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sabato 6 gennaio 2018

"IPOTIZZA CHE IO RITORNI. IERI, MI MANCHEREBBE ANCORA....di Roberta Manzin





Ipotizza che io ritorni.
Ieri, mi mancherebbe ancora...

Lei stava a guardare la profondità dell’orizzonte. Mentre uno stormo di gabbiani spaventati, gracchiavano come impazziti. Il silenzio interrotto. Il cielo immobile, frantumato. Lo sguardo sospeso, disturbato.
Un nuovo pensiero, come un girar pagina, scompigliava l’apparente quiete.

‘Perché soltanto adesso?’

Migravano intanto gli uccelli. Alienanti rumori, venivano fagocitati dall’azzurro pastello dell’infinito. Lei sospirò. Ma non acquietò la domanda.
L’apparente sospensione come una morte, rovistava tra i pezzi dei ricordi. Inesatti, come il tempo.
Era tardi. Tra poco Lui sarebbe arrivato a casa. E avrebbe portato tempesta. Quella che Lei non era più in grado di rasserenare.
Stanca nelle membra assenti, volgeva ancora gli occhi ad un cielo misterioso e all’assenza di risposte. Avrebbero parlato, ancora una volta. All’imbrunire inquieto della loro vita.

‘Se tu...se noi...se io...’

Sebbene sapessero il finale, si comportavano come ignari attori a cui era stato celato il copione.
Se tu mi avessi atteso.
Se noi avessimo fatto solo all’amore.
Se io mi fossi fidata.
Ciarliero il sentire, a capo tavola del nulla che avanzava abbondanza. E noi, ubriachi di un passato, non reggevamo più la sbornia, crollando tra gli appunti del presente. Lei si alzò. E lo salutò, prima che fosse troppo tardi.

‘Mi hai deluso. Tanto quanto mi hai illuso...’

Se un cuore piange a dirotto, è perché si disorienta. Abbarbicato all’immagine di un possesso che non gli compete. Nessuno è acquistabile. Nessuno è un persempre.
Siamo attimi. Siamo destinati a perire. Come l’onda del mare. Che non ci appartiene. Dovrei deludermi se essa non infrange solo per me? Dovrei illudermi di un mare che si gongola semplicemente perché lo sto mirando? La consapevolezza che lui esista mentre lo guardo è grande. Ma lo è di più la libertà e lasciarlo andare alla sua creazione.
Esattamente come ho lasciato te. Amandoti tanto.

‘E l’amore, quello vero, quel’ è?’

Le impronte sul selciato bagnato dalla frescura notturna, indicavano la via. La casa di Lei conteneva tutti i pezzi del mondo. Nessun intero. Solo pezzi. Tanti. Che Lei non bramava di sistemare. Perché i pezzi incastrati avrebbero rappresentato un capitolo chiuso. E Lei amava scoprire. Inventare. Incontrare. Ma soprattutto, immaginare.
Parole.
Parole in compagnia delle cose.
Parole, cose e ancora, la loro musicalità. La musica aveva ritmi. E l’anima echeggiava.
Disordini pieni. E amore. Vero...La differenza stava nel sentire. Il tempo era la chiave. Lei conosceva verità e amore. Tra le trame della vita semplice. Negli attimi in cui c’era stata. Senza il dubbio di una pausa. Viva. Nelle sue imperfezioni.

Ph RobertaManzin

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