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lunedì 12 febbraio 2018

"UNA COLONNA SONORA" di Susan Moore



UNA COLONNA SONORA

Non so bene come è iniziato, forse da un vecchio juke box che suonava in quel baretto costruito sul limite della sabbia della spiaggia.
Una monetina spesa per sentire il disco di quell’estate.
1974
E’ una musica che si sente in continuazione, una ballata semplice ed orecchiabile con parole nuove che tutti possono aver detto e pensato almeno una volta.
Piccolo grande amore.
Mi piace quella musica semplice e facile da cantare; mi piacciono quelle parole che sento vicine a quello che credo di poter provare, prima o poi.
E’ banale, di quella banalità che permea la nostra vera vita. La nostra vita quotidiana.
Baglioni sarà la colonna sonora costante di tutto quel periodo tumultuoso che va da questi undici anni alla mia vera gioventù.
E oltre.
Anche se oltre, è un’altra storia.
Mi rivedo accoccolata ad ascoltare il mare, sognante e persa in quella nenia ripetitiva, insieme a te, ascoltando i tuoi ricordi di quei primi amori: ancora incosciente della tua femminilità.
I pomeriggi dei nostri Sabato a Milano hanno anche un sapore malinconico, accompagnati da un lamento che ci suggerisce che nulla potrà mai più essere uguale. Non sappiamo ancora cosa vuol dire ma iniziamo a capire che si può soffrire dei nostri stessi bei sentimenti.
Un velo cupo mi avvolge, SOLA quando tu parti e la solitudine è il leit motiv di questa stagione. Mi seguirà per sempre, ancora adesso, seduta su una sedia di cucina, le spalle protette da mura solide, il cuore rotto di malinconia.
Un risveglio quasi adulto, conscio della vita che passa, ma che per me è adesso. Gli occhi colmi di lacrime di emozione mentre guardo un tramonto, con mio padre vicino, con la nostra pioggia negli occhi e nei pensieri. Con la consapevolezza che non posso e non potrò mai salvare tutti i vecchi che mi passeranno accanto. Con la consapevolezza che non potrò salvare neanche me.
Aspettare il presente ed il futuro.
Vedo la mia sigaretta brillare rossa sotto le luci delle mia periferia e sento la rabbia salire, quella che vuole farmi andare via: una voglia di fuga che mi rimarrà dentro.
Fuggire, fuggire da tutti e per sempre.
Fuggire per ritrovare quell’azzurro scalzo in cielo ed il vento di Marzo… fuggire per ritrovare uno sguardo preciso perso in una fotografia.
Nelle fotografie della mia memoria, forse.
Fermo immagine.
Un’altra scena, quella di uno stadio pieno di gente ed io che canto a squarciagola provando a seguire i suoni e le parole.
Parole.
Soprattutto parole.
Parole che ricordo una per una, anche senza volere.
Riprese in tutti i miei diari, nelle lettere che ti scrivo, nelle poesie da adolescente. Anche in quelle che poi ripudierò!
Suoni che mi cullano infinite volte.
Una colonna sonora.
Dolce ed in crescendo, come è la mia vita.
Dimenticando il buio; dimenticando il passato, dimenticando l’orrore.
Parole di banale speranza.

“Un azzurro scalzo in cielo, il cielo matto di marzo e di quel nostro incontro al centro, tu poggiata sui ginocchi e gli occhi tuoi per sempre nei miei occhi”
Il resto, tutto il resto, gli altri suoni e le altre parole, quelle mature, fatte di sangue e di fatica, di passione, di sensualità, quelle parole sono parte di un’altra storia.
Citazioni sparse e melodie infinite.
Oggi, per curiosità, ascolto tutto e poi scelgo.
Musiche e vocalità: le parole sono passate in secondo piano, le ascolto solo se veramente importanti.
Non necessariamente cantate.
Se, sintonizzando la radio durante un viaggio, percepisco una parola, anche una sola parola di quei momenti, allora…mi fermo: è la mia colonna sonora e la ascolto sempre con il sorriso sulle labbra e le parole cantate e ritmate che arrivano dirette dalla memoria di quei momenti all’oggi.
Dalla pancia alle labbra.
Dal cuore al cervello.

SUSAN MOORE

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