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venerdì 1 maggio 2015

"MEMORIA" di Gerardina Rainone

Memoria

Mi lasciai andare al buio colore del livore,
note scolpite,melodie note
di frasi non dette,di abbracci mai dati.
Il vento invase il tempo
rendendo vana ogni domanda,
sterile esercizio del pensiero
restai a contemplare i miei perchè
ma la mente taceva ciò che il cuore gia sapeva.
Qualcuno afferrò in volo un'aquilone
tendendo l'arco della passione,
accolse il pianto sciogliendo i nodi.
Nessuno mai nella mia storia
era sceso in quel nido di memoria.

GERARDINA RAINONE

"SIG. PARKINSON" di Nina Monica Scalabrin



STRALCIO

Perdere mia madre fu come perdere una parte di me.
Credevo che niente al mondo avrebbe potuto cambiare la nostra vita o deviare il corso del nostro cammino. Ero certa che il nostro ottimismo ci avrebbe preservato da ogni forma di dolore e la sua incredibile forza avrebbe fatto girare la ruota del nostro destino solo a nostro favore. Totalmente sicura che saremmo state al riparo dalla malasorte e baciate in fronte dalla fortuna. Come diceva sempre la mia amata nonna chiaroveggente …. eravamo entrambe nate sotto una buona stella, probabilmente una stella del nord … Stesso carattere allegro, come lo è il buon umore in un giorno di sole. Identici occhi colorati dall’acqua, l’elemento essenziale per degli spiriti liberi come noi due. Dall’acqua sgorga la vita, l’acqua è sinonimo di continuità, di fertilità e di purezza, essa è inarrestabile da se si scava la via attraverso la roccia, è trasparente è chiacchierina e indomabile come una donna. Noi donne così vicine alla genuinità, friabili come i petali di una rosa e irrequiete più del vento quando il vento è irrequieto. Si dice che chiunque possieda un animo come questo sia inevitabilmente innamorato della vita! ... Noi cresciute insieme come due semplici spighe di uno stesso campo, un po’ mondane e un po’ civette; abbarbicate sopra il tetto del mondo, non per provarci quanto eravamo piccole ma bensì per governare dall’alto ciò che ci costò tanto riuscire a raggiungere. Nel bel mezzo di quel cielo dove giorno dopo giorno avevamo imparato a volare come fanno gli uccelli. Era il nostro personale modo per comprendere a pieno il vero significato del più lungo di tutti i viaggi .. la vita.
Non avrei potuto desiderare compagna migliore, ogni seme da origine ad una buona pianta e io la ringrazierò sempre di essere stata il suo germoglio. Quand’ero bambina, mia madre mi diceva che la lezione più dura a questo mondo è capire che se camminassimo solo nei giorni di sole non ci abitueremmo mai all’imprevedibilità dell’esistenza. Un cuore deve imparare a resistere soprattutto alle intemperie dei giorni di pioggia, per potere capire che con un semplice ombrello non riuscirà mai a ripararti l’anima dalle lacrime. L’anima gira su una ruota di stelle, il dolore e la gioia fanno parte della stessa materia e prima o poi ci si ritrova sempre al punto di partenza. La vita infondo non è altro che un infinito corso d’acqua e quando ci si cammina dentro, la corrente fa in modo che i tuoi passi diventino pesanti come massi di pietra. Forse ero un ingenua allora, quando si è molto giovani si hanno molte più certezze che dubbi. Più gli anni passano più la vita ti punta il dito addosso e ti colma di mille incertezze. Cosi una mattina ti svegli e ti accorgi che le cose per cui sei vissuta non sono mai esistite! Arriva come una folgorazione la saggezza della vita, ebbi tutto il tempo in seguito per accorgermi che nonostante tutto l’impegno e la buona volontà che adoperiamo perché le cose vadano per il meglio, purtroppo tutto può accadere. Non posso dirvi che sia sempre così la vita …. posso solo raccontare!… Sono certa che ognuno di noi a questo mondo è come una piccola pietra che rotola sopra l’asfalto …. Il destino di mia madre fu quello di rotolare verso il Signor Parkinson.
Sono cresciuta insieme alla mia famiglia sulle sponde tranquille del lago di Como fin dal giorno in cui aprii gli occhi su questo mondo in un piccolo paese che da sempre mi era parso il più bello della terra. Mia madre era una giovane maestrina di provincia, insegnare ai bambini era da sempre stata la sua più grande ambizione e anche la cosa che gli riuscì meglio fare. Riteneva che i bambini fossero come gemme preziose che crescono sui rami più alti dell’albero della vita!... Quand’ero piccola mi raccontava sempre una fiaba bellissima e ogni volta non potevo fare a meno di ascoltarla con la boccuccia spalancata e gli occhi sgranati … Mi diceva che le stelle del cielo erano l’anima dei defunti e il loro bagliore ci sarebbe servito in futuro per illuminarci la strada e trovare la via più semplice da seguire per giungere alla felicità … Mi raccontava anche che una grossa cicogna dalle lunghe piume dorate una notte d’estate - precisamente a mezzanotte in punto - mi depositò sul verde prato del giardino di casa. Avvolta da un piccolo panno color rosa pallidissimo con attaccato un bigliettino di presentazione sopra il quale c’era scritto “Questa bimba è un regalo della vita e voi siete stati fortunati ad essere stati scelti perché il dono più bello a questo mondo è proprio quello di regalare a qualcuno la possibilità di nascere”. Questo accadde tanti anni fa e nonostante sia passato tanto tempo e abbia ormai perso l’abitudine di ascoltare le favole, questa rimarrà sempre e comunque la mia preferita.
Ma è da qui che comincia la mia storia …..

