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martedì 6 settembre 2016

"LA PREDA" di Franca Berardi



La preda. 

Lui la seguiva...lei lo sapeva e ne era compiaciuta ma faceva finta di nulla.
Lui camminava a passo veloce , ma lei era più lesta; si dileguava dispettosa tra le calde vie di Bari, tra i colori intensi di qulla città, tra le persone quanto mai animose e incazzuse di Bari.
Lui, nella corsa, si scontrava con qualche vaffa elargito generosamente ma non rispondeva; la voleva e lei lo sapeva ma continuava con il suo passo veloce.
Lui, ormai dopo qualche minuto, iniziava ad ansimare; probabilmente non era molto ben allenato, mentre lei sembrava la parente stretta di Mennea.
Ma sì… la figlia del vento lo voleva, lo… voleva forse morto. 
L'inseguimento era iniziato dall'Università, lei era riuscita a blissare il traffico con la agilità di una gazzella, lui era stato inesorabilmente bloccato da tre pulman,a loro volta bloccati da macchine, a loro volta bloccate da motorini roboanti e biciclette...
Una casbah! 
“Maldizione, non ce la farò mai- pensava-, mentre finalmente, all’improvviso un pulman gli era passato sotto il naso liberando l’ingorgo che si era formato.
Lui attraversò prontamente e arrivò ai giardini.
La intravide;era molto più lontana ma l'avrebbe raggiunta e finalmente sarebbe stata sua.
Così pensava, ed intanto, nella foga della corsa,confusi ed accaldati, finirono ineluttabilmente tra le stradine bianche della Città vecchia ove le urla e le parolacce di uomini corpulenti e dalle ugole possenti si sprecano a dismisura.
Furono investiti da un profumo intenso di ragù che si mescolava con altri odori: di pipì, di varechina, di fiori provenienti da balconcini zeppi di piante, di cozze appena sgusciate, di melanzane fritte, di panzerotti caldi che si sciolgono in bocca.
Ci poteva scappare anche una coltellata, ma lui la seguiva ormai…, madido di sudore, ma imperterrito, stoico, non mollava.
Si infilarono in altre stradine sempre più strette, anzi talmente anguste, che non lasciavano nè spazio nè respiro. 
Il viso di lui era cotratto; una smorfia di dolore si palesava imbarazzante sul viso del guerriero.
Lei sembrava fresca come una rosa e sorrideva , la ” fetentella” mentre, con la coda dell'occhio, controllava se lui c'era ancora.
C'era, c'era.
Lui, seppur sfinito, non disperava di averla e anche lei lo voleva.
In men che non si dica entrambi finirono in un localino angusto e tetro; assomigliava lontanamente ad una trattoria...
Una vecchia signora li invitò ad entrare con l'eleganza di un ippopotamo.
Sfiniti si sedettero davanti ad un tavolaccio scuro…
Sopra, buttata quasi per caso, una tovaglia a quadretti; olio, sale, aceto ed una bottiglia di vino che chiedeva solo di essere bevuta.
L'anziana si accostò incalzandoli, impaziente e quasi scocciata.
Si sentiva nell'aria un forte odore di cipolla... o di sudore… meglio non indagare.
“Due panzarotti”- sussurrò lui a stento- sopraffatto dall'affanno.
“E due supplì”- aggiunse lei-.
Erano a due passi da lungomare oramai.
Si scambiarono uno sguardo di intesa, le loro mani erano vicine, molto vicine.
Sopra li aspettava una cameretta.
Continuavano a lanciarsi sguardi nell'attesa , ormai sapevano quello che volevano.
Davanti a quel tavolaccio,l'anziana signora li osservava incupita.
L'esosa e golosa chiese anche degli antipasti...
Niente panzerotti, nè antipasti fu la sua risposta secca: ci sono solo patate,riso e cozze… c'è quello che c'è …bisogna accontentarsi.
Iniziarono a mangiare quel piatto unico.
Era sublime! Quella donna c'aveva messo l'anima e loro, mentre soddisfavano i palati, si mangiavano con gli occhi.
Lei, impudica e provocante quanto mai, addentò vogliosa una patata. Sublime- esclamò-!
Lui si sentiva invaso da un piacere erotico inusitato, ma mentre la guardava, alla vecchia signora, venne in mente di accendere le luci di quel locale così strano e buio.
E così lui si avvide che lei sembrava meno bella di prima.
Forse era stato colpito dai suoi meravigliosi capelli lunghi, biondi mossi dal vento e, ancor più bella, gli era apparsa allorquando era uscita dall'Università con quell'aria sicura con la falcata della spendida irrangiungibile.
Ora quell'immagine che lui aveva scolpita nella mente, aveva lasciato il posto a quella di una ragazza magra, dai piccoli seni adolescenziali, dal visino smorto, slavato, quasi del tutto inespressivo.
Ma anche lei si accorse, or che lo vedeva bene, che non era un granchè: viso squadrato, ma corpo per nulla scolpito; naso imperante, occhi piccoli da miope.
Ma come aveva fatto a non accorgesene prima? 
Eppure, mentre la rincorreva, le sembrava tanto carino anzi ancor di più: come un fiero guerriero pronto ad un corpo a corpo deciso a ghermirla con forza ed ad averla lì all'istante magari contro un muro di tufo.
Il dialogo tra loro, si fece man mano minimale, così come il loro entusiasmo; giusto qualche frase convenzionale del tipo: che fai? lavori? ah sì? sei sola? ma và?studi? ma dai?
Dopo aver mangiato quasi sempre in silenzio, lui pagò infastidito e, deluso , uscì da quel maledetto locale.
Anche lei lo fece, affranta.
Presero strade diverse come se mai si fossero incontrati nè mai visti.
Lui tornò a tuffarsi, come risucchiato,tra le stradine bianche della città vecchia.
Fu nuovamente invaso dai profumi intensi di quei posti , ma erano più attenuati.
Sopra un muretto, c’erano dei pomodori messi lì ad essiccare ed un grosso polipo probabilmente appena pescato.
Comunque sia, ormai passato a miglior vita; accanto, troneggiava un cesto ricolmo di frutti di mare.
Più in là due donne dalle morbidissime curve, erano affacciate ad un balconcino; fumavano e parlavano in un dialetto stretto: le loro abbondanze , straripavano dalle balaustre.
Sotto, in una stradina senza uscita, una vecchina secca e rugosa, sistemava su un tavolo di legno orecchiette e strascinati.
Le sue mani erano veloci, esperte…si muovevano leggiadre,come quelle di un pianista.
L’uomo si soffermò ancora un po’, si guardò intorno…il biancore accecante dei muri di tufo, colpivano gli occhi fino quasi a far male ed ecco quindi che in un attimo, riuscì a raggiungere lo splendido corso Vittorio Emanuele e, poi, ancora di nuovo si diresse verso l’Università da dove era partito.
Intorno a lui non c’era quasi più nessuno; erano le ore quattordici.
Ma ecco che all’improvviso, vide una splendida ragazza uscire dall’ateneo.
Aveva lunghi capelli biondi, mossi dal vento, la falcata della donna bella e vincente…il suo passo veloce e sicuro.
Lui iniziò a seguirla…già sentiva che la voleva e l’avrebbe avuta…

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