dio e con tutti i Santi,
pronta a invocare anche il Diavolo
per strapparti ancora dall'abbraccio del male.

(Avevi lo sguardo di una bambina
nascosta per sempre
nel fogliame degli alberi)

Izabella Teresa Kostka
tratto dall'antologia "Oltre il male"
dedicata ai malati terminali
2016, diritti riservati

"LA MAGIA DEL MARE " di Laura Moscato

RACCONTO


LA MAGIA DEL MARE


In questi giorni mi sedetti sulla riva del mare e non feci altro che aspettarmi. 


Prima di tutto si accomodò vicino a me l’ansia di non riuscire a far tutto; poi arrivò il senso di colpa per essere lì seduta a far niente; quasi contemporaneamente arrivarono l’insicurezza e la paura di non farcela. Le feci sedere vicino a me e insieme ci lasciammo ipnotizzare dal mare. Il lento sciabordio dell’acqua riuscì a calmare tutti gli animi. Io chiusi gli occhi e continuai ad aspettare che arrivassero le parti di me che amavo di più. Con timidezza iniziò ad avvicinarsi la mia parte sognante e si sedette a riva cercando di occupare il minor spazio possibile; la mia fantasia e il mio sorriso arrivarono correndo e tra schizzi e strepiti si tuffarono vicino a me, facendo per un attimo traballare il mio mondo. 
Svuotai la mia mente e mi concentrai sul mare. L’unico rumore che sentivo era quello delle onde. Quasi senza accorgermene, iniziai a sentirmi meglio.


“Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e lui li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso.” (Rainer Maria Rilke)


All’improvviso arrivò mio figlio:
«Mamma, mamma, mamma mi aiuti a fare un castello di sabbia?» mi chiese. 
«Certo, tesoro! Oggi costruiremo il castello di sabbia più bello del mondo» gli risposi.
Fu in quell’istante che mi riscoprii intera, felice di essermi finalmente ritrovata.


“Per questo amo il suono delle onde. Loro sanno sempre dove sei.” (Fabrizio Carampana)


LAURA MOSCATO

"TI RICORDERAI DI ME.." di Silvana Stremiz



Ti ricorderai di me
Lo sai?
Quando una folata di vento
mi porterà via tra le stelle
l’alba arriverà
dando forma
alla mia assenza.

Cercherai
tra le onde del mare
il sogno di noi
con nel cuore
tracce di me.

Ti ricorderai di Me
ma anche Io di Te
E sai perchè ?

Perché ti sento nell’anima.

©Silvana Stremiz

'E' SCOPPIATA LA PACE" di Aida Bodian



“E’ SCOPPIATA LA PACE”

Tre giorni fa ho fatto un sogno
seduto sulla solita panchina
osservavo i colori della natura
in questo autunno al profumo di castagno
mi accorsi di quella allegra bambina
albina e con una buffa acconciatura
giocava a nascondino senza sdegno
occhi a mandorla, tana per Angelina
alla fine sbuca Zoe, con la sua abbronzatura.

Due giorni fa ho fatto un sogno
lungo i corridoi di un museo
bombe ed altre armi rinchiuse in teche
l’umanità ha ottenuto un bel guadagno
guerra e morte se ne parla solo all’ateneo
al pomeriggio lavori sociali nelle biblioteche.

Ieri ho fatto un sogno
la domenica a pranzo con amici
chi col burqa, chi gay, chi sulla sedia a rotelle
si discute su tutto con molto contegno
alle spalle i ricordi dei nostri sacrifici
e su consiglio di Claire, spazio alle crespelle.

Oggi non ho fatto alcun sogno
tutto ciò che vedevo era pura realtà
finalmente è scoppiata la pace
Forse era quello di cui avevamo più bisogno
donare amore, rispetto e lealtà
ognuno di noi ne è capace.
Aida B.