NINA MONICA SCALABRIN

"RESTA DENTRO" di Ilaria Negrini



Resta dentro
quasi invisibile, pungente
come un urlo che non vuoi sentire
Una parola che affermi e dici da sempre
Il tuo saperti, il tuo essere qui ora, il tuo dire io.
E un infinito dolore.

ILARIA NEGRINI

"LA SACERDOTESSA" di Isa Bianca Winifred



LA SACERDOTESSA


Ho visto una donna antica. Un alone -
rosso – vibrava nel buio. Mi ha detto:
ama e porta la tua
acqua sacra nel mondo.

ISA BIANCA WINIFRED

"ALLA FINE DEL BUIO" di Carmen Lasigaraia



Alla fine del buio

Specchi infranti ha la mia casa
Dai muri frammenti del passato
Schegge di vita offesa.
Sui vestiti scomposti -vuoti involucri di me-
Polvere senza gloria d'altro tempo.

Forse il sole nero ha lacrime d'oro
Ferita ma splendente
Aspetto di trovarmi
Alla fine del buio

CARMEN LASIGARAIA

"L'APE " di Maria Fontana Cito



L’ape

Come ape solerte
inizio all’alba a volare
su distese di grano.

Mi fermo per bere
da papaveri rossi
azzurri fiordalisi
e candide margherite.

Succhio dalle loro corolle
e intanto penso,
a come volge il mondo,
a come i nostri figli
se la caveranno,
quando per noi
verrà il tramonto
e ritornando a casa
più non deporremo
il liquido succhiato
durante il nostro volo,
per coprirli e sfamarli
col quotidiano nettare
che addolcisce
la difficile vita
che li aspetta.

MARIA FONTANA CITO

"ESODO" di Marilena Viola



ESODO

Non sapevo cos'era.
L'ho letto negli occhi di Sebastian,
diciottenne curdo,
in ospedale per un proiettile assurdo.
Si parlava a gesti,però ci si capiva.
La necessità, il bisogno,
in varie lingue,hanno una parola sola
che non distingue mai fra bianco e nero,
tra bello e brutto;
che non sta lì a sottilizzare
cosa si deve o non si deve fare,
ma ci si butta lì dov'è il bisogno
e non si sta tanto di più a pensare.
L'amore è internazionale,
parla tutte le lingue,valica vette,
e quando ci si dà una mano
non vedi chi è alto e chi è nano.


È diventato subito mio figlio,
accanto a quello vero lì vicino.
Gli ho dato confidenza,l'ho aiutato;
ho lavato i suoi panni e coccolato.
Mi ha raccontato,alla sua maniera,
com'era giunto qui
su quella vecchia carcassa,un venerdì.
Il mare era in preda a una bufera
quella brutta notte nera!
La madre,rimasta in Kurdistan,
gli aveva dato una borsa leggera
con pochi panni,un bacio e una carezza,
una lontana speranza,non l'addio.

''Torna presto figlio mio!
Appena tutto si sarà calmato
tornerai qui alla tua casa,
alla tua mamma,
spolvererai il tuo bel diploma
e saremo ancora una famiglia sola.''

Parole sante,parole di mamma!
Che può sentire una madre in quel momento?
Le si stringe il cuore,le pare di morire;
solo la salvezza del figlio ha importanza,
il suo vecchio cuore reggerà abbastanza!

''Ci sarà sicuramente all'altra sponda
una madre come me pronta a capire,
pronta ad accoglierlo nelle braccia del cuore.''

Pregava così quella signora
affidando suo figlio alle onde.
Negli occhi suoi ho letto la preghiera.
Non capivo neanche una parola
di quel linguaggio difficile e aspirato:
ma il suo sguardo era chiaro,
era un messaggio
di solitudine e di disperazione,
passata forse già a rassegnazione!
È giusto questo?
Si può accettare ancora?
Gli Ebrei prima e dopo,
gli Africani,i meridionali,
gli Albanesi e pure gli Afghani!
Ma quando finirà questo flagello
che lacera famiglie e relazioni,
appartenenze etniche e passioni,
amicizie,abitudini ed usanze,
lingue,paesi ed umane resistenze?

Alla fine,
per creare un ponte,
gli ho portato un piccolo quaderno
per cominciare a comunicare,
per farlo sciogliere,sbloccare.
Abbiamo scritto insieme l'alfabeto,
accanto quello curdo e l'italiano;
abbiamo scritto e letto
tante parole di uso quotidiano:
mamma fratello amico
latte tazza bicchiere;
gli ho insegnato a dire ''infermiere''
e a dire sempre ''per favore''
quando faceva una richiesta ad un dottore,
a scegliere sempre carne frutta e verdura
per mantenere bene la sua corporatura.
Faceva a gara tutta la corsia
per aiutarlo anche in vece mia.
Il giorno dopo notavo i progressi
della grafia,della lettura e del sorriso:
che soddisfazione,che magia ho notato!

Sebastian finalmente si sentiva AMATO!!!

M.Viola
16 maggio 1998
Ispirato ad una storia vera