Logo blog

Logo blog
Visualizzazione post con etichetta musica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta musica. Mostra tutti i post

martedì 24 marzo 2015

"Janis Joplin" di Mirella Frascolla.


Vorrei parlare per una volta di una musicista: Janis Joplin. In questa foto appare sorridente ma il suo sguardo rivela comunque una grande malinconia. La sua vita privata non fu serena. Janis non era una bella ragazza, era in sovrappeso e in continuo conflitto con se stessa a causa della sua estrema sensibilità e del suo anticonformismo. Il suo successo fu dovuto più che alla bellezza della sua voce, al modo in cui lei interpretava le sue canzoni e all'energia che regalava al pubblico. La sua anima era tutta nella sua voce, viveva intensamente ogni interpretazione, ogni concerto. Ma la sera, quando tornava in albergo, era inevitabilmente sola.Adorava vestirsi in modo vistoso, ornare braccia e mani di bracciali e anelli fantasiosi forse per fare in modo che chi la conoscesse non la dimenticasse. Amo molto questa donna per il coraggio e l'originalità con le quali si affermò come artista in un periodo magico come quello degli anni 60. La sua estrema fragilità la portò al suicidio e forse anche per questo è rimasta una personalità indimenticabile dei nostri tempi. Invito chi non la conosce a cercare i suoi brani. Brividi assicurati.
Mirella Frascolla

sabato 7 febbraio 2015

Donne all'Opera-La Voce (Parte 2), di Chiara Minutillo





Per andare a fondo nel mondo dell’Opera è necessario conoscerne gli aspetti principali, ciò che la caratterizza. L’ascolto di un’opera in musica non deve necessariamente essere direttamente proporzionale ad una profonda cultura del genere. Tuttavia, l’idea anche oggi molto comune secondo la quale il piacere di ascoltare un’opera sia basato sulla conoscenza, ovvero su un lavoro di preparazione precedente, riemerge più volte nel corso della storia del Melodramma. Giusto per fare un esempio, nel 1841 Carl Maria von Weber presentò il suo Der Freischütz (Il franco cacciatore) in francese a Parigi. Ritenendo che il pubblico non potesse comprenderlo senza un’adeguata preparazione, Richard Wagner scrisse un minuzioso articolo per istruire il pubblico sul contesto, sulla trama e sull’importanza culturale di quell’opera.

In anni recenti, sviluppi ed esperimenti effettuati nel mondo della musica hanno posto l'accento sul fascino esercitato dalle voci liriche. L'incredibile capacitá di emozionare, peró, non é l'unico aspetto che rende la voce il carattere distintivo dell'Opera. In particolare per quanto riguarda le voci femminili, la prestazione è fondamentale. Pensiamo per un attimo alla messa in scena di un’opera: raramente le scenografie sono minimaliste. Questo costringe le interpreti a muoversi in un spazio ancora più piccolo di quanto già sia un palco, che difficilmente ai nostri giorni si estende nella sala, come era invece tipico nei secoli passati. Il ridimensionamento del palco è in parte dovuto all’orchestra, che dai primi del Novecento giace in una cavità davanti o sotto al palco stesso, limitando quindi le misure di quest’ultimo. L’orchestra stessa è il secondo motivo per cui la voce gioca un ruolo fondamentale. Le orchestre sono mediamente composte da cento musicisti, comprendendo ottoni acusticamente aggressivi e molti strumenti sviluppati per produrre una maggiore intensità sonora. Senza l’uso di microfoni o amplificatori, considerati inutili, una vera e propria stampella di cui una vera cantante non ha bisogno, i cantanti devono prevalere su questo schieramento di strumenti che spesso producono una musica particolarmente vigorosa. La voce femminile, compresa quella del soprano drammatico, essendo più acuta tende a disperdersi più facilmente, al contrario di quella più grave di tenori, baritoni e bassi, che invece si estende maggiormente. Le abilità in tal senso di soprano, mezzosoprano e contralti devono essere tali da permettere loro di farsi udire anche dagli spettatori più lontani, come accade, per esempio, al Metropolitan Opera Theatre di New York, dove la poltrona più lontana dal palco dista circa cinquanta metri o, per restare vicino a noi, all’Arena di Verona dove, oltre a esserci gradinate lontane, la struttura non ha altro soffitto se non il cielo, quindi la voce femminile può contare solo sulla propria abilità e, in parte sulla forma particolare dell’Arena stessa, ma non sul riverbero che il soffitto di un teatro contribuisce a produrre. Tanto più se consideriamo la necessità di una cantante di esprimersi spesso in un duetto con una voce maschile o di farsi sentire in un coro. Un terzo aspetto riguarda le trame stesse. Ciò che ha reso famoso il Melodramma sono state le grandi voci che ha saputo portare in scena, ne è dimostrazione la conoscenza che molti di noi hanno di soprano e di tenori piuttosto che di opere e relativi personaggi. Questi tre fattori, uniti alla bellezza della voce lirica, rendono questo tipo di canto unico e inimitabile, capace di stupire ed emozionare ogni generazione da secoli.

Avvicinarsi all’Opera è però un mestiere tutt’altro che facile. Apprezzare le voci è il primo passo per acquisire una sorta di consapevolezza e imparare a lasciarsi emozionare da ciò che un essere umano può fare e trasmettere, ma per quanto possa essere la cosa più importante, non basta. Avvicinarsi all’Opera richiede passione e apertura mentale. Bisogna anche sapere da dove cominciare, quali opere valgono la pena di essere prese in considerazione per prime, perché di più semplice comprensione o perché più coinvolgenti. La Traviata, citata molte volte in precedenza, potrebbe essere uno dei possibili inizi: è in lingua italiana, la storia non è completamente inverosimile anche se tragica, la trama è molto semplice e il cantato permette di capire molto di ciò che viene detto, oltre a portare in scena personaggi interessanti e coinvolgenti. Come ultima cosa, ma non meno importante, è stata interpretata da alcune tra le più grandi voci del Novecento e del nostro secolo. Artiste del calibro di Maria Callas, Joan Sutherland, Renata Scotto e Anna Netrebko hanno prestato le loro meravigliose voci a Violetta, rendendola un’icona dell’Opera italiana nel mondo e uno dei personaggi più evocativi e appassionanti che siano stati creati.

Chiara Minutillo

domenica 1 febbraio 2015

Donne all'Opera-La Voce (Parte 1), di Chiara Minutillo






Quando e come si impara ad amare il Melodramma?

Un'attenta analisi del genere ci porta a dire che la sacralità della voce è l'elemento che più lo contraddistingue. Non si può apprezzare l’Opera se non si apprezzano le voci. Essere appassionati d’Opera significa sentire il diritto di godere di particolari note ed estremismi vocali. Le emozioni suscitate dalla voce sono spesso più potenti di quelle create dalla lettura dei versi cantati e generano un sentimento di devozione che ai più appare estraneo. Pensiamo solo al miracolo naturale che avviene nel corpo di un cantante lirico, trasformandolo in una vera e propria cassa armonica, in cui il lavoro parte dal diaframma, che permette di risucchiare aria nei polmoni e poi di espellerla, producendo la voce nella laringe e proiettandola in diverse cavità di risonanza del cranio da cui poi si irradia attraverso bocca e naso, modulata dai muscoli della gola, delle mascelle, dalle labbra e dalla lingua per produrre i più variegati suoni a decibel quasi inottenibili artificialmente con la moderna tecnologia.

I componenti essenziali delle storie portate in scena in un dramma operistico sono le coincidenze esagerate, delle motivazioni confuse dietro le azioni dei personaggi, spesso ci sono anche molti morti, tra cui solitamente il protagonista, e soprattutto l’Opera esula completamente dalla realtà, presentando aspetti improbabili. Un esempio lampante di ciò è la famosa Traviata di Giuseppe Verdi, in cui la cortigiana Violetta muore di tisi. Nella realtà, il personaggio avrebbe i polmoni devastati, mentre sul palco continua a cantare alcune delle arie più belle del dramma, con suoni sostenuti che risultano essere tra i più belli ed emozionanti. Nell’Opera, quindi, la trama ha un valore secondario: seguire solo un ipotetico filo logico o dei dialoghi farebbe notare inutilmente quelle discrepanze che rendono invece interessante il melodramma. La fantasia viene perciò accettata senza proferire parola, perché sarebbe piuttosto la realtà, cioè il sentir cantare tossendo e gracchiando per rendere più verosimile la sofferenza del personaggio, ad essere scioccante. L’Opera in Musica diventa così l’unico tipo di spettacolo in cui tutto è possibile,anzi in cui la voce rende tutto possibile e nulla banale o scontato, e non solo a livello di accadimenti: anche la bellezza delle protagoniste ha poca o nessuna importanza. Solo l’opera riesce a mettere in scena volti imperfetti e forme fuori moda, celando questi affronti alle aspettative estetiche con la potenza e il fragore del canto. L’Opera è un chiaro esempio di come l’arte possa farci dimenticare, dimenticare che non capiamo la lingua cantata; dimenticare l’aspetto esteriore della soprano sul palco e il fatto che stia interpretando una donna morente utilizzando un virtuosismo vocale che va oltre la nostra comprensione; dimenticare che probabilmente abbiamo capito solo un quarto di ciò che è avvenuto durante il dramma.

L'Opera è donna, pertanto la voce femminile ha un ruolo della massima importanza. Conoscere, seppur a grandi linee, la netta differenza esistente tra le varie voci delle cantanti liriche, anche in termini di estensioni e capacità, permette anche di riconoscere i personaggi che si alternano sul palco, pur senza conoscerne tutte le battute. A questo riguardo il libretto torna utile: oltre ad avere caratteristiche tipiche di ogni libretto anche teatrale, contiene un elenco dei personaggi con la voce che deve essere loro assegnata. Ad esempio, nel libretto de La Traviata di Giuseppe Verdi, opera su cui poi torneremo, troviamo tre personaggi femminili: Violetta Valéry, protagonista, impersonata da un soprano, Flora Bervoix e Annina, rispettivamente amica e serva di Violetta, entrambe portate in scena da un mezzosoprano. Troviamo questa importante informazione perché con il tempo le voci divennero prima di ogni altra cosa le rappresentanti di un certo ruolo. Rimanendo nell’ambito femminile, vediamo quindi che la protagonista sarà sempre un soprano, mentre il mezzosoprano e il contralto andranno a rappresentare i personaggi secondari o, in casi più specifici, donne avanti con l’età, donne di dubbia virtù (è questo il caso di Flora Bervoix, per esempio) o capaci di stregoneria. Le eccezioni a questo schema sono rare, presenti ad esempio nel celebre Zauberflöte (Il flauto magico) di Wolfgang Amadeus Mozart, in cui, secondo il libretto originale, tutti i personaggi femminili erano soprano, a parte la Terza Dama, portata in scena da un contralto o, ancora in Carmen di Bizet, in cui la protagonista è un mezzosoprano, pur essendo stata interpretata, nel tempo, da grandi soprano come Maria Callas. Queste modifiche al registro comune dei ruoli femminili si possono spiegare con l’esistenza di diverse categorie di soprano: il soprano leggero, caratterizzato da una voce dolce e chiara, è dotato di capacità virtuosistiche. È questo il caso, ad esempio, della Regina della Notte ne “Il flauto magico” che nella celebre aria "Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen" (La vendetta dell’inferno ribolle nel mio cuore), dimostra questa estasiante capacità. Il soprano drammatico è invece caratterizzato da una voce ricca, piena e di volume intenso con una buona tenuta dei toni gravi. È particolarmente utilizzato nei ruoli di protagoniste drammatiche, eroiche o donne oppresse, che richiedono anche un certo virtuosismo, come Violetta nelle arie “Follie!” e “ Sempre libera” de La Traviata o come Cio-Cio-San, protagonista della Madama Butterfly di Giacomo Puccini. Il soprano lirico è invece la voce sopranile di base, la più diffusa, calda e piena, ma graziosa, adatta ad una vocalità legata, assegnata ad esempio alla Contessa di Almaviva nell’opera Le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, famosa anche per l'aria "Porgi amor qualche ristoro".

Il discorso delle voci, soprattutto quelle femminili di cui esistono numerose altre sfaccettature, è un discorso tanto complesso quanto affascinante, al termine del quale è forse possibile rivalutare l'Opera, soprattutto se considerato alla luce di altre caratteristiche tipiche del Melodramma che finiscono semplicemente per risaltare la bellezza e la divinità della voce umana.

Chiara Minutillo

giovedì 15 gennaio 2015

"Donne all'Opera-Parte 1", di Chiara Minutillo

Sin dagli albori del teatro il termine “attore” era riservato esclusivamente agli uomini, quando anche le parti femminili di una commedia o di una tragedia venivano affidate ai maschi, in quanto era considerato disdicevole per una donna salire sul palcoscenico. L’equivalente femminile, “attrice”, cominciò ad essere utilizzato solo nel XVII secolo, più o meno in concomitanza con la nascita dell’Opera, un genere teatrale in cui l’azione scenica tanto comune fino a quell’epoca, cominciò a essere abbinata a particolari tipi di musica e canto. Al contrario di quanto comunemente si pensi, quindi, l’Opera è un fenomeno musicale alquanto recente.

Senza voler scendere in dettagli eccessivamente tecnici, possiamo dire che l’Opera cominciò a prendere forma a Firenze e affonda le sue radici nel teatro medievale, per quanto riguarda la sua storia, e nella tragedia classica in relazione alle ideologie che rappresenta. In età barocca ebbe un’enorme diffusione, prendendo piede soprattutto nei teatri di Roma e Venezia. Il melodramma richiedeva, anzi, necessitava quasi forzatamente, con prepotenza, della presenza di figure femminili. La donna iniziò quindi a introdursi negli ambienti teatrali e musicali.

Fu proprio lo sviluppo del melodramma nei teatri veneziani a scambiare i ruoli affidati a uomini e donne nell'ambito della recitazione. Per quanto ancora vigesse il divieto per le femmine di cantare nelle strutture ecclesiastiche, sul palco mondano la cantante era la favorita. Nella Venezia devota al Carnevale, festa che iniziava il 26 Dicembre e proseguiva fino al martedì grasso, si trovava l’ambiente ideale per l’Opera in Musica così come era intesa all’epoca. Gli isterismi e le singolarità di quei giorni di festa si rispecchiavano nelle ambientazioni e nelle trame sfarzose del melodramma del tempo. Ma non solo. A risentire delle eccessi del Carnevale Veneziano fu anche l’importanza attribuita alla voce all'interno delle rappresentazioni. Lungi dall’essere l’insieme di duetti maschili e femminili o l'alternarsi di voci limpide e cupe a cui siamo abituati ora, le prime Opere erano prevalentemente scritte per voci acute, soprani o contralti, femmine o castrati. Ciascuna di queste parti poteva essere affidata indifferentemente a un uomo o una donna a prescindere dal genere effettivo del personaggio, con conseguenti, eventuali travestimenti. È chiaro quindi che la grande attrazione di questa versione teatrale degli eccessi carnevaleschi era il virtuosismo dei cantanti, in particolare delle donne. Queste ultime, allenate a cantare a un livello di difficoltà senza precedenti nella storia della musica, iniziarono ad accumulare potere, influenzando la produzione di opere che divennero ben presto farcite di arie sempre più elaborate, formate da musiche arzigogolate in modo tale che la voce delle soprano venisse costantemente messa in risalto. 


A fine Seicento quello di cantante cominciò a diventare, almeno per le donne, un lavoro a tutti gli effetti. Esse incassavano spesso più di qualsiasi altro addetto ai lavori, compositori compresi e per la prima volta cominciarono a poter dipendere dalla loro professione piuttosto che da un protettore. La scalata verso il successo in un mondo dominato dagli uomini, tuttavia, era tutt’altro che semplice. Suscitava sempre grandi problemi, soprattutto per quanto riguardava la rispettabilità di una signora: il fatto stesso che dovessero stare a stretto contatto con molti uomini, portava gli osservatori esterni a considerare poco oneste quelle donne che avevano fatto del canto la loro professione. A ciò si possono aggiungere le voci che circolavano sulle particolari capacità virili dei molti uomini castrati che riempivano la scena lirica, fornendo ottime prestazioni a rischio zero, in quanto incapaci di fecondare.


Sul versante francese, nel frattempo, prendeva piede la tragédie lyrique, ovvero l’Opera Tragica, per nulla influenzata dallo stile eccessivo dell’opera italiana. Le arie erano brevi e formali, gli abbellimenti che nello stile italiano fornivano tanta importanza alle donne, in Francia erano ritenuti volgari. I castrati erano visti con ribrezzo e quindi non ammessi sul palco. Per cominciare ad attuare in maniera completa queste riforme anche in Italia, in particolare riguardo alle voci, si dovette arrivare al 1800. I cambiamenti delle tipologie vocali non furono però indotti esclusivamente dalla moda del momento. Furono dettati dalla società del tempo e dalle nuove esigenze della messa in scena. In quell’epoca la moda cambio nettamente, simboleggiando ancor di più il distaccamento tra i due generi maschili e femminili, ragione per la quale gli uomini stessi sentivano di doversi distinguere. Inoltre in quegli anni si ampliò inesorabilmente l’orchestra dei maggiori teatri, con l’introduzione di strumenti nuovi o fino a quel momento inutilizzati. In armonia con le nuove esigenze musicali, l’intensità acustica di fiati e ottoni venne aumentata con una conseguente espansione, all’interno delle orchestre, della sezione dedicata agli archi. Gradualmente gli ottoni gravi divennero più importanti degli altri strumenti. In tutte queste riforme musicali la donna ne uscì ancora una volta avvantaggiata: la potenza della vocalità femminile poteva facilmente sovrastare la sonorità orchestrale più scura che cominciava ad essere utilizzata. Lo stesso non si poteva dire per le voci, seppur acute, degli uomini castrati. Cominciarono così ad entrare in scena altre tipologie di cantanti, tanto maschili quanto femminili: tenori, baritoni, bassi per quanto riguarda gli uomini, mezzosoprano per quanto riguarda le donne. Quest’ultima figura si andò ad aggiungere alle già esistenti soprano e contralto, ma sul discorso delle voci, in particolari femminili, dovremo tornare in un secondo momento, in quanto sono fondamentali non solo per capire l’Opera in sé, ma anche per comprendere pienamente e approfondire il ruolo della donna, sia come personaggio che come interprete, nel melodramma. In realtà, le riforme in campo vocale diedero il via ad una serie di altri mutamenti e perfezionamenti in termini di armonia, trame e caratteristiche dei personaggi, dando vita agli anni migliori e assolutamente inimitabili dell’Opera e creando una serie di personaggi, soprattutto femminili, indimenticabili.

“Non sono un angelo e non pretendo di esserlo. Non è uno dei miei ruoli. Ma non sono nemmeno il diavolo. Sono una donna e una seria artista, e gradirei essere giudicata per quello.” (Maria Callas)

Chiara Minutillo