"QUELLA CHE SONO ORA E' FRUTTO DI TUTTO IL MIO MONDO..." di Nunzia Musicco

Quella che sono ora
è frutto di tutto il mio mondo...
non ho mai detto ,
che voglio accontentarmi
di quello che la vita mi propone...
e tantomeno ho deciso di sopravvivere...ho deciso di prendere dalla vita ,
tutto ciò che mi darà...
gioie e sofferenze...
e non lamentarmi...
per quanto riguarda le persone
che mi affiancano o
mi hanno affiancata alcune le porto nel cuore,
altre le ho perse per strada
perché incapaci di vivere per "essere" anziché "apparire"...
Ma va bene così....
Tutto ciò che ho avuto è stata una lezione per la vita, ma mai
una sconfitta...
Perché ho portato sempre con me
il cuore...
@NM

domenica 5 giugno 2016

"SORVEGLIANTE E' L'OCCHIO CINICO DI CHI OTTUNDE VERITA'" di Roberta Manzin



Sorvegliante è l'occhio cinico
di chi ottunde verità.
Maledicendo resistenze
in ogni slancio immaginato.

Imbrogliarsi
è contro-natura.

RobertaManzin

"CUORE MIO" di Pasquina Filomena



CUORE MIO

Non chiedermi di fermare il tempo,
è l’unico che mi riporta a te
Ali di aquila
mi rinforzano l’anima,
in quelle giornate vuote tutte uguali.
Ma volare,
quello no…ancora non ci riesco.
Troppi brividi di vento
e aliti di pioggia,
intrappolati nel cuore mio.

PASQUINA FILOMENA

"SEGRETO E' LUCE DI UN'ANIMA..." di Antonella Di Pietro

Segreta è la luce di un'anima
quando
dal buio di un dolore,
di un pentimento,
di una sofferenza,
sorge salvifica
risalendo il sentiero della verità
in una rinnovata armonia
tra cuore e intelletto
Anto

sabato 4 giugno 2016

"PASSERO' NEI TUOI PENSIERI COME LA MANO NEI CAPELLI..." di Gerardina Rainone

Passerò nei tuoi pensieri
come la mano nei capelli
dentro un vortice di suoni
che col silenzio canta,
un groviglio di sensazioni
nei meandri della vita,
sincopato dei desideri
di cui non puoi fare a meno,
ritmo denso dentro i sensi
che trascina fin laggiù
dove il respiro chiede
una carezza in più.
Gerardina Rainone

venerdì 3 giugno 2016

"NELLA PENNA SMILZA SORDO E ONDULANTE SI MESCE L'INCHIOSTRO DEL MIO SENTIRE.." di Edmond Dantes



Nella penna smilza,
sordo e ondulante si mesce
l'inchiostro del mio sentire.
Ho bisogno che esca
e ti descriva
nelle linee inimitabili
che nessuno può conoscer-ti.
Pelle e pennino,
In amplessi che trascinano
fra la seta, i pensieri disincantati.
Asciugo con la lingua
le frasi chi scivolano
In atrio protetto.

Marina Roncaglio / Edmond Dantes

"MATER NOSTRA EST" di Izabella Teresa Kostka



MATER NOSTRA EST

Come una vigna matura
pregno il tuo grembo,
l'ombelico del mondo
gravido di allegria,
turgidi e candidi i seni
- succosi frutti maturi,
accogliente dimora
per le piccole labbra.

Sorridi
ignorando le grida del Male,
d'Immenso s'illumina il tuo viso,
avvinghiata dal dolore ritrovi la pace,
quell'essenza primordiale del Sacro Creato.

Sei una corolla sfavillante di puro amore
incarnato nel germoglio sbocciato dal ventre,
ovunque tu viva su questa Terra
rappresenti il nucleo dell'Universo.

Mater Nostra di qualsiasi fede
sia benedetto il tuo nome!

Izabella Teresa Kostka
per "Madre mia"