La biblioteca non era altro che un corridoio dalle pareti di vetro. Ad ogni movimento, il tuo riflesso languiva come in una pozza. Sì, ricordo che sulla mia fronte andavano a posarsi i titoli dei maestri d’anima e le labbra divenivano bianche nel profilo delle rilegature. Nutrivo una singolare reverenza per i luoghi taciturni, non quelli colmi di silenzio grave, ma quelli pregni di muta energia. Se fossi stato in grado d’operare qualcosa di magnifico, avrei stretto in un filo di luce la bacheca.
E la luce c’era quella mattina. Gran parte dei passeggeri – compresi Geselle e Demetrio – aveva deciso di visitare la cittadina nel cui porto riposava Borea. Godersi della sana quiete in compagnia di una lettura, buona o cattiva che fosse, risultava invece il mio unico obiettivo. Ai rumori del borgo, preferivo quelli di Atlantide; ai caffè della via, preferivo i sonni violati; alla fontana in piazza, preferivo il sangue degli eroi.
Stavo giusto guardando i libri sul primo scaffale, quando, arrivato al limite, notai seduto in poltrona l’uomo che la sera precedente ci aveva offerto da bere. Non volevo approfittare della sua generosità. D’altronde aveva sventato un nostro tentativo di furto; un furto alcolico era pur sempre furto.
«Mi scusi,» dissi avvicinandomi «volevo ringraziarla per ieri e saldare quella sorta di debito.» Frugai nelle tasche. Sarebbe stata una figura straordinaria, se non avessi avuto nulla. L’uomo alzò gli occhi dal giornale, squadrandomi per poi sorridere.
«Non preoccuparti. Tu e i tuoi amici volevate solo divertirvi.» ripose il quotidiano e si mosse verso la libreria. «Appassionato di letteratura?» mi chiese con un tono molto gentile.
Tentennai. Molto spesso mi era capitato di dover celare questo piacere, dai più ritenuto l’esito di uno sciocco slancio romantico, da altri, la minoranza, considerato innocente fantasia.
«Deduco di sì» l’uomo mi precedette «Altrimenti saresti sceso da buon turista. Stai cercando un titolo preciso?»
«No, semplice svago.»
Egli aprì con uno scatto di mano la bacheca «Ah, i libri! Credo ci voglia coraggio per scrivere un romanzo, una raccolta. Nuove vite e nuovi incubi, come se il presente non bastasse. Gloria e tenebra agli uomini di lettere! Da perderci la testa. Il rapporto che si viene a creare tra autore e personaggio ha dell’inquieto; il romanziere piomba nella rete di un amore invisibile e va a morirne; le sue fantasie svaniscono alla volta di pagina; la grazia dell’opera attende un plauso. Noi siamo qui, il romanziere in una corte di soldati e di voci. Ce ne saranno ancora uomini di tale specie? Uomini che sentono integra e vera l’illusione? Per quel che ne so, la letteratura è al tramonto. Nessun bel dipinto di vita, venderebbero l’anima e la carne per una manciata di copie.»
Annuii e gli domandai se fosse del settore. Dalle sue parole sembrava intendere al meglio la situazione.
«Io?» ridacchiò «Dio me ne scampi! Sono un uomo di scienza, ma ho sempre apprezzato questo genere di follia. E chiamami pure Afelio.»
«Nome originale.»
«Non è il mio nome di battesimo. Scelsi questo pseudonimo alla tua età. Sai durante una lezione ti balena un termine e da quel termine componi una nuova immagine di te. A vent’anni la mente è scossa da una tale moltitudine di visioni e di gioie.» Rimase pensieroso qualche secondo. Eravamo in una zona sacra e viva grazie all’età dei secoli. Trenta, quaranta, ottant’anni svanivano dinanzi alla storia, alle storie.
Afelio tornò al suo discorso: «Non ho mai letto tanti libri. Ricordo però un tomo che mi fu regalato alla laurea. Un poema drammatico e di drammatico mi è rimasto il gusto.»
«Se non è un problema, vorrei ascoltarne la trama.»
Afelio continuava a darmi le spalle. Si portò una mano alla barba e alle onde di capelli quercia.
«La storia del mago e della montagna, degli spiriti e del tragico sapere. Una vicenda che, a mio dire, si svolge nella mente dell’uomo, intorno ai suoi tormenti e sogni e miraggi e conoscenza. Anche il sentimento in quel libro è ghiaccio, analisi. Forza? Magari.»
«Sembra interessante. Deve averla colpita per parlane in questo modo. Io credo che la mente umana possieda uno specchio nella sua struttura, un prisma che cambia il contenuto di ciò che viene assorbito dai sensi. Questo strumento e la Letteratura ci rendono vicini al divino, messo che esista.»
«Non esageriamo. Al divino la creazione e a noi il contemplare. Ho passato e passo le mie notti a scrutare stelle, meteore, tutta la compagnia dell’ignoto. Il colore del buio è splendido, a volte riesce a piegare la solitudine. E più si guarda in alto, più si prende coscienza di un bene superiore. L’uomo non vive delle sue uniche parole, non della finzione.»
Abbassai gli occhi. Anche un foglio bianco era composto da invisibili corpi e al suo interno galoppavano pareri, idee, profumo d’opinioni. La mia voce stava per alzarsi su queste frasi quando Afelio si girò verso di me, poggiando la schiena contro il mobile.
«Diffida soprattutto di coloro che scrivono del pensiero. Te lo dice un uomo di ben quarantotto anni. Loro ti forniscono un elemento in grado di rovinarti, un elemento che sfida non solo il creato, anche lo stesso divino.»
«Quale?»
«L’utopia.»
Sylvia Rose
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