La campana di san Lorenzo batté dodici tocchi e, come ad un suo invito solenne, l’aria si fermò e il temporale che era parso imminente tacque. Anche l’acqua del lago si quietò, fino all’apparire di un’onda strana, biforcuta, che avanzava verso Sud. Seguii lo sguardo eccitato di Eva in direzione opposta, oltre il salice. Barcollai, chiedendomi se ciò che vedevo al di sopra delle fronde era reale o se stavo sognando. Era come vedere… Loris, sembravano nuvole stracciate, bianche nella notte… ma erano vele… vele di merletto, un merletto così sottile, così curato da catturare il vento. Mi chiesi quali mani, se quelle di un elfo, di una fata, o quelle di Eva, potessero mai averle tessute. Il vascello avanzava silenzioso nel nero del lago e della notte, illuminato a festa, con il gran pavese in vista. Come tirato da funi invisibili, attraccò al piccolo molo. Eva lasciò la mia mano e si avvicinò alla passerella. Si aprì lo sportello sulla fiancata e ne fu calato un piano di legno. Un giovane snello, agile, dai capelli così corvini da sembrare riflessati di blu, con due vivissimi occhi azzurri, salto giù dalla grande nave e sistemò il pianale.
Linda Spandri
